Cons. Stato Sez. IV, Sent., 21-06-2011, n. 3732 Personale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La sentenza oggetto di appello ha respinto il ricorso che il dott. C. L., Presidente di Sezione della Corte dei Conti, aveva proposto per il riconoscimento della spettanza del beneficio previsto dall’art. 2 della legge n. 336/1970, in considerazione della sua qualifica di profugo ai sensi della legge n. 137 del 1952 come da decisione del Prefetto di Messina del 6.10.1958.

L’appellante contesta che il giudice di prime cure abbia basato la decisione sull’erroneo presupposto che egli fosse privo della qualifica di profugo ai sensi della legge 137/52, quando in realtà tale qualifica sussiste e gli è stata attribuita dall’organo competente, appunto il Prefetto, sin dal 1958; ripropone i rilievi dedotti in primo grado di contraddittorietà del diniego rispetto al riconoscimento che, a suo tempo, l’amministrazione aveva effettuato del beneficio di cui all’art. 1 della legge n. 336/70, applicabile sulla base dei medesimi presupposti richiamati dal successivo art. 2, della cui applicabilità ora si fa ora questione, nonché di violazione dello stesso art. 2.

Si è costituita la Corte dei Conti.

Il ricorso è stato trattenuto per la decisione all’udienza del 24.05.2011.

L’appello si rivela infondato.

Innanzitutto non risulta che il TAR abbia fondato la propria decisione su un presupposto di fatto erroneo; i primi giudici non hanno postulato che l’allora ricorrente fosse privo della qualifica di profugo ai sensi della legge n. 137/52 ed anzi menzionano la decisione del Prefetto di Messina del 6 ottobre 1958 di riconoscimento di detta qualifica.

Hanno, invece, fondato la reiezione della domanda sul rilevo che "non tutti i profughi indistintamente" sono considerati dall’art. 2 legge n. 336/1970, ai fini del beneficio ivi previsto, ma solo, come testualmente indicato, i "profughi per l’applicazione del trattato di pace e categorie equiparate", rilevando che la giurisprudenza intende tale espressione come riferita "esclusivamente a coloro che sono rimasti coinvolti in modo diretto e immediato negli effetti del trattato di Pace ed alle categorie che ad essi hanno ottenuto una specifica equiparazione con apposite leggi".

L’avviso del T.A.R. è pienamente condivisibile. Si verte in tema di benefici di natura eccezionale, onde le disposizioni della legge n. 336/1970 vanno intese rigorosamente, senza possibilità di estensione a qualunque tipo di profugo, non potendo essere rimessa all’interprete la definizione del campo di applicazione di una previsione che quei benefici introduce solo per una determinata categoria di persone.

Né l’ottenuto riconoscimento della qualifica di profugo ai sensi della legge n. 137 del 1952 vale, di per sè, in ogni caso, ad integrare il requisito soggettivo richiesto dalla legge n. 336/70, in quanto la legge del "52 contempla una pluralità di categorie di profughi, cui veniva attribuita l’assistenza prevista dalla legge stessa, categorie delineate in relazione alle circostanze in cui i medesimi si sono venuti a trovare. In particolare, per quanto interessa, la legge n. 137 cit. considera separatamente, sotto diversa numerazione, le categorie di "profughi dalla Libia, dall’Eritrea, dall’Etiopia e dalla Somalia, per quest’ultima limitatamente a rimpatri fino al 31 marzo 1950" (n. 1), "profughi dai territori sui quali in seguito a Trattato di pace è cessata la sovranità italiana" (n. 2), quella dei "profughi da territori esteri" (n. 3), quella dei "profughi da zone del territorio nazionale colpite dalla guerra" (n. 4); il caso dell’appellante, che, come egli riferisce, si trovava in Turchia al seguito del padre dipendente del Ministero degli affari esteri, ed è dovuto rientrare in Italia in seguito alla dichiarazione di guerra alla Germania fatta da quel Paese, è riconducibile al terzo caso. Non si tratta di valutare le difficoltà e i pericoli di tale rientro, riferiti dall’interessato, o le sofferenze ed i traumi che ne possano essere derivati, in quanto la tipologia di riferimento è individuata dal legislatore sulla base di considerazioni che riguardano non i casi di singoli ma categorie di soggetti e in relazione al tipo di eventi. Né l’appellante ha indicato norme di legge che prevedano l’equiparazione della categoria cui appartiene a quella dei profughi in dipendenza del Trattato di pace; equiparazione che non può desumersi dalla predetta legge n. 137/52, che non solo distingue nettamente le categorie ma è riferita allo specifico tipo di assistenza con essa previsto.

Pertanto, l’appellante non può essere qualificato profugo per l’applicazione del trattato di pace.

L’appello va, dunque, respinto.

Si ravvisano, in considerazione del carattere interpretativo della controversia, giusti motivi di compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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