Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-03-2011) 15-06-2011, n. 23976 Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Pretore di Bari – Sezione distaccata di Acquaviva delle Fonti, con sentenza dell’1.6.1998, affermava la responsabilità penale di V.V. in ordine ai reati di cui: a) alla L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies, poichè, in agro del Comune di (OMISSIS) – senza avere previamente ottenuto il parere obbligatorio e vincolante del Comitato urbanistico regionale in relazione al vincolo paesaggistico ivi esistente – in mancanza di un piano di lottizzazione valido, realizzava, in terreno coperto da bosco e comunque nella fascia di 100 mt. dalla foresta demaniale di (OMISSIS), n. 17 manufatti edilizi plurifamiliari (facenti parte della cd. lottizzazione (OMISSIS) – parte 2^) assentiti con n. 3 concessioni edilizie rilasciate nel 1994 (acc. in (OMISSIS), con successiva permanenza); b) alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c), per avere realizzato gli immobili dianzi descritti con concessioni edilizie illegittime e comunque inefficaci, perchè prive di nulla-osta paesistico; c) alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c), per avere realizzato gli immobili dianzi descritti in mancanza di un piano di lottizzazione valido, perchè adottato ed approvato senza il prescritto parere preventivo del Comitato urbanistico regionale; d) alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. a), per avere realizzato le opere dianzi descritte con violazione di norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dalle leggi urbanistiche ed edilizie, dai regolamenti edilizi e dagli strumenti urbanistici; c) all’art. 734 c.p., per avere, mediante la realizzazione delle opere anzidette, distrutto ed alterato le bellezze naturali di luoghi soggetti alla speciale protezione dell’autorità.

Il Pretore riconosceva all’imputato circostanze attenuanti generiche e, unificati tutti i reati nel vincolo della continuazione, lo condannava alla pena complessiva – condizionalmente sospesa – di mesi nove di arresto e L. 30 milioni di ammenda; ordinava la demolizione delle opere e la rimessione in pristino dello stato dei luoghi;

disponeva, ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 19, la confisca e l’acquisizione al patrimonio del Comune di (OMISSIS) dei terreni abusivamente lottizzati e degli immobili realizzati sugli stessi. Pronunciava, infine, condanna al risarcimento dei danni, da liquidarsi con apposito giudizio, in favore del Ministero dell’ambiente, costituitosi parte civile.

2. La Corte di Appello di Bari – con sentenza del 22.1.2000 – in riforma della sentenza di primo grado, assolveva il V. da tutti i reati, per insussistenza dei fatti, e revocava gli ordini di demolizione e di rimessione in pristino nonchè le statuizioni di confisca e di acquisizione al patrimonio comunale.

3. A seguito di ricorso del Procuratore generale e dell’Avvocatura distrettuale dello Stato per il Ministero dell’ambiente, questa Corte – con sentenza del 17.5.2002 -accogliendo l’impugnazione della pubblica accusa, annullava e on rinvio La decisione della Corte territoriale.

4. La Corte di Appello di Bari – con sentenza del 5.5.2003 – giudicando in sede di rinvio, confermava la sentenza pretorile di condanna, escludendo le sole statuizioni civili.

5. Proponeva ricorso per cassazione l’imputato e questa Corte – con sentenza del 10.12.2004 – accoglieva l’impugnazione ed annullava con rinvio anche la seconda decisione della Corte di merito.

6. La Corte di Appello di Bari – con sentenza del 23.3.2006 – giudicando in seguito al nuovo rinvio, dichiarava estinti per prescrizione tutti i reati ascritti al V. e rigettava le richieste di parte civile.

Disponeva, ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 19, la confisca e l’acquisizione al patrimonio del Comune di (OMISSIS) dei terreni abusivamente lottizzati e degli immobili realizzati sugli stessi.

7. Avverso tale sentenza il difensore del V. ha proposto ricorso per cassazione deducendo in particolare che, essendo incontroversa l’ubicazione della lottizzazione all’esterno della foresta di (OMISSIS), la Corte di merito aveva comunque affermato la sussistenza del vincolo boschivo, omettendo la doverosa valutazione delle statuizioni emesse, al riguardo, dagli organi amministrativi competenti ed anzi ignorando la documentazione prodotta, in proposito, dalla difesa.

