T.A.R. Campania Napoli Sez. I, Sent., 20-06-2011, n. 3250 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 1/2/2003, la società cooperativa S., nella dedotta qualità di proprietaria di un suolo sito nel comune di Sant’Agnello (in catasto al fl. 7, p.lle 23, 25, 96 e 143, in zona C7 "residenziale" e parzialmente E3 "verde di rispetto" del PRG 1983), riferiva che:

– in data 9/12/1983 la cooperativa ricorrente chiedeva al Comune una concessione edilizia (per la realizzazione di due fabbricati residenziali);

– il Comune non rispondeva e la concessione veniva assentita per silentium ai sensi dell’art. 8 della legge n. 94 del 1982;

– iniziati i lavori (comunicazione dell’11/8/1987), sopravveniva l’ordinanza n. 75 del 18/7/1987 di sospensione degli stessi;

– con sentenza n. 232 del 1988, non impugnata, il TAR Campania annullava la suddetta ordinanza, riconoscendo la formazione del silenzio assenso e la conformità urbanistica dell’intervento;

– in data 21/2/1995 l’autorità giudiziaria disponeva il dissequestro del cantiere;

– (con atto n. 10786 del 7/8/1996) il Comune dichiarava la caducazione della concessione edilizia per il decorso del quinquennio (di vigenza del nullaosta ambientale) di cui all’art. 16 del regio decreto n. 1357 del 1940;

– tale provvedimento veniva impugnato innanzi al giudice amministrativo con ricorso pendente (r.g. 10032/97);

– con delibera commissariale n. 4 del 3/7/1992 si disponeva sull’adeguamento del piano regolatore generale al PUT della penisola sorrentinoamalfitana di cui alla legge regionale n. 35 del 1987, comprendendo parte della p.lla 143 in zona B "edificate sature" e le p.lle 23, 25, 96 e parte della 143 in zona C1 "integrazione residenziale";

– con delibera consiliare n. 6 del 22/1/1998, la Provincia di Napoli non approvava la variante di adeguamento e disponeva la restituzione degli atti al Comune (con prescrizioni);

– con delibera n. 12 del 25/3/2002, il Comune adottava la variante di adeguamento sulla scorta delle indicazioni cristallizzate nella citata delibera provinciale n. 6, includendo il suolo precedentemente classificato come edificabile in zona F1 "attrezzature pubbliche";

– la cooperativa ricorrente presentava osservazioni alla nominata variante;

– con delibera n. 25 del 27/11/2002, il Comune adottava i provvedimenti consequenziali all’esame delle osservazioni, rigettando in particolare quella presentata dalla ricorrente.

A seguito di ciò la cooperativa ricorrente proponeva l’impugnativa in epigrafe.

Il Comune di Sant’Agnello si costituiva in giudizio resistendo alle pretese avverse e rappresentando in particolare che:

– con sentenza n. 7500 (recte: 7580) del 2003 il TAR Campania annullava il provvedimento comunale n. 10786 del 1997;

– con provvedimento n. 13723 del 9/8/2004, il Comune dichiarava la decadenza dall’autorizzazione ambientale unitamente all’originaria concessione edilizia per il decorso del termine previsto dall’art. 14 del d.P.R. n. 380 del 2001;

– con sentenza n. 3544 del 24/3/2005, il TAR Campania respingeva l’impugnativa proposta dalla cooperativa interessata;

– con delibera consiliare n. 52 del 26/7/2004, la Provincia di Napoli procedeva all’approvazione della variante di adeguamento del piano regolatore;

– con delibera consiliare n. 27 del 15/9/2004, il Comune prendeva atto dell’approvazione;

– la Regione Campania, con decreto presidenziale n. 12 del 21/1/2005, ammetteva lo strumento urbanistico al visto di conformità, di cui il Comune prendeva atto con delibera consiliare n. 5 del 30/3/2005;

– con decreto presidenziale n. 805 del 19/7/2005, la Provincia approvava il PRG in adeguamento con ulteriori prescrizioni;

– con delibera consiliare n. 17 del 6/10/2005, il Comune approvava il testo definitivo delle norme di attuazione adeguato alle prescrizioni e condizioni poste dall’amministrazione provinciale.

