Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-05-2011) 16-06-2011, n. 24100

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Hanno proposto ricorso per cassazione E.G. e P.S.A., per mezzo dei rispettivi difensori, avverso la sentenza della Corte di Appello di Caltanissetta del 12.10.2010, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei loro confronti dal Tribunale di Enna il 4.3.2008, per il reato di ricettazione di moduli di assegno in bianco.

Un motivo comune fa riferimento al vizio di violazione di legge della sentenza, dedotto ex art. 606 c.p.p., lett. c) in relazione al mancato accoglimento dell’eccezione difensiva concernente la nullità della sentenza di primo grado a sua volta derivante dall’avere il PM – in sede di avviso di conclusione delle indagini – nominato per entrambi gli imputati lo stesso difensore, nonostante l’obiettiva situazione di contrasto esistente tra i due; il medesimo vizio avrebbe inficiato il decreto che dispone il giudizio. Il difensore del P. eccepisce inoltre il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione alla ribadita responsabilità del ricorrente per il delitto di ricettazione. Cinque dei sei titoli in contestazione erano stati infatti oggetto di una semplice denuncia di smarrimento, difettando quindi il presupposto della loro provenienza da delitto; per la ricettazione del titolo residuo sarebbe comunque ormai intervenuta la prescrizione, considerando come data del commesso reato, in ragione del principio del favor rei, quella dell’.6.1997. Il difensore della E. deduce infine che i fatti di ricettazione dovrebbero essere riqualificati nei termini di cui all’art. 647 c.p. o art. 624 c.p., con la conseguente prescrizione dei reati; in ogni caso, la Corte territoriale avrebbe immotivatamente omesso di dichiarare la prescrizione almeno per il reato di ricettazione dell’assegno asseritamente provento della rapina del 31.5.1997; lamenta, infine, illogicità della sentenza in punto di mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 648 c.p., comma 2, nonostante l’incensuratezza dell’imputata, "i deboli profili di responsabilità attribuiti alla stessa" e il modesto danno cagionato dal reato, peraltro asseritamente limitato all’assegno proveniente dalla rapina del 31.5.1997.
Motivi della decisione

1. Sulla questione processuale la corte territoriale ha esattamente rilevato che non è sufficiente a integrare l’incompatibilità del difensore la diversità di posizioni giuridiche o di linee di difesa tra più imputati, ma occorre che la versione difensiva di uno di essi sia assolutamente inconciliabile con la versione fornita dagli altri assistiti, cosi1 da determinare un contrasto radicale e insuperabile, tale da costringere il difensore a sostenere tesi logicamente inconciliabili tra loro (Corte di Cassazione nr. 41305 del 07/10/2009 SEZ. 1, Gjoka e altro).

La valutazione dell’inesistenza dell’incompatibilità è assolutamente corretta alla luce di tali principi, dal momento che al più (vedi ricorso E.), il presunto contrasto tra le posizioni dei due imputati si sarebbe esplicato nella specie con la semplice negazione delle proprie responsabilità da parte della E., che lamentava di essere stata coinvolta nei fatti solo per il suo rapporto di coniugio con il coimputato, con la sua negazione "evidenziando, per contro, l’esclusiva responsabilità del P."; il che è cosa del tutto diversa da un atteggiamento di accusa nei confronti dell’altro ricorrente, non arricchendo in alcun modo il quadro probatorio nei confronti di quest’ultimo.

Del tutto generica e inconsistente è poi l’affermazione della difesa del P. secondo cui l’incompatibilità emergerebbe ictu oculi dalla lettura dei capi di imputazione, che propongono soltanto un’ipotesi concorsuale nei confronti dei due ricorrenti, a meno di non voler ritenere che uno stesso difensore non possa mai assumere la difesa di più persone accusate del medesimo reato.

2. Le questioni sul reato presupposto sono state formulate poco perspicuamente dai difensori nella misura in cui gli stessi stesso fanno riferimento ad un’ipotesi di smarrimento dei titoli, che comporterebbe quanto meno la responsabilità di chi se ne fosse appropriato per consegnarli poi agli imputati, per il reato di cui all’art. 647 c.p., restando quindi immutata la provenienza da delitto dei titoli in contestazione e non avendo d’altra parte gli imputati affermato il proprio diretto coinvolgimento nel reato presupposto.

Irrilevante è anche, a tenore dell’art. 648 c.p., u.c., la questione della procedibilità a querela dell’art. 647 c.p., In ogni caso, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui nell’ipotesi di smarrimento di cose che, come gli assegni o le carte di credito, conservino chiari ed intatti i segni esteriori di un legittimo possesso altrui, il venir meno della relazione materiale fra la cosa ed il suo titolare non implica la cessazione del potere di fatto di quest’ultimo sul bene smarrito, con la conseguenza che colui che se ne appropria senza provvedere alla sua restituzione commette il reato di furto e non quello di appropriazione di cose smarrite (art. 647 cod. pen.).

3. Il trattamento sanzionatorio è stato correttamente determinato in sentenza anche in ragione della gravità oggettiva dei fatti, che già esclude la ricorrenza dell’ipotesi di lieve entità di cui all’art. 648 c.p., comma 2, oltretutto invocata dalla difesa della E. più che altro sulla base dell’erroneo presupposto che dovrebbe essere esclusa la considerazione dei titoli di cui era stato denunciato il "semplice" smarrimento, con la conseguente, asserita "concentrazione" della ricettazione sull’assegno di L. 200.000 provento di rapina (gli altri assegni sono di importo nettamente superiore, fino alla cifra di 5.900.000). La presunta debolezza dei profili di responsabilità a carico dell’imputata non ha poi nulla a che fare con le valutazioni del caso.

4. E’ fondato, invece, il motivo concernente la prescrizione del reato di ricettazione relativamente all’assegno provento della rapina del 31.5.1997; l’accoglimento del motivo non comporta però alcuna conseguenza pratica, poichè la pena inflitta agli imputati fu determinata nel minimo edittale e anzi, di fatto, al disotto della soglia minima, considerando che il giudice di primo grado non aveva tenuto conto della continuazione.

La sentenza annullata va quindi annullata senza rinvio in parte qua, con la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi nel resto.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al fatto di ricettazione relativo all’assegno provento della rapina di 31.5.1997 perchè il delitto è estinto per prescrizione, dichiara nel resto inammissibili i ricorsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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