Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 04-05-2011) 15-06-2011, n. 23983 Durata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 29 settembre 2010, il Tribunale di Milano ha respinto la richiesta inoltrata dall’imputato D.F. di retrodatazione dei termini di custodia cautelare in carcere – nel processo n 28294/2009 a suo carico – all’epoca dello inizio della analoga misura relativa al processo n 19089/2006.

In fatto, i Giudici hanno evidenziato come nel processo n 19089/2006 veniva eseguita nei confronti dell’istante l’ordinanza di custodia cautelare in data 27 gennaio 2009 per il reato di sfruttamento della prostituzione concluso con sentenza definitiva del 15 gennaio 2010;

nell’ambito del secondo processo, n. 28294/2009,veniva applicata la custodia carceraria in data 7 ottobre 2009 e il Giudice per le indagini preliminari aveva pronunciato sentenza con rito abbreviato il 24 giugno 2010 (per la quale pende appello) che riconosceva il vincolo della continuazione con i reati giudicati con la prima decisione. In tale contesto, il Tribunale ha ritenuto non fosse applicabile il disposto dell’art. 297 c.p.p., comma 3 perchè passaggio in giudicato della sentenza relativa ai reati oggetto del primo titolo cautelare non consentiva la retrodatazione del successivo: la situazione rendeva mancante il presupposto logico giuridico della invocata disciplina che è la contemporanea pendenza nella fase delle indagini di ambedue i procedimenti.

Per l’annullamento della ordinanza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo violazione di legge; sostiene che il principio enucleato dal Tribunale non sia applicabile nel caso in esame dove la irrevocabilità della sentenza relativa al procedimento nel quale è sorto il primo titolo cautelare è intervenuta in epoca successiva alla emanazione della seconda ordinanza restrittiva della libertà. In tale situazione, l’istituto della retrodatazione deve ritenersi operante al momento della emissione del nuovo titolo cautelare.

In fatto, deve puntualizzarsi che le due ordinanze custodiali sono state emesse dalla medesima autorità giudiziaria, a carico dello stesso soggetto, in procedimenti diversi tra i quali esiste una connessione qualificata; il secondo provvedimento restrittivo, per fatti commessi anteriormente alla prima misura, è stato eseguito in epoca precedente al passaggio in giudicato della sentenza emessa nel più antico procedimento.

In diritto, il ricorso propone la tematica della applicabilità della disciplina della retrodatazione della custodia cautelare quando uno dei termini di raffronto, costituito dal primo titolo custodiale, sia venuto meno in forza di una sentenza definitiva nel merito. Del problema si sono occupate le Sezioni Unite che, con sentenza 20780/2009, hanno ritenuto che la disciplina prevista dall’art. 297 c.p.p., comma 3 non operi, in tema di ed contestazioni a catena, quando per i fatti relativi alla prima ordinanza l’imputato sia stato condannato con sentenza divenuta definitiva antecedentemente alla adozione della successiva misura.

Gli argomenti fondamentali posti alla base della ricordata sentenza (e delle molte antecedenti e successiva conformi) si incentrano sul principio del ne bis in idem e sulla nozione di cosa giudicata che rende inapplicabile l’art. 273 c.p.p., comma 3; condizione indefettibile per la retrodatazione, nella ipotesi di procedimenti diversi, è che i regimi di custodia cautelare siano coesistenti,mentre nel caso deciso dalle Sezioni Unite la detenzione preventiva per il primo titolo era cessata ed era subentrata l’espiazione della pena. Ora il Tribunale si è riportato alla sentenza n 20780/2009 reputando (e giustificando in modo asserivo la sua conclusione) che il principio di diritto ivi enucleato fosse trasferibile alla ipotesi che ci occupa; in tale senso, è riscontrabile un orientamento giurisprudenziale non in sintonia con la decisione delle Sezioni Unite, ma che è stato recentemente ribadito (Cass. Sez. 1 sentenze 5469/2009 45517/2009, 12551/2010).

La Corte ritiene che una tale interpretazione estensiva non sia condivisibile e che il giudicato intervento successivamente alla applicazione della seconda misura non precluda la possibilità di imputazione della custodia sofferta in conformità della regola inserita nell’art. 297 c.p.p., comma 3 (Cass. Sez. 6 sentenze 26184/2009 e 36712/2010, Sez. 1 sentenza 10443/2010).

Come già evidenziato, la situazione processuale in esame è differente da quella che ha interessato le Sezioni Unite perchè non difetta il principio della contestualità e coesistenza delle misure cautelari in atto dal momento che la prima era giuridicamente esistenti all’epoca di applicazione della seconda ; consegue che il presupposto fattuale su cui si basano le Sezioni Unite non è di attualità perchè i titoli custodiali erano contemporaneamente in itinere e l’imputato non si era trasformato in condannato e, pertanto, non vi erano preclusioni all’applicazione dell’art. 297 cod. proc. pen..

Inoltre, la esegesi proposta dal Tribunale non trova conforto nel testo normativo che richiede, per l’applicazione della menzionata norma, che i fatti del diverso procedimento siano anteriori alle condotte criminose della prima misura e desumibili agli atti antecedentemente al rinvio a giudizio per i reati oggetto della prima ordinanza; in tale modo, la legge ha individuato un parametro certo (simmetrico alle scansioni sui termini massimi delle misure in relazione alle fasi processuali) per evitare che scorretti comportamenti processuali del Pubblico Ministero facciano artificiosamente diluire ed allunghino i termini della custodia cautelare.

La tesi del Tribunale introduce per l’applicabilità della retrodatazione un requisito non incluso nella norma ed in contrasto con le ragioni che sorreggono la disciplina della retrodatazione.

Essa era, nel caso, in astratto applicabile perchè come evidenziato dalla Corte Costituzionale (sentenza n 408/2005) "l’identico sistema di garanzia dovrà operare per tutti i casi in cui, pur potendo i diversi provvedimenti coercitivi essere adottati in un unico contesto temporale, per qualsiasi causa l’autorità giudiziaria abbia invece prescelto momenti diversi per l’adozione delle singole ordinanze".

Per le esposte considerazioni, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Milano; il rinvio si impone perchè nè da provvedimento in esame nè dagli atti in visione della Corte risulta sussistente il requisito (la cui verifica sarà effettuata dai nuovi Giudici), richiesto dall’art. 297 c.p.p., comma 3, della desumibilità dagli atti dei fatti oggetto della seconda ordinanza prima del rinvio a giudizio per i reati oggetto della precedente.
P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Milano per un nuovo esame; dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia inviata al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente perchè provveda a norma dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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