8. Il ricorso veniva rigettato da questa Corte, sez. 3^, con sentenza n. 37274 del 11 giugno – 1 ottobre 2008.

La Corte considerava che tanto in fase cautelare che con la sentenza della Corte d’appello di Bari 23.3.2006 si era pervenuti ad affermare sia l’esistenza del vincolo paesaggistico sull’area in oggetto circostante la foresta demaniale di (OMISSIS), sia che la foresta di (OMISSIS) era stata ritenuta dall’organo amministrativo competente idonea ad un progressivo ampliamento; che il piano di lottizzazione approvato il 30.5.1994 era da considerarsi un nuovo strumento urbanistico esecutivo e non una variante di quello precedentemente approvato in data 31.10.84, per cui necessitava del preventivo parere del CUR (Comitato Urbanistico Regionale) ed era regolato dalla normativa vigente all’epoca della sua approvazione.

Quanto all’applicazione del D.M. 1 agosto 1985 ed alla competenza riservata alle Regioni in via esclusiva a partire dalla data di promulgazione della L.R. n. 431 del 1985, sull’eccezione della difesa dell’imputato che sosteneva la sua intervenuta inefficacia, questa Corte ha affermato che il TAR Puglia-Bari, su ricorso proposto dal V. contro il Ministero dei beni culturali ed ambientali per l’annullamento di detto decreto ministeriale, con sentenza 10.3.1993 si era limitato ad annullarlo parzialmente, solo in relazione ai "divieti assoluti di modificazione dell’assetto dei tenitori", ritenendo invece legittima l’indicazione del vincolo e la dichiarazione di zona di notevole interesse pubblico, in quanto bellezza paesaggistica, sulla base del potere concorrente riconosciuto allo Stato di individuare zone di interesse paesistico ai sensi dell’art. 82, comma 2, lett. a).

Il D.M. includeva espressamente nella delimitazione delle aree vincolate in territorio del Comune di (OMISSIS) il foglio catastale 32, ove si trova l’area interessata dalla lottizzazione in oggetto, cosicchè correttamente la Corte d’appello aveva ritenuto irrilevante la nota con cui la locale Sovrintendenza per i beni ambientali aveva" escluso che i terreni ricompresi nel foglio 32 fossero boscati". In forza di tali considerazioni e della persistenza della necessità del previo parere vincolante del CUR in forza della sussistenza del vincolo paesaggistico discendeva l’illegittimità o comunque l’inefficacia delle concessioni edilizie specificate nei capi di imputazione, che comportava necessariamente la confisca dei terreni abusivamente lottizzati, indipendentemente dalla pronuncia di condanna penale.

9. Avverso questa sentenza la difesa del V. ha proposto ricorso ex art. 625 bis c.p.p., assumendo che l’unico provvedimento amministrativo da cui doveva ritenersi l’imposizione del vincolo boschivo era il D.M. 1 agosto 1985 sulle aree circostanti la Foresta di (OMISSIS), tra cui i suoli del Comune di (OMISSIS) insistenti sul figlio 32; che il Comune di (OMISSIS) aveva impugnato al TAR della Puglia il citato decreto ministeriale ottenendo dal giudice amministrativo l’inefficacia del decreto, per cui aveva dato corso al proprio programma edificatorio rilasciando i permessi di costruire edifici sui suoli del foglio catastale 32; che questa Corte aveva compiuto un errore di fatto richiamando una vicenda processuale del tutto diversa da quella innanzi citata perchè la sentenza che aveva annullato solo in parte il predetto decreto ministeriale non riguardava il foglio 32, bensì il foglio 35 e questa era stata originata da un ricorso del V. e non del Comune di (OMISSIS).

Si sosteneva in sostanza che, facendo riferimento al mappale 32, anzichè al mappale 35, questa Corte aveva preso un abbaglio ed aveva scorrettamente individuato la questione sottoposta al suo esame dalla difesa in quanto il mappale 32 riguardava un ricorso al TAR Puglia proposto dal Comune di (OMISSIS), mentre il mappale 35 era oggetto di una decisione dello stesso TAR su ricorso del V..

10. Questa Corte (Cass., sez. 4, sentenza n. 13255 del 3 marzo – 8 aprile 2010) ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

In particolare osservava che non era stata prodotta la sentenza del TAR che sarebbe intervenuta sul mappale 35 e che mai era stata messa in discussione l’appartenenza dell’area in oggetto alla zona soggetta al vincolo paesaggistico.

