Cons. Stato Sez. VI, Sent., 21-06-2011, n. 3715 Personale non docente

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.A.R. per la Campania respingeva il ricorso proposto dall’odierna appellante per l’annullamento del provvedimento n. 2007/9 del 7 dicembre 2004 dell’Ufficio scolastico regionale per la Campania, con la quale l’istante era stata esclusa dalle graduatorie provinciali ad esaurimento per il conferimento di supplenze del personale ATA – qualifica di assistente amministrativo, per la mancanza del requisito del servizio di 30 giorni nel medesimo profilo, in attuazione della specifica previsione di cui all’art. 1 d.m. 19 aprile 2001, n. 75, nonché per la mancata presentazione di correlativa domanda. Il T.A.R. fondava la pronuncia di accoglimento sul rilievo che l’art. 1, comma 1, d.m. 19 aprile 2001, n. 75, prevedeva espressamente la necessità della domanda per l’inserimento negli elenchi provinciali ad esaurimento per le supplenze di assistente amministrativo, anche per il personale già inserito nelle soppresse graduatorie provinciali per le supplenze, con ulteriore testuale previsione del requisito dei 30 giorni di servizio, prestato nel medesimo profilo professionale, quale titolo legittimante per la presentazione della domanda. Escludeva che sulla legittimità del gravato provvedimento avesse inciso l’asserito contrasto della normativa regolamentare con l’art. 1, comma 6, l. 27 ottobre 2000, n. 306, che prevedeva il requisito di servizio in esame solo per l’aggiornamento e l’integrazione delle graduatorie provinciali ad esaurimento per il conferimento di supplenze al personale appartenente al profilo professionale di collaboratore scolastico (e non anche di assistente amministrativo). Escludeva, infine, che la limitazione di cui al d.m. 19 aprile 2001, n. 75, peraltro impugnato tardivamente, concernente il possesso del requisito del possesso del pregresso periodo di 30 giorni di servizio – cui era collegata la necessità di presentare una nuova domanda d’inserimento nelle graduatorie anche per coloro che erano già iscritti nelle soppresse graduatorie d’assistente -, potesse considerarsi illegittima, afferendo la limitazione in esame al potere discrezionale dell’amministrazione, il cui esercizio non poteva ritenersi irragionevole.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello la ricorrente soccombente, deducendo i seguenti motivi:

a) il travisamento delle circostanze di fatto e di diritto e l’erronea interpretazione e applicazione del d.m. 19 aprile 2001, n. 75, essendo per un verso pacifica la pregressa iscrizione dell’appellante nelle vecchie graduatorie permanenti di supplenza degli assistenti tecnici amministrativi, e potendo per altro verso il requisito di servizio riguardare solo i nuovi aspiranti, mentre la l. 27 ottobre 2000, n. 306 prevedeva tale requisito solo per i collaboratori scolastici e non anche per gli assistenti amministrativi;

b) l’omessa pronuncia sull’illegittimità del d.m. 19 aprile 2001, n. 75, per contrasto con le sovraordinate fonti legislative, in specie con l’art. 4 l. 3 maggio 1999, n. 124, che non prevedeva il requisito di servizio;

c) l’"eccesso di potere per violazione del principio di affidamento" (v. così, testualmente, la rubrica del motivo in esame), in quanto il d.l. n. 57/1987, convertito in l. n. 158/1987, aveva garantito la stabilità e la certezza nel tempo dell’iscrizione nelle graduatorie provinciali degli assistenti amministrativi (cosiddette graduatorie ATA), nonché per contraddittorietà con l’o.m. 21 febbraio 1994, n. 59 che, conformemente al d.l. n. 57/1987, aveva ribadito la natura permanente e stabile delle graduatorie ATA, oltreché per illogicità e irragionevolezza manifesta;

d) la violazione del principio di legalità e di tipicità per la divergenza del gravato provvedimento dal paradigma legale.

Chiedeva dunque, in riforma della gravata sentenza, l’accoglimento del ricorso in primo grado.

3. Si costituiva l’Amministrazione appellata, resistendo, mentre omettevano di costituirsi i controinteressati intervenuti in primo grado.

4. Accolta l’istanza di sospensiva, all’udienza pubblica del 12 aprile 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

5. L’appello è infondato e deve essere disatteso.

5.1. Inammissibili sono i motivi d’appello dedotti sub 2.b), 2.c) e 2.d), trattandosi di motivi nuovi, non dedotti nel ricorso di primo grado e dunque preclusi per contrasto con il divieto dello ius novorum in appello che non permette l’immutazione della causa petendi introdotta in primo grado. Peraltro, già nell’impugnata sentenza è stata rilevata l’inammissibilità dei motivi articolati solo in corso di causa, con memoria depositata il 17 maggio 2006 e non notificata alle controparti (v. punto V. della gravata sentenza), senza che la relativa statuizione d’inammissibilità fosse stata investita da specifico motivo d’appello.

5.2. Privo di pregio è il motivo d’appello, di cui sopra sub 2.a).

Secondo ormai consolidato orientamento di questo Consiglio, da cui non v’è motivo di discostarsi (cfr. C.d.S., Sez. VI, 23 febbraio 2011, n. 1111; C.d.S., Sez. VI, 10 gennaio 2011, n. 30; C.d.S., Sez. VI, 21 maggio 2005, n. 2190), sebbene la fonte normativa primaria (art. 4, comma 11, l. 3 maggio 1999, n. 124) non prevedesse che per l’inserimento negli elenchi per le supplenze temporanee del personale scolastico ATA occorresse un periodo minimo di servizio, la stessa nemmeno escludeva che un tale requisito potesse essere introdotto in sede di regolamentazione attuativa; anzi, il precedente comma 5 dello stesso art. 4 l. 3 maggio 1999, n. 124, nel delegare al Ministero l’emanazione di un regolamento d’esecuzione per la disciplina del conferimento delle supplenze annuali e temporanee, richiedeva l’adozione della procedura di cui alla l. 23 agosto 1988, n. 400, con il solo limite del rispetto dei criteri di cui ai commi