Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-10-2011, n. 22126 Mansioni e funzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Milano, riformando la sentenza di primo grado, respingeva la domanda di D.C.P.R., proposta nei confronti del Ministero della Giustizia del quale era dipendente quale Ufficiale giudiziario inquadrato nella posizione economica C1, domanda avente ad oggetto il riconoscimento di differenze retributive concernenti l’espletamento delle superiori mansioni corrispondenti alla posizione economica C2 relativamente all’attività lavorativa svolta presso l’Ufficio di Cassano d’Adda e l’Unep milanese.

La Corte del merito poneva a base del decisum il rilievo fondante che sia presso l’Ufficio di Cassano d’Adda sia presso l’Unep di Milano il ricorrente non aveva espletato mansioni corrispondenti alla posizione economica rivendicata.

Avverso tale sentenza il D.C. ricorre in cassazione sulla base di un unico motivo.

Resiste con controricorso il Ministero intimato.
Motivi della decisione

Con l’unica censura il ricorrente, deducendo nullità della sentenza per omessa, contraddittoria motivazione su punto decisivo, allega che la corte del merito ha totalmente "dimenticato di considerare che nel periodo in ricorso il ricorrente dirigeva l’unità organica servizio notifiche penali di Milano con funzioni di direzione del servizio e responsabilità contabile".

La critica non è fondata.

Invero la corte territoriale, contrariamente a quanto assunto dal ricorrente, non omette affatto di valutare l’attività svolta presso l’Ufficio milanese.

Infatti osserva, in proposito, la Corte di appello che "Nell’Unep milanese, nel quale l’appellato svolgeva funzioni di responsabile per le udienze penali e delle relative notifiche e sottoscriveva gli ordini di servizio che erano tuttavia sottoposti al visto del dirigente Unep, al quale inviava per conoscenza la corrispondenza indirizzata ai magistrati, il quale si rivolgeva allo stesso per ogni difficoltà di servizio; per la parte contabile rispondeva di eventuali ammanchi. In questo ufficio dunque che aveva dimensioni adeguate, la posizione dell’appellato, pur essendo di rilievo, non appare rivestire un ruolo di vertice".

Vi è quindi, nella sentenza impugnata precisa ed adeguata motivazione in ordine all’attività svolta presso l’ufficio di Milano.

Conseguentemente risulta del tutto infondata la censura in esame.

Il ricorso, pertanto, va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 30,00 oltre Euro 2.000,00 (duemila) per onorario ed oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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