Cons. Stato Sez. V, Sent., 20-06-2011, n. 3684 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti hanno impugnato dinanzi al Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento la concessione edilizia in sanatoria rilasciata in data 21 maggio 1998 dal Comune di Pergine Valsugana, nella parte in cui è stato determinato il contributo di concessione, nonché la nota del 7 aprile 1998 contenente il relativo calcolo, vantando il diritto all’esenzione per 400 mc della volumetria complessivamente realizzata in difetto di concessione (579,26 mq).

Il T.R.G.A. ha respinto il ricorso, ritenendo insussistenti i requisiti per l’esenzione, essendo il sig. M. C. già titolare di altro appartamento superiore a 400 mc e non avendo suo figlio M. la titolarità dell’immobile oggetto di ampliamento.

Propongono appello gli interessati, assumendo la violazione ed erronea applicazione dell’art. 11, 1° comma lett. b) L.P. n. 22/91 e dell’art. 8 lett. c) del regolamento comunale per l’applicazione del contributo di concessione nonché l’ eccesso di potere per carenza di motivazione, ingiustizia manifesta, violazione del principio di adeguatezza dell’azione amministrativa.

Si è costituito il Comune intimato, resistendo all’appello.

All’udienza del 29 marzo 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Gli appellanti lamentano l’erroneità della sentenza, per avere il Tribunale ritenuto inapplicabile l’esenzione, stabilita dagli artt. 11, c. 1 lett. b) e 60, c.1 lett. b) della L.P. n. 22/91 nonché dall’art. 8 del regolamento edilizio comunale per le costruzioni adibite a scopo abitativo primario,nel limite di 400 mc, all’appartamento realizzato nel sottotetto, destinato, al momento della richiesta di concessione in sanatoria, ad unica abitazione del figlio M., che si era impegnato ad utilizzare personalmente l’immobile.

Irrilevante sarebbe la circostanza che l’immobile non fosse di proprietà del medesimo, ma del padre, essendo l’esenzione stabilita per il richiedente e per la sua famiglia. Esigere la titolarità dell’immobile ai fini dell’applicazione dell’esenzione provocherebbe, peraltro, una discriminazione tra casi analoghi di genitori che destinano l’immobile ai figli, basati sulla donazione o sulla sola cessione dell’uso del bene.

I motivi, che per la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

Ai sensi dell’art. 11 della legge provinciale urbanistica e dell’art. 8 del regolamento edilizio comunale, sono esenti dal contributo, limitatamente a 400 mc, gli interventi sugli edifici esistenti destinati a scopo abitativo primario del richiedente e della sua famiglia, purchè egli stipuli con il Comune una convenzione con la quale si obblighi a non cedere l’immobile per dieci anni e ad adibirlo a propria abitazione principale, e non disponga di altri alloggi di sua proprietà nel Comune. La norma regolamentare precisa che nel volume oggetto di esenzione (400 mc) sono compresi eventuali precedenti interventi o preesistenze che configurano il nuovo alloggio.

Nella specie, il Comune ha considerato inapplicabile l’esenzione dal momento che l’alloggio, preesistente all’intervento, del richiedente (M. C.) e della sua famiglia – nel cui nucleo figurava anche il figlio M., come certificato dall’ufficio anagrafico del Comune e, peraltro, minore all’epoca dell’ampliamento – già superava ampiamente i 400 mc.

Il Collegio, aderendo alle conclusioni del T.R.G.A., ritiene che il Comune avesse effettivamente l’obbligo di considerare, ai fini della verifica dei requisiti prescritti ai fini dell’esenzione, la posizione del solo richiedente la concessione. E’, invero, al richiedente che la disciplina provinciale e comunale si riferisce quale unico soggetto beneficiario dell’esenzione.

Né appare ammissibile una interpretazione estensiva che ricomprenda tra i possibili beneficiari gli altri membri della famiglia, sottrattisi dal nucleo familiare per avere acquisito, peraltro a distanza di molto tempo dalla costruzione in carenza di concessione, una porzione di immobile adibito a propria personale abitazione (cfr., in campo tributario, Cass. Civ. Sez. V, 19.12.2005, n. 28105).

A ciò osta, in primo luogo, il principio per cui le disposizioni concernenti una agevolazione o un’esenzione finanziaria sono di stretta e rigorosa interpretazione e non consentono estensione a soggetti o a fattispecie diversi da quelli previsti (Cons. St. Sez. V, 11.5.2007, n. 2341).

Non lascia dubbi, infatti, l’art. 8 del regolamento edilizio, laddove esclude la debenza del contributo di concessione, limitatamente a 400 mc di costruzione, agli interventi destinati a scopo abitativo primario destinati a fornire alloggio "al richiedente ed alla sua famiglia", beneficio da intendersi riconosciuto al nucleo familiare convivente e non a ciascun membro della famiglia, singolarmente considerato.

Non è quindi affetta dai vizi di eccesso di potere ed ingiustizia manifesta né provoca alcuna discriminazione la nota con la quale il Comune ha opposto il diniego alla richiesta di esenzione, giudicando il figlio del richiedente privo di titolo per ottenere il riconoscimento del beneficio.

L’appello va pertanto respinto.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare le spese del grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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