T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 20-06-2011, n. 5458 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Gli odierni ricorrenti impugnano il decreto della Sovrintendenza di annullamento del parere favorevole espresso dal Comune di Colonna in ordine alla richiesta di sanatoria relativa ad un fabbricato ad uso civile abitazione ivi realizzato in agro di Colonna alla via Mattei n. 19.

A sostegno del ricorso gli interessati deducono profili di violazione di legge ed eccesso di potere.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio.

Alla pubblica udienza del 28 aprile 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Il ricorso è infondato.

Con una prima censura i ricorrenti deducono la illegittimità dell’atto per violazione del procedimento.

L’assunto è infondato.

Osserva il Collegio come se da un lato è vero che la nota di trasmissione del parere dell’autorità preposta al vincolo faceva presente la riproponibilità della istanza da parte del ricorrente se accompagnata da una valutazione completa e pertinente delle norme del Piano paesistico che interessano l’area, è altresì pacifico che il parere negativo della Soprintendenza con riguardo alla istanza presentata non poteva essere inteso quale atto interlocutorio di un procedimento in corso quanto, piuttosto, quale atto definitivo di annullamento a fronte del quale il Comune di Colonna non poteva che rigettare l’istanza dell’interessato.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce la illegittimità dell’atto impugnato per violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90.

La censura è infondata.

Al riguardo è sufficiente richiamare brevemente l’evoluzione normativa e giurisprudenziale sulla vicenda dell’applicazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 in tema di autorizzazione paesaggistica.

Prima dell’entrata in vigore dell’art. 4 del D.M. n. 495 del 1994, in ragione dell’unicità del procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e del successivo riesame statale, si affermava l’insussistenza dell’obbligo per il Ministero di comunicare l’avvio del subprocedimento tendente al potenziale annullamento a chi avesse ottenuto l’autorizzazione.

In seguito, il citato D.M. n. 495 del 1994 (art. 4) ha introdotto l’obbligo di tale comunicazione a cura dell’autorità statale, anche se una parte della giurisprudenza ha ritenuto sufficiente un meccanismo equipollente alla formale comunicazione d’avvio, che assicurasse comunque il raggiungimento dello scopo, rappresentato dalla comunicazione all’interessato del provvedimento favorevole rilasciato dal Comune ma della contestuale trasmissione degli atti alla Sovrintendenza per le determinazioni di competenza.

Il successivo D.M. n. 165 del 2002 (art. 2) ha invece ripristinato il quadro normativo antecedente all’entrata in vigore del regolamento ministeriale n. 495 del 1994 e ha previsto che il Ministero (e, per esso, la Sovrintendenza) possa esercitare il potere di annullamento dell’autorizzazione comunale (o parere favorevole) senza la previa comunicazione dell’avvio del subprocedimento di propria competenza, salva comunque la possibilità per l’interessato di presentare memorie o documenti ritenuti utili per quella fase (comma 1 bis, dell’art. 4 del d.m. 495/1994, introdotto dall’art. 2 del d.m. n. 165 del 2002).

Il Codice per i beni culturali ed il paesaggio n. 42 del 2004 (entrato in vigore, ai sensi dell’art. 183, il 1° maggio 2004) ha espressamente reintrodotto l’obbligo di previa comunicazione dell’avvio del procedimento di competenza della Sovrintendenza e da quel momento la giurisprudenza ha ritenuto implicitamente abrogato, in base alle regole generali sulla successione delle leggi nel tempo, il D.M. n. 165 del 2002.

Da allora si è precisato che l’onere di comunicazione non può essere soddisfatto dalla comunicazione che, a volte, il Comune dà all’interessato dell’avvenuta trasmissione della documentazione alla Sovrintendenza per la successiva fase decisoria, perché detta comunicazione sarebbe comunque incompleta, potendo non indicare con precisione il giorno dell’inizio del subprocedimento, né il responsabile di quel procedimento, né il termine entro il quale far pervenire all’autorità statale eventuali memorie da parte del richiedente la sanatoria.

Infine, con la modifica apportata dal D.Lgs. n. 157/2006, pubblicato in G.U. 27 aprile 2006, all’originaria previsione dell’art. 159, D.Lgs. n. 42/2004 – per cui "la comunicazione è inviata contestualmente agli interessati, per i quali costituisce avviso di inizio di procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990 n. 241" – è stata aggiunta la previsione secondo cui "nella comunicazione alla soprintendenza il Comune attesta di avere eseguito il contestuale invio agli interessati", cosicché in relazione ad un procedimento instauratosi successivamente alla entrata in vigore della citata modifica normativa correttamente il Comune doveva limitarsi a darne contestuale comunicazione sia all’amministrazione statale che all’istante, tale partecipazione di conoscenza dovendosi considerare equipollente all’avviso all’interessato dell’avvio del procedimento (Cons. Stato, 22 febbraio 2010, n. 1013).

Nel caso all’esame deve trovare applicazione, ratione temporis, il disposto del D.Lgs. n. 42/2004 – dato che l’atto di annullamento gravato risale al 21 luglio 2004 – che, come detto, richiedeva la previa comunicazione di avvio da parte della Soprintendenza.