Con ordinanza collegiale n. 522 del 9/6/2010 è stato annullato il decreto presidenziale di perenzione n. 9160/2009 ed il ricorso è stato nuovamente iscritto nel ruolo ordinario.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente va disattesa l’eccezione sollevata dalla difesa del Comune resistente in ordine all’improcedibilità del ricorso per mancata impugnativa degli atti sopravvenuti relativi all’approvazione dello strumento urbanistico.

Infatti l’omessa impugnazione del provvedimento di approvazione di un piano regolatore generale non determina alcuna preclusione all’ammissibilità del ricorso proposto contro l’adozione dello stesso strumento urbanistico, in quanto l’annullamento di quest’ultima esplica effetti automaticamente caducanti, e non meramente vizianti, sugli atti presupposti del procedimento di formazione della strumento urbanistico (cfr. Cons. St., sez. IV, 23/7/2009, n. 4662).

Vero è piuttosto, semmai, che nella specie la società cooperativa ricorrente ha mancato di impugnare tempestivamente l’atto di adozione della variante urbanistica, risalente alla delibera n. 12 del 25/3/2002, debitamente pubblicata e pacificamente conosciuta dall’interessata che ha pure presentato osservazioni, ma ha diretto le proprie contestazioni contro la delibera n. 25 del 27/11/2002, avente ad oggetto l’esame delle osservazioni.

Tale atto non è autonomamente impugnabile, trattandosi di atto endoprocedimentale (cfr. Cons. St., sez. IV, 21/8/2009, n. 5002).

Sennonché la rilevazione di ufficio di tale questione, comportante l’esigenza di preventiva contestazione ai sensi dell’art. 73, co. 3, del nuovo CPA, sarebbe in contrasto con i principi di economia processuale, posto che il ricorso si palesa comunque infondato.

2. Nel merito con il ricorso in esame si deduce che:

– la classificazione dell’area di proprietà della ricorrente in zona F1 sarebbe immotivata ed arbitraria, posto che la ricorrente era già titolare di concessione edilizia;

– il piano urbanistico territoriale, approvato con la legge regionale n. 35 del 1987 successivamente alla concessione edilizia, non sarebbe applicabile alla fattispecie, unitamente agli atti interpretativi ed esecutivi della richiamata normativa regionale, ivi compresa la delibera provinciale n. 6 del 22/1/1998;

– il giudice amministrativo avrebbe riconosciuto la piena conformità del progetto edilizio agli strumenti urbanistici vigenti ed alle indicazioni del PUT; le variazioni dello strumento urbanistico successive al giudicato sarebbero inopponibili agli interessati;

– l’entrata in vigore di un nuovo strumento urbanistico non comporterebbe decadenza delle concessioni precedentemente rilasciate;

– la classificazione non andrebbe mutata sino alla decisione del giudice amministrativo sulle controversie pendenti;

– mancherebbe la previsione di indennizzo per i vincoli urbanistici senza limite temporale implicanti inedificabilità;

– mancherebbe una adeguata motivazione per giustificare il sacrificio delle legittime aspettative maturate dalla ricorrente;

– non vi sarebbero prescrizioni della Provincia che impongano la nuova classificazione urbanistica;

– sarebbe inconferente il riferimento al preminente interesse pubblico in relazione all’avanzato stato di attuazione del vigente piano di zona per l’edilizia economica e popolare;

– dalle note introduttive sull’esame delle osservazioni emergerebbe una contraddittorietà nella parte in cui si evidenzia che la revisione dei parametri contenuti nella normativa adottata avrebbe portato ad un nuovo dimensionamento delle zone F1 ampiamente eccedente rispetto al reale fabbisogno; arbitrariamente il Comune avrebbe trasformato aree classificate come F1 in aree E "destinazione agricola", omettendo di giustificare il passaggio da C7 a F1 del suolo della ricorrente;

– vi sarebbe disparità di trattamento della posizione della ricorrente con quella dei soggetti ai cui suoli è stata sottratta la destinazione F1;

– il rigetto delle osservazioni presentate dalla ricorrente sarebbe viziato dal rinvio a tempo indeterminato di una risposta;

– l’eventuale accoglimento in sede giurisdizionale dell’impugnativa pendente tra le parti potrebbe risultare inutile se fosse consolidata la nuova destinazione urbanistica assegnata all’area in questione;

– la delibera provinciale n. 6 del 1998, quale atto presupposto della delibera impugnata, sarebbe viziata nella parte in cui prospetta un dimensionamento del piano anche in relazione ai vani abusivi; inoltre la citata delibera riterrebbe inattendibile l’anagrafe edilizia predisposta dal Comune.