Aggiungeva che dalla sentenza di primo grado si apprendeva che non solo che il V. aveva edificato a ridosso del bosco, ma anche che, sotto il profilo soggettivo, era a conoscenza del vincolo, avendo sollecitato il TAR a pronunciarsi sulla sussistenza dei vincoli ad edificare su tale area ed il Tar con sentenza 5.2.94 n. 167, pur confermando che non sussistevano divieti assoluti di modificazione dei tenitori, aveva affermato che il Ministero aveva correttamente imposto il vincolo.

Per altro con la cit. sentenza 17.5.2002 questa Corte affermava, annullando la sentenza della corte d’appello di Bari, che il vincolo paesaggistico esisteva sull’area del V. e rinviava al giudice di merito al solo scopo di stabilire la data della cessata permanenza dei reati allo scopo di verificare il maturarsi della prescrizione e valutare la lottizzazione abusiva ai fini della decisione sulla confisca.

Pertanto con detta sentenza si era formato il giudicato in ordine alla sussistenza del vincolo paesaggistico.

Si aveva allora che non solo il ricorrente non producendo il ricorso del V. al Tar e la relativa decisione, compito che gli spettava in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, non aveva permesso di controllare se effettivamente quella decisione ed il riferimento al mappale n. 35 potesse avere un’incidenza sulla decisione, ma aveva anche rimesso in discussione un punto fermo del procedimento, vale a dire l’assoggettamento al vincolo delle fasce di terreno confinanti con la foresta di (OMISSIS) alle quali appartenevamo le aree relative alla lottizzazione abusiva in discussione, in ordine al quale non vi erano incertezze.

In conclusione questa Corte ha escluso l’errore di percezione dedotto dal ricorrente con il ricorso straordinario.

11. Avverso tale pronuncia V.V. ha proposto nuovo ricorso straordinario depositando anche successiva memoria.
Motivi della decisione

1. Con il ricorso straordinario il ricorrente fa valere l’errore di fatto asseritamente commesso da questa Corte con la sentenza n. 13255 del 2010.

Deduce che il Comune di (OMISSIS) aveva impugnato dinanzi al TAR della Puglia il D.M. 10 agosto 1985, limitatamente alla parte in cui esso aveva erroneamente incluso i suoli che la Sovrintendenza, in fase istruttoria, aveva invece escluso dall’elenco. Pronunziandosi su tale ricorso, il Giudice Amministrativo aveva dichiarato l’inefficacia del D.M. 10 agosto 1985, di tal che il Comune di (OMISSIS) diede ulteriore corso al proprio programma edificatorio rilasciando i permessi di costruire relativi agli edifici insistenti sui suoli inclusi nel foglio catastale 32.

Invece questa Corte – sostiene il ricorrente – ha rigettato tale specifico motivo di doglianza richiamando la sentenza del 10.3.1993 (depositata il 5.2.1994) del T.a.r., che aveva annullato detto provvedimento ministeriale solo nella parte in cui disponeva, sulle zone dichiarate legittimamente di notevole interesse pubblico, "divieti assoluti di modificazione dell’assetto dei tenitori", ritenendo invece legittima (e facendo salva, quindi, l’indicazione del vincolo) la dichiarazione di zona di notevole interesse pubblico, in quanto bellezza paesaggistica, sulla base del potere concorrente riconosciuto allo Stato di individuare zone di interesse paesistico ai sensi del D.P.R. n. 616 del 1982, art. 82".

Invece la sentenza su cui si è fondato il convincimento della Corte di cassazione si riferisce ad un caso del tutto diverso. La decisione del TAR del 10 marzo 1993 richiamata dalla Corte di cassazione è stata infatti originata da un ricorso proposto dal V.. (e non dal Comune di (OMISSIS)) avverso sì il D.M. 10 agosto 1985, ma solo ed esclusivamente nella parte in cui esso aveva sottoposto a vincolo le aree ricadenti nel "foglio catastale 35, particella 1". Si trattava dunque di controversia del tutto differente da quella che aveva originato la decisione richiamata dalla difesa nei propri motivi di impugnazione.

In forza di tali considerazioni il ricorrente aveva chiesto la correzione dell’ errore di fatto contenuto nella sentenza dell’11.6.2008. Il ricorso è stato tuttavia rigettato sul presupposto secondo cui "non è stata prodotta la sentenza che sarebbe intervenuta sul mappale 35". Ad avviso della Corte, infatti, "il ricorrente non producendo il ricorso del V. al TAR e la relativa decisione non ha permesso di controllare se effettivamente quella decisione ed il riferimento al mappale n. 35 poteva a vere un’incidenza sulla decisione".