Tuttavia, non sembra inutile ricordare che, ancor prima della entrata in vigore dell’art. 21 octies (inserito dalla legge n. 15/05 nell’ordito normativo della legge n. 241/90), la giurisprudenza ne aveva anticipato i contenuti, ritenendo la ininfluenza dell’omessa comunicazione d’avvio a fronte della conclamata irrilevanza causale dell’apporto partecipativo del privato sul contenuto del provvedimento finale. Ora, nel caso di specie è evidente, rilevata la natura pressoché vincolata del provvedimento di annullamento in considerazione della contrarietà dell’intervento edilizio con le previsioni del PTP, che il coinvolgimento degli appellanti nella vicenda procedimentale propedeutica al disposto annullamento non ne avrebbe potuto modificare il contenuto dispositivo. Di conseguenza, al vizio della omessa comunicazione d’avvio del procedimento non può riconnettersi alcuna portata invalidante sul provvedimento finale.

Con il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso si lamenta la illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge ed erronea motivazione.

Le censure sono infondate.

Rileva il Collegio, preliminarmente, come l’Autorità statale, nell’esercizio del potere di annullamento delle autorizzazioni paesistiche rilasciate dalle Amministrazioni comunali competenti, eserciti un riesame esclusivamente sotto il profilo estrinseco con riferimento alla mera verifica di legittimità, non potendo rinnovare le valutazioni discrezionali di merito già compiute dall’organo comunale.

Si tratta, infatti, di un riesame teso a verificare solo l’assenza di vizi di legittimità (tra essi compreso quello di eccesso di potere nelle diverse forme sintomatiche), che non può rinnovarsi in un giudizio tecnico discrezionale sulla compatibilità paesaggisticoambientale dell’intervento, che appartiene in via esclusiva all’Autorità competente.

Ciò, tuttavia, non significa negare all’Amministrazione statale il potere di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica ove sia essa a non contenere la motivazione circa la compatibilità dell’intervento con il vincolo ambientale e paesistici. Ciò perché, costituendo il provvedimento autorizzatorio regionale (o, come nel caso di specie, subregionale) atto applicativo di gestione del vincolo e non modificativo di esso, la sua funzione è quella di verificare la compatibilità dell’opera con le esigenze di conservazione della bellezza naturale oggetto del vincolo, che ha assunto le caratteristiche ambientali come valori specifici della zona; ne consegue la necessità di una congrua motivazione con l’indicazione della ricostruzione dell’itinerario logico seguito, in ordine alle ragioni di compatibilità effettive con gli specifici valori paesistici dei luoghi, e ne deriva il corollario della legittimità del provvedimento della Soprintendenza che annulli l’autorizzazione paesaggistica all’esito di una verifica della suddetta omissione, che si traduce nel vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione, tipico vizio di legittimità dell’atto amministrativo, come tale pienamente verificabile in sede di controllo da parte dell’Autorità statale.

Non v’è dubbio, allora, che il provvedimento impugnato non possa essere censurato sotto i profili lamentati dai ricorrenti in considerazione della compiuta motivazione operata dalla Soprintendenza, che fonda l’annullamento del provvedimento del Comune di Colonna sulla circostanza della mancata valutazione "completa e pertinente" delle disposizioni del Piano Paesistico che "classifica l’area interessata dall’intervento zona CO4 – agricola non compromessa e indica le seguenti prescrizioni e modalità d’uso: in queste zone valgono le norme di tutela stabilite dagli strumenti urbanistici vigenti" rilevando, altresì, che "nei territori che gli strumenti urbanistici vigenti destinano a zona agricola, ogni intervento deve essere indirizzato alla conservazione dei valori tipici e tradizionali, propri dell’agricoltura" e che "l’edificazione è consentita, semprechè ammessa dagli strumenti urbanistici, con un limite di mc 0,045/mq su lotti minimi di 20.000 mq".

D’altra parte, così come osservato dalla stessa Soprintendenza, dal provvedimento del Comune di Colonna oggetto di annullamento non risulta in alcun modo la giustificazione della dichiarata compatibilità tra l’opera oggetto della richiesta di sanatoria ed i rilevati vincoli esistenti sul territorio, con conseguente legittimo rilievo – da parte della Soprintendenza – del vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione del provvedimento oggetto di annullamento.

Quanto, poi, alla rilevata disparità di trattamento operata dal Comune di Colonna, è sufficiente rilevare come gli eventuali pareri favorevoli rilasciati dalla Soprintendenza in relazione alla esecuzione di altre opere su immobili della medesima zona non possono condurre ad una illegittimità del provvedimento impugnato in assenza di elementi in grado di evidenziare la sussistenza di situazioni omogenee rispetto a quelle oggetto del presente ricorso.

Con una settima ed ultima censura la ricorrente deduce la illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge in relazione alla sopravvenienza del vincolo rispetto alla realizzazione delle opere.

La censura è infondata.

La tesi dei ricorrenti, secondo cui, essendo il vincolo successivo alla realizzazione delle opere, l’intervento sarebbe di per sé sanabile senza necessità dell’acquisizione del parere di compatibilità, non può essere condivisa: secondo il costante orientamento della giurisprudenza, infatti, anche in caso di vincolo successivo, è comunque necessario il parere dell’Autorità preposta alla gestione del vincolo, in quanto la compatibilità dell’opera con il contesto ambientale deve essere valutata con riferimento al momento in cui deve essere esaminata la domanda di sanatoria (Cons. Stato Sez. V 22/12/94 n. 1574; Cons. Stato A.P. 22/7/99 n. 20; Cons. Stato Sez. VI 22/8/03 n. 4765; ecc.).

Il ricorso, conseguentemente, è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna i ricorrenti al pagamento, nei confronti delle parti resistenti costituite in giudizio in solido tra loro, delle spese processuali, liquidate in complessivi euro 1.500,00 oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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