Cons. Stato Sez. VI, Sent., 21-06-2011, n. 3723 Concessione per nuove costruzioni modifiche e ristrutturazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

sto e l’avv. dello Stato Paolo Marchini;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’Ente parco nazionale del Cilento e Vallo di Danio impugna la sentenza del Tar Campania, sez. di Salerno, n. 11140 del 2010, resa in forma semplificata, che ha accolto il ricorso degli odierni appellati avverso il diniego di nullaosta adottato dall’appellante nell’ambito di un procedimento di accertamento di conformità afferente taluni interventi edilizi su fabbricato agricolo realizzati in difformità rispetto all’originario titolo abilitativo.

2. Si è costituita la parte appellata per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione. Gli appellati hanno altresì proposto appello incidentale, riproponendo con tale mezzo i motivi rimasti assorbiti nella sentenza di primo grado.

3. All’udienza camerale del 24 maggio 2011, fissata per la delibazione dell’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata, la causa, previa comunicazione ai difensori delle parti, è stata trattenuta per la decisione in forma semplificata.

4. Ritiene anzitutto il Collegio che la manifesta fondatezza nel merito dell’appello consente la definizione del giudizio con sentenza breve, ai sensi del combinato disposto degli artt. 60 e 74 del cod.proc.amm..

4.1 La questione centrale da dirimere attiene alla applicabilità anche ai procedimenti di sanatoria edilizia (e quindi non soltanto limitatamente ai casi ordinari di interventi edilizi ancora da realizzare) dell’art.13 della legge 6 dicembre 1991 n. 394 (recante, nell’insieme,la disciplina normativa delle aree protette).

4.2 Ed invero, nel caso oggetto di causa, in cui i ricorrenti di primo grado, in sede di ristrutturazione di un fabbricato agricolo, hanno eseguito consistenti opere in difformità rispetto all’originario titolo edilizio ed hanno per conseguenza avviato un procedimento di accertamento di conformità (ai sensi dell’art.36 del d.P.R. n. 380/01), la questione da decidere è appunto se si sia legittimamente formato per silentium il titolo assentivo ben prima della adozione del diniego espresso dell’Ente parco, intervenuto oltre il termine di 60 giorni dalla richiesta di nullaosta da parte del Comune di Camerota (ove l’immobile si trova).

Nella impugnata sentenza il Tar, in accoglimento del ricorso, ha ritenuto che si fosse formato il provvedimento abilitativo per silentium già al momento dell’adozione, da parte dell’Ente appellante, del gravato atto negativo ed ha conseguentemente annullato il diniego di nullaosta.

4.3 La censura principale sollevata dall’Ente appellante è al contrario affidata al rilievo secondo cui, nei procedimenti di sanatoria edilizia (attengano questi a veri e propri procedimenti di condono edilizio ovvero, come nella specie, ad atti di accertamento di conformità), sia sempre necessario un provvedimento espresso, con la conseguente piena legittimità del diniego adottato.

La censura è fondata.

Nel procedimento di accertamento di conformità previsto dall’art.36 del d.P.R. n.380/01 (attivato nel caso di specie ad iniziativa della odierna parte privata appellata) è espressamente previsto che l’autorità comunale deve pronunciarsi con provvedimento espresso e con adeguata motivazione nel termine di 60 giorni dalla domanda; decorso tale termine la richiesta si intende rifiutata. Analoga scelta è compiuta in materia di condono edilizio (art. 32 L.n. 47/85), ove al silenzio viene attribuito il significato legale tipico di rifiuto di provvedimento di sanatoria.. Il senso di tali previsioni normative è che un abuso edilizio, quale che sia la sua natura (meramente formale o sostanziale), cristallizza plasticamente una situazione di contrarietà del fatto all’ordinamento giuridico, superabile soltanto a mezzo di una rivalutazione espressa di ogni profilo suscettibile di incidere sulla concreta possibilità di "sanare" l’abuso edilizio, sulla scorta di un puntuale esame nel merito di tutti gli interessi pubblici implicati. Della stessa ratio partecipa d’altra parte l’art. 16 della legge n. 241/90 nella parte in cui non ritiene surrogabile il parere espresso dalle autorità preposte alla tutela di beni paesaggistici ed ambientali, in tale ambito potendosi al più prevedere ipotesi di silenzio devolutivo (che comportano quindi la traslazione della determinazione alla istanza superiore) ma non di silenzio assenso.

4.4 In definitiva dal sistema normativo brevemente in particolare, art. 36 d.P.R. n. 380/01; art. 32 della legge n. 47/85; art. 16 della legge n. 241/90) sembra trarsi il principio, peraltro rispondente ad intuibili esigenze di ragionevolezza e di buon andamento dell’azione amministrativa, secondo cui i provvedimenti di sanatoria, in materia edilizia ed urbanistica, necessitano per regola generale di una forma espressa e non tacita di manifestazione di volontà delle amministrazioni coinvolte nel rilascio del provvedimento assentivo, salvo ipotesi derogatorie introdotte in particolari settori dal legislatore con disposizioni normative ad hoc.

Inserita in tale contesto normativo la dianzi citata disposizione (art. 13 L. 394/91) va quindi letta ed interpretata nel senso che essa trovi applicazione con riguardo agli interventi edilizi da realizzare e non invece ai procedimenti di sanatoria di opere abusive già realizzate.