2.1. E’ in primo luogo da osservare che, secondo quanto eccepito dal Comune resistente, con atto n. 13723 del 9/8/2004 è stata dichiarata la decadenza dei titoli abilitativi edificatori ai quali la ricorrente fa riferimento e che l’impugnativa di tale provvedimento innanzi a questo Tribunale amministrativo è stata respinta con sentenza n. 3544 del 2005, nella quale è precisato che "non apparendo giustificabile il mancato completamento dei lavori per il periodo successivo al 3.3.1995, di gran lunga superiore a quello fissato dalla normativa di settore, la decadenza della società ricorrente dalla concessione edilizia originariamente rilasciata per silentium deve ritenersi legittimamente dichiarata".

In relazione a quanto precede è venuto meno l’interesse della cooperativa ricorrente alle doglianze che fanno leva sulla cennata concessione edilizia, che in realtà risultava esaurita in epoca finanche anteriore agli atti in esame, posto che nella medesima sentenza sopra richiamata è precisato che "secondo un autorevole orientamento giurisprudenziale, la perdita di efficacia della concessione edilizia si collega, in via immediata e diretta, al maturare della scadenza prevista, onde il provvedimento di decadenza serve solo a certificare una situazione già verificatasi al momento in cui sono venuti in essere i presupposti stabiliti dalla legge e, come tale, è un atto vincolato a carattere meramente dichiarativo".

2.2. Sono altresì inammissibili le doglianze che fanno riferimento in via diretta o mediata alla delibera del Consiglio provinciale n. 6 del 22/1/1998, posto che tale atto presupposto non è impugnato e neppure è intimata nel presente giudizio l’amministrazione emanante.

2.3. Analogamente sono inammissibili le doglianze che fanno riferimento alla delibera di adozione che non viene risulta impugnata, a prescindere da ogni considerazione sulla tempestività di una siffatta impugnativa da proporre nel termine di decadenza, decorrente dalla pubblicazione degli atti prevista dalla legge (cfr. Cons. St., sez. VI, 18/8/2009, n. 4944; sez. VI, 10/2/2010, n. 663).

2.4. Riguardo all’atto impugnato, è da rilevare che le osservazioni al PRG non costituiscono uno strumento di tutela degli interessati, bensì una forma di collaborazione data dai cittadini alla formazione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ragionevolmente ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano regolatore o della sua variante (cfr. Cons. St., sez. IV, 15/9/2010, n. 6911).

E’ comunque opportuno soggiungere che l’amministrazione, nell’esercitare il potere pianificatorio ad essa attribuito, non è tenuta ad esternare in modo puntuale le ragioni delle proprie scelte, essendo sufficiente una ragionevole e coerente giustificazione delle linee portanti della pianificazione. Né sussiste l’obbligo di una motivazione specifica ed analitica per le singole zone innovate, salva la necessità di una congrua indicazione delle diverse esigenze che si sono dovute conciliare e la coerenza delle soluzioni proposte con i criteri tecnicourbanistici stabiliti per la formazione del piano regolatore (cfr. Cons. St., sez. IV, 5/1/2011, n. 24). Infatti la discrezionalità insita nelle scelte pianificatorie esclude un obbligo di indicazione del pubblico interesse al mutamento della qualificazione di una zona urbanistica, rilevando a tal fine gli elementi risultanti dalla relazione illustrativa delle finalità del piano (cfr. Cons. St., sez. IV, 18/10/2010, n. 7554).

3. Nella memoria difensiva depositata in giudizio il 18/3/2011, la ricorrente ha infine prospettato una domanda risarcitoria che risulta estranea alla materia del contendere, in quanto proposta irritualmente, senza l’osservanza delle formalità per l’instaurazione del contraddittorio processuale.

4. In conclusione il ricorso in esame va pertanto respinto.

Sussistono comunque giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio, attese le peculiarità della vicenda e delle questioni trattate.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima) respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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