Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 02-03-2011) 15-06-2011, n. 24017

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma confermava la sentenza in data 3 ottobre 2005 del Tribunale di Roma, appellata da R.C., condannata, con le attenuanti generiche, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, condizionalmente sospesa, in quanto responsabile del reato di cui all’art. 368 cod. pen., perchè, con denuncia in data 7 settembre 2000, presentata ai Carabinieri della Stazione Salaria di Roma, accusava falsamente Z.E. del reato di appropriazione indebita di un assegno bancario emesso per L. 1.350.000. 2. Osservava la Corte di appello che non era credibile la tesi sostenuta dall’imputata secondo cui l’assegno in questione avrebbe dovuto esserle restituito in quanto sostituito con altro assegno a copertura del primo, in relazione al pagamento di una cabina e di una tenda balneari utilizzate nei mesi di luglio e agosto del 1999. Lo Z. aveva riferito che il primo dei due assegni si riferiva al pagamento relativo al mese di luglio, e il secondo a quello relativo al mese di agosto. E tale affermazione era credibile, dato che lo Z. si era recato, con entrambi i titoli in mano, presso i Carabinieri di Marina di Pietrasanta dopo avere avuto notizia che il primo dei due assegni era sprovvisto di fondi; mentre la R. aveva sostenuto che il secondo assegno era stato da lei consegnato allo Z. in sostituzione del primo dopo il protesto di questo.

3. Ricorre per cassazione l’imputata, a mezzo dell’avv. Augusto Sinagra, che, con un primo motivo, denuncia la violazione della legge processuale, essendo state utilizzate illegittimamente le dichiarazioni dello Z., nonostante che questo fosse indagato per appropriazione indebita a seguito della denuncia sporta dalla R., nulla rilevando che in seguito il procedimento a carico dello Z. fosse stato archiviato.

Con un secondo motivo, denuncia il vizio di motivazione in punto di affermazione della responsabilità penale, essendosi date per buone le affermazioni dello Z. secondo cui i due assegni gli erano stati dati contestualmente dalla R., l’uno per il pagamento del mese di luglio, l’altro per il pagamento del mese di agosto relativamente all’uso di una cabina e di una tenda nel suo stabilimento. Ma che ciò corrispondesse a verità non risultava affatto provato: anzi, dalle dichiarazioni del teste R. M., fratello dell’imputata, risulta, al contrario, che il secondo assegno fu consegnato allo Z. solo alla fine del mese di agosto, in sostituzione del primo, a seguito di una "aggressione" (verbale) di cui era stata vittima l’imputata ad opera dello Z.; e che l’unico pagamento che la R. doveva effettuare era quello relativo al mese di luglio, non avendo la stessa mai usufruito dello stabilimento dello Z. nel mese di agosto.

Inoltre nulla prova che quando si era recato presso il Comando dei carabinieri lo Z. fosse in possesso di entrambi gli assegni;

e anzi ciò risulta smentito dal fatto che il primo assegno era stato da lui posto all’incasso, come dallo stesso ammesso.

Con un terzo motivo, denuncia la mancanza di motivazione sul punto relativo alla omessa valutazione della testimonianza di R. M., completamente ignorata dalla Corte di appello.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

Come chiarito dalle Sezioni unite di questa Corte (sent. n. 12067 del 17/12/2009, dep. 29/03/2010, De Simone), non sussiste incompatibilità ad assumere l’ufficio di testimone per la persona già indagata in procedimento connesso ai sensi dell’art. 12 c.p.p., comma 1, lett. c), o per reato probatoriamente collegato, definito con provvedimento di archiviazione.

Legittimamente, dunque, i giudici di merito si sono basati sulle dichiarazioni dello Z., la cui posizione, a seguito della denuncia della R., era stata archiviata.

2. Il secondo motivo, al limite dell’ammissibilità, è parimenti infondato.

La versione dei fatti resa dalla persona offesa non è stata data aprioristicamente per veritiera, essendosi logicamente osservato che essa era avvalorata dal dato obiettivo rappresentato dal fatto che lo Z. era in possesso di entrambi gli assegni emessi dalla R.; circostanza, questa, che in base a una massima di esperienza, secondo cui la consegna da parte del debitore di un titolo di pagamento in sostituzione di altro precedente implica di norma il previo ritiro del primo, giustamente è stata considerata avvalorare la tesi della persona offesa secondo cui i due assegni si riferivano l’uno al pagamento per il mese di luglio l’altro a quello del mese di agosto.

3. Anche il terzo motivo è infondato.

E’ vero che la sentenza impugnata non fa espresso riferimento alle dichiarazioni rese dal fratello dell’imputata, che avvaloravano la sua tesi, ma questa è stata implicitamente disattesa, essendosi ritenuta inattendibile, al pari di quanto ritenuto dal primo giudice, e ciò proprio per le considerazioni circa la non credibilità della tesi difensiva, cui si contrapponeva quella, del tutto logica, resa dalla persona offesa.

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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