Affermare che la difesa non abbia prodotto il ricorso e la sentenza con la quale il T AR Puglia ebbe a pronunciarsi sulla particella 35 del Comune di (OMISSIS) costituisce un errore di fatto giacchè i due documenti era stati allegati al ricorso (precisamente ai nn. 1 e 2 della produzione documentale).

2. Il ricorso straordinario proposto dal ricorrente è inammissibile per plurime ragioni.

Innanzi tutto non è ammissibile il ricorso straordinario avverso una sentenza che abbia già deciso su un precedente ricorso straordinario ove dal ricorrente venga allegato, in sostanza, lo stesso errore di fatto, che il ricorrente deduce non essere stato (erroneamente, a suo dire) riconosciuto da questa Corte. La precedente pronuncia infatti determina la formazione del giudicato sul punto (i.e. sull’esistenza o no del denunciato errore di fatto) e semmai solo un diverso ed ulteriore errore di fatto sarebbe deducibile con il ricorso ex art. 625 bis c.p.p..

Inoltre, e in più generale, questa Corte (Cass., sez. 5, 17 luglio 2009 – 13 novembre 2009, n. 43416) ha ritenuto inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto avverso una decisione intervenuta in materia di confisca dei beni.

Può poi altresì considerarsi che il ricorso è comunque inammissibile perchè la precedente sentenza si fonda su una duplice ragione: il giudicato già formatosi sulla sussistenza del vincolo paesaggistico; l’inesistenza di una sentenza del t.a.r. che smentisse tale vincolo paesaggistico. Il ricorrente deduce un errore di fatto solo quanto alla seconda affermazione, sicchè comunque l’errore non sarebbe essenziale rimanendo l’altra ratio decidendi a sorreggere l’impugnata decisione.

3. Infine mette conto osservare che in realtà – a ben vedere – non sussiste neppure l’errore di fatto denunciato dal ricorrente. E’ vero che la sentenza cit. n. 13255 del 2010 di questa Corte afferma: "Si osserva che non è stata prodotta la sentenza del TAR che sarebbe intervenuta sul mappale 35" e più oltre "il ricorrente non producendo il ricorso del V. al Tar e la relativa decisione, compito che gli spettava in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, non ha permesso di controllare se effettivamente quella decisione ed il riferimento al mappale n. 35 poteva avere un’incidenza sulla decisione". In realtà ciò che non aveva prodotto il ricorrente era la sentenza del t.a.r., emessa a seguito del ricorso del Comune, che sarebbe intervenuta sul mappale n. 32 escludendo il vincolo paesaggistico. Ma in realtà questo voleva dire la Corte: il ricorrente non aveva prodotto – nè ha allegato all’odierno ricorso – la sentenza del t.a.r. che, accogliendo il ricorso del Comune, avrebbe in effetti – a suo dire – avallato la sua tesi sull’inesistenza del vincolo boschivo sull’area in questione.

Invece il ricorrente aveva prodotto il suo ricorso al t.a.r. (sul mappale 35) e la relativa sentenza in seguito emessa; produzione questa che non avvalorava l’esistenza dell’errore di fatto dedotto e che quindi era ininfluente.

Insomma la sentenza del 10.3.1993, depositata il 5.2.1994, del t.a.r.

Puglia – che il ricorrente ha oggi nuovamente depositato unitamente al ricorso – si riferisce all’area di proprietà del V. ed in riferimento a questa area conferma la legittimità dell’apposizione del vincolo paesaggistico (accogliendo il ricorso per il resto). E’ questa sentenza che è stata considerata della cit. pronuncia n. 37274 del 2008 di questa Corte, impugnata con il primo ricorso straordinario; mentre quando la cit. sentenza n. 13255 del 2010, oggi impugnata con il secondo ricorso straordinario, afferma che il ricorrente non ha prodotto la sentenza del t.a.r. che gioverebbe alla sua tesi, non si riferisce – evidentemente – a quella resa su ricorso del V., ma all’altra sentenza resa su ricorso del Comune;

sentenza quest’ultima che il ricorrente neppure con l’attuale ricorso ha mai prodotto.

4. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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