Ne viene che correttamente l’Ente parco deduce la inconfigurabilità della formazione di una fattispecie assentiva per silentium in un caso in cui la nuova opera realizzata dagli odierni appellati si appalesa contrastante non soltanto con l’originario titolo edilizio, ma anche con le nuove previsioni del piano del parco approvato nel 2009 (che non consentono nuovi interventi edilizi nelle zone a protezione integrale quale appunto quella in cui ricade l’immobile de quo).

5. A conclusioni non diverse peraltro conduce l’esame dell’art. 43 della LR della Campania 22 dicembre 2004 n. 14 nella parte in cui, in materia di accertamenti di conformità delle opere edilizie abusive, prevede un’ipotesi di silenzio devolutivo in favore dell’ente provinciale, nel caso in cui sulla richiesta di accertamento di conformità resti inadempiente l’amministrazione comunale.

Al contrario di quanto sostenuto dalla difesa dell’appellato, anche in sede di discussione orale, la disposizione normativa appena citata conforta nella tesi secondo cui, nella materia dei provvedimenti clemenziali propri del settore urbanisticoedilizio, il legislatore mostra di preferire, anche quando adotta il meccanismo del cosiddetto silenzio devolutivo, l’opzione del provvedimento formale espresso, e ciò in considerazione dei rilevanti interessi pubblici connessi alla tutela del territorio e del paesaggio, a fronte dell’interesse privatistico alla sanatoria dell’opera abusivamente realizzata.

6. Da ultimo, alla luce dei rilievi svolti e della interpretazione che si è data al quadro normativo di riferimento, va osservato che in contrario avviso non può indurre la sentenza di questa Sezione 29 dicembre 2008 n. 6591, nella parte in cui la stessa si è pronunciata per la non abrogazione tacita dell’art. 13 della legge 6 dicembre 1991 n. 394 a seguito della entrata in vigore della legge 14 maggio 2005 n. 80 (che, nell’innovare il contenuto dell’art. 20 della legge 241 del 1990 ha escluso che l’istituto generale del silenzioassenso possa trovare applicazione in materia di tutela paesaggistica). Per quanto detto, l’ipotesi di provvedimento per silentium, prevista dal citato art. 13 della legge n. 394 del 1991, riguarda gli interventi edilizi a farsi e non già quelli già abusivamente realizzati, in ordine ai quali l’interessato deve necessariamente attendere un provvedimento espresso di sanatoria da parte di tutti i soggetti pubblici coinvolti nel procedimento funzionale al rilascio del titolo assentivo.

7. Quanto ai motivi assorbiti, va anzitutto disatteso il motivo di primo grado afferente la pretesa incompetenza del direttore del parco ad adottare i provvedimento del tipo di quello impugnato, sollevato sotto il profilo che sarebbe invece competente il responsabile dell’area tecnica.

7.1 Osserva al riguardo il Collegio che per un verso il direttore del parco, in quanto affidatario, a termini dello Statuto dell’ente (art. 26), di un’ampia competenza in merito all’adozione degli atti di gestione amministrativa (compresi gli atti aventi rilevanza esterna) non risulta essere soggetto incompetente ad adottare ed a trasmettere al Comune di Camerota il contestato diniego di nullaosta; per altro verso, non può dirsi sussistere un autonomo interesse, in capo ai ricorrenti di primo grado, a coltivare la detta censura di incompetenza una volta acclarato che, in tema di sanatoria edilizia, il silenzio non equivale a provvedimento assentivo, di tal che la soddisfazione della pretesa fatta valere dagli originari ricorrenti non può che attuarsi attraverso la espressa e positiva delibazione della compatibilità dell’intervento realizzato con le preminenti esigenze di tutela del parco.

7.2 Ancora, non meritano condivisione le censure di primo grado afferenti le pretese violazioni delle disposizioni afferenti la partecipazione procedimentale (sia sotto il profilo della violazione dell’art.7 che dell’art. 10 bis della legge n. 241/90) avuto riguardo alla ininfluenza causale dell’apporto partecipativo che avrebbero potuto fornire gli interessati, a fronte della conclamata contrarietà dell’intervento edilizio eseguito alla tipologia degli interventi nella zona di protezione integrale in cui ricade l’area interessata.

7.3 Non convince, da ultimo, la prospettazione dei ricorrenti originari secondo cui, trattandosi di immobile esistente da tempo immemorabile, non sarebbe stata necessaria alcuna autorizzazione preventiva dell’Ente parco da rilasciare ai sensi dell’art.7 del d.P.R. 5 giugno 1995 (istitutivo del parco del Cilento). Osserva il Collegio che, al contrario, l’autorizzazione dell’Ente parco doveva ritenersi necessaria (come correttamente ritenuto in sede procedimentale dal Comune di Camerota e dallo stesso Ente parco) proprio in considerazione delle rilevanti modifiche apportate dai ricorrenti al vecchio fabbricato rurale ed introdotte in sede di (non autorizzata) demolizione e ricostruzione del manufatto (essendo consistite, in particolare, dette modifiche nell’uso di materiali edilizi vietati dall’originario titolo nonché nella realizzazione di un nuovo vano interrato).

8.In definitiva, l’appello principale va accolto e, in riforma della impugnata sentenza, va respinto il ricorso originario della attuale parte appellata; va altresì respinto l’appello incidentale.

9.Le spese di lite del doppio grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, in considerazione della particolarità della vicenda trattata e del suo particolare epilogo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando in forma semplificata sul ricorso (r.g. n 2637/2011), come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado. Respinge altresì l’appello incidentale

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *