Cass. pen., sez. VI 13-06-2008 (04-06-2008), n. 24141 Verbale delle operazioni – Omessa annotazione del nominativo dell’interprete

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Bologna ha confermato la misura della custodia in carcere disposta a carico di E.A.A. per spaccio di droga. Ha peraltro dichiarato l’incompetenza territoriale del GIP del Tribunale di Ferrara e ha indicata competente quello di Bologna, cui ha disposto la trasmissione degli atti per gli adempimenti di cui all’art. 27 c.p.p..
2. Ricorre E.A.A. il quale deduce che l’ordinanza del riesame si fonda su risultati di intercettazioni telefoniche inutilizzabili per nullità dei decreti autorizzativi. Lamenta poi che la traduzione delle conversazioni dalla lingua araba appaia operata, nel verbale di trascrizione della polizia, da "interprete di lingua madre" senza indicazione di nome e cognome del soggetto, con ulteriore nullità e inutilizzabilità dell’elemento probatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
La doglianza sui decreti autorizzativi è, da un lato, manifestamente infondata, posto che il GIP può legittimamente richiamare la richiesta del P.M. nella motivazione dei provvedimenti di autorizzazione, così mostrando di condividerne la valutazione in ordine ai requisiti richiesti per procedere alle intercettazioni, e, dall’altro, apodittica, laddove taccia di genericità l’apparato giustificativo del decreto 19 aprile 2007. Nulla poi viene detto sui motivi e sulla rilevanza della censura ai decreti di proroga, per i quali si lamenta una mancata risposta da parte del Tribunale del riesame.
2. La traduzione delle conversazioni, attività logicamente e cronologicamente successiva alla captazione di queste, non è una delle operazioni previste dall’art. 89 disp. att. c.p.p., con la conseguenza che quello dell’interprete non fa parte dei nominativi che devono essere annotati nel verbale delle operazioni previsto dall’art. 268 c.p.p., comma 1.
Ne risulta la manifesta infondatezza anche della seconda censura.
3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, che si stima equa, di Euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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