Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-04-2011) 16-06-2011, n. 24129

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

CI Vincenzo che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

M.R., S.F. e S.C. ricorrono in cassazione avverso la sentenza, in data 2.11.2010, della Corte d’Appello di Firenze che, in parziale riforma della sentenza di condanna emessa nei loro confronti dal Tribunale di Lucca il 3.11.2009 in ordine al delitto di concorso in furto aggravato, concessi a tutti le attenuanti generiche ritenute equivalenti alla recidiva ed alle aggravanti contestate, ha ridotto per ognuno la pena inflitta in primo grado.

Lo S.C., con proprio atto, con un primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6. Si premette che gli appellanti avevano offerto una somma a titolo di risarcimento del danno alle persone offese. I giudici del merito hanno rigettato la richiesta di applicazione della attenuante in parola dando esclusivo valore al rifiuto delle pp.oo. senza tener conto che, quanto all’apprezzamento di congruità della somma offerta, gli imputati erano stati fermati subito dopo aver perpetrato il furto, che la refurtiva era stata rinvenuta integralmente e restituita alle vittime, che avevano subito, oltre al danno morale, il solo danno materiale del parziale danneggiamento della porta d’ingresso e di una persiana in alluminio della loro abitazione.

Con un secondo motivo si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione rispetto al mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva e sulle altre aggravanti contestate e alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena. Con altro atto di impugnazione tutti e tre gli imputati eccepiscono la errata interpretazione dell’art. 624 bis cod. pen. per quanto riguarda la quantificazione della pena edittale, le aggravanti e le attenuanti con riguardo anche alla forma del giudizio abbreviato e la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 cod. pen., n. 6.
Motivi della decisione

I motivi esposti, alcuni dei quali comuni a tutti i ricorsi, sono manifestamente infondati sicchè i gravami di legittimità vanno dichiarati inammissibili.

Quanto alla censura circa la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 il collegio osserva che il comportamento dell’imputato che intenda ottenere la concessione dell’attenuante della riparazione del danno prima del giudizio deve prescindere da considerazioni relative alla prova della sussistenza di un danno risarcibile, ma occorre, invece, che sia tale da eliminare ogni conseguenza dannosa derivante dal commesso reato. Infatti, spetta al giudice di merito accertare se il risarcimento vi sia stato e se esso sia stato integrale e, quindi, tale da giustificare un trattamento sanzionatorio meno rigoroso nei confronti dell’imputato. Nel caso in cui, come quello di specie, la parte offesa abbia rifiutato o abbia dichiarato di voler rinunciare all’offerta in danaro, l’apprezzamento circa la congruità della somma offerta è rimesso al giudizio insindacabile del giudice di merito che però deve dare contezza della sua valutazione. Nel caso sottoposto all’esame del collegio emerge che il tribunale non aveva valutato positivamente la proposta di risarcimento del danno indipendentemente dal rifiuto opposto dalle vittime del furto.

Relativamente agli altri motivi, riguardanti sostanzialmente la dosimetria della pena, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione, ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Corte non solo ammette la ed. motivazione implicita (Cass. sez. 6^ 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo "si ritiene congrua" vedi Cass. sez. 6^ 4 agosto 1998 n. 9120 rv. 211583), ma anche, quando impone un obbligo di motivazione espressa per la concessione di un’attenuante negata dal primo giudice o per l’esclusione di un’aggravante, purchè esista un’esplicita deduzione della censura in appello, presupposto imprescindibile per l’ammissibilità della doglianza in ricorso (Cass. sez. 1^ 30 giugno 1988 n. 7707 rv.

178767, che recepisce un principio pacifico sotto il vigore del precedente e dell’attuale codice di rito), oppure perchè si è effettuata una differente qualificazione di un fatto o si è ritenuto insussistente un reato (Cass. sez. 5^ 29 dicembre 1999 n. 14745 rv.

215198), afferma che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. 3^ 16 giugno 2004 n. 26908 rv. 229298).

Orbene, alla luce di questi pacifici principi, sinteticamente riassunti, tutte le censure su questi aspetti della motivazione dell’impugnata sentenza, puntuale su ognuno di essi e per ciascun appellante, sono infondati. Da ultimo circa la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, avanzata dal solo S., essa non è stata oggetto dei motivi di appello e, pertanto, è inammissibile in questa sede.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore dalla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore dalla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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