T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 20-06-2011, n. 5452 Annullamento dell’atto in sede giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente, proprietario di un fondo sito nel comune di Marino, impugna con il ricorso in epigrafe il provvedimento con cui la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Lazio ha annullato il parere favorevole, espresso dal comune, ai sensi dell’art. 32 legge 47/85 e art. 39 della l. 724/94, sulla sua richiesta di condono di un manufatto agricolo.

Il ricorso è articolato in varie censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

L’amministrazione resistente si è costituita con mero atto di stile.

All’odierna udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato e pertanto deve essere accolto, in relazione al secondo e terzo motivo di ricorso, che – per la loro stretta attinenza – possono essere trattati congiuntamente.

Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia il difetto di istruttoria poiché nella la zona in cui sorge il manufatto agricolo di cui si controverte non è prevista l’indeficabilità assoluta.

Osserva il ricorrente che nel provvedimento impugnato, la Soprindentenza vede una modifica del vincolo, come se qualsiasi intervento edilizio dovesse considerarsi lesivo del vincolo. A tali conclusioni, invece, a suo avviso, non può giungersi laddove – come nel caso di specie – non sia prevista l’indeficabilità assoluta ma sia invece ammessa l’edificazione a determinate condizioni indicate nelle schede tecniche.

La censura deve essere esaminata congiuntamente – come si è detto – a quella svolta nel terzo motivo, con la quale il ricorrente lamenta ancora una volta l’eccesso di potere per travisamento di fatto e difetto di istruttorio per errata valutazione del contesto paesaggistico e delle caratteristiche del manufatto, il quale – essendo praticamente nascosto e realizzato con materiali e colori in armonia con il contesto ambientale – non è in grado di disturbare il panorama. Secondo il ricorrente, in sostanza, la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe stata adottata sulla base di valutazioni astratte ed aprioristiche in base alle quali in caso di vincolo la sanatoria non può essere mai concessa.

In relazione a tale ultimo profilo, le doglianze del ricorrente devono ritenersi fondate.

Invero, il provvedimento impugnato sembra costruito secondo un modello stereotipato e astratto e manca di qualsiasi specificazione concreta che consenta di ritenere effettivamente riferibile al caso in esame le motivazioni in esso contenute. In particolare, la Soprintendenza denuncia una generica difformità dal PTP senza chiarire in cosa essa consista e sotto quale profilo. Inoltre, la Soprintendenza ritiene l’intervento edilizio di per sé stesso modificativo del vincolo e idoneo ad alterare i tratti caratteristici della zona protetta, senza però esplicitare le ragioni specifiche per le quali ciò avviene, così ingenerando – legittimamente – nel ricorrente la convinzione che la Soprintendenza abbia considerato l’area soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta, pur non avendone fatto espressa menzione nel provvedimento impugnato.

In sostanza, dunque, il provvedimento sembra essere dotato di una motivazione apparente di carattere stereotipato, priva di riscontri concreti in relazione alla fattispecie in esame, come se – effettivamente – la sola esistenza del vincolo precludesse l’assenso alla sanatoria. I restanti profili di doglianza devono invece ritenersi assorbiti.

Infondato è invece il primo motivo, con cui il ricorrente deduce l’eccesso di potere per falsità del presupposto, travisamento ed errore di fatto in quanto l’area in cui si trova il manufatto agricolo del ricorrente rientrerebbe in una zona che sicuramente il nuovo Piano territoriale Paesistico regionale non assoggetterà a vincolo, come risulta dalla proposta comunale per il nuovo PTP, sulla quale il comitato tecnico ha già dato parere favorevole. Tale area, inoltre, sarebbe stata qualificata dal dipartimento Territorio della Regione Lazio (provvedimento allegato alla delibera di Giunta del 26.9.2006, pubblicata sul BURL del 30.11.2006) come assoggettata a revisione in modalità concertata con il comune.

Infatti, l’esistenza di proposte o progetti di modifica del PTP, non ancora tradotti in atto, non possono costituire parametro di valutazione della legittimità di un provvedimento.

Anche il quinto motivo di ricorso, con cui il ricorrente denuncia l’incompetenza delle soprintendenze, spettando il potere di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche al Ministero come organo centrale dell’amministrazione, non delegabile ad organi decentrati, è infondato.

La giurisprudenza ha infatti in più occasioni chiarito che l’art. 151, d.lg. n. 490 del 1999 attribuisce al Ministero la competenza all’annullamento dei nulla osta paesaggistici, e quindi alla struttura ministeriale nelle sue articolazioni centrali e periferiche. Ne consegue che è correttamente adottato dal Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio il provvedimento di annullamento del parere favorevole ex art. 32, l. n. 47 del 1985, al rilascio della concessione in sanatoria relativamente ai lavori di realizzazione di un fabbricato, sito in zona sottoposta a vincolo ambientale (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 20 novembre 2008, n. 10460).

Ugualmente infondato è anche il sesto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente sostiene che l’amministrazione avrebbe effettuato una errata interpretazione della fattispecie, non avendo considerato che l’abuso edilizio e la domanda di sanatoria sono antecedenti al vincolo posto dal Piano paesaggistico.

La giurisprudenza è infatti consolidata nel senso che in sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria, ai sensi dell’art. 32 della l. 28 febbraio 1985 n. 47 (e quindi dell’art. 39 della 23 dicembre 1994 n. 724), il parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo è obbligatorio anche per le opere realizzate anteriormente all’imposizione del vincolo, dovendo essere esercitata la funzione amministrativa secondo la norma vigente al tempo in cui si esplica (Consiglio Stato, sez. VI, 09 marzo 2011, n. 1476; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 04 febbraio 2011, n. 1052).

Infine, deve ritenersi superato il quarto motivo di ricorso, con cui il ricorrente si duole di un asserito straripamento di potere da parte dell’amministrazione che avrebbe censurato per ragioni di merito il provvedimento comunale di rilascio della autorizzazione, dovendo l’amministrazione ripronunciarisi a seguito della presente pronuncia.

In conclusione, il ricorso va accolto nei sensi di cui alla motivazione.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 1.500, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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