Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-04-2011) 16-06-2011, n. 24158 Applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

K.R. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale il gip del tribunale di Firenze ha applicato nei suoi confronti la pena concordata ex art. 444 c.p.p..

Rileva che l’intestazione della sentenza riproduceva la contestazione contenuta nel decreto di giudizio immediato essendo riportata la seguente imputazione: "reato di cui all’art. 110 c.p. e al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 – 6 e art. 80, comma 2 perchè, agendo in concorso con altra persona, illecitamente detenevano per fine di cessione a terzi un ingente quantitativo di sostanza stupefacente ed in particolare 12.384 kg di cocaina e 4665 kg di cannabis indica, in Firenze fino al 16 luglio 2009".

Aggiunge che l’accordo con il PM era stato invece raggiunto in relazione ad una diversa formulazione dell’imputazione e, cioè, del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis per avere ricevuto da J.R. e Z.G. ed avere illecitamente detenuto unicamente tre panetti di cocaina del peso complessivo di kg 1,553 che, per quantità, enormemente superiore ai limiti massimi di cui al D.M. 11 aprile 2006, appariva destinata ad un uso non esclusivamente personale in Firenze il 16 luglio 2009.

Ciò in quanto sarebbe emersa – secondo il ricorrente – la sua responsabilità unicamente in relazione al ruolo di mero acquirente di tre panetti di cocaina sequestrati all’interno della sua autovettura al momento dell’arresto.

Di conseguenza – assume K.R. – il gip lo avrebbe dovuto prosciogliere anche dalle rimanenti contestazioni per non avere commesso il fatto limitando la pronuncia di condanna al solo episodio relativo al 16 luglio.

Di qui la dedotta violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) non corrispondendo la ratifica del giudice all’accordo raggiunto dalle parti e pur trattandosi verosimilmente di errore materiale, lo stesso non poteva essere corretto ai sensi dell’art. 130 c.p.p..
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita, pertanto, accoglimento.

Non è in discussione, infatti, che nel caso in esame le parti avevano concordato la pena per l’ipotesi di reato concernente la sola detenzione illecita di circa 1,553 kg di cocaina.

Il tribunale, tuttavia, pur dando atto in motivazione che non sussistevano "i presupposti per una pronuncia più favorevole ex art. 129 c.p.p. alla luce della documentazione in atti se non limitatamente a quelle porzioni di stupefacente che, secondo quanto emerge dagli atti di PG, non è pacificamente ascrivibile anche all’imputatò", ha sì recepito in sentenza la pena finale indicata dalle parti ma ha di fatto stravolto i termini dell’accordo raggiunto.

E ciò in quanto per un verso la sentenza ex art. 444 c.p.p. riporta la contestazione originaria e, per altro verso, non contiene alcuna pronuncia liberatoria nei confronti dell’imputato per i fatti allo stesso non ricondotti.

Non è possibile dunque percorrere la strada dell’art. 130 c.p.p. essendo venuta meno la corrispondenza dell’accordo ratificato a quello raggiunto il che, sul piano degli effetti, oltre al risultato di rendere distonica la motivazione rispetto all’accordo, determina soprattutto l’effetto, certamente pregiudizievole sul piano concreto per il ricorrente, di certificarne la responsabilità anche per episodi rispetto ai quali le parti hanno riconosciuto l’estraneità del ricorrente stesso.

In conformità alla richiesta del procuratore generale ritiene pertanto il Collegio che la sentenza impugnata debba essere annullata senza rinvio e che gli atti debbano essere trasmessi al tribunale di Firenze, ufficio del gip, per un nuovo giudizio.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al tribunale di Firenze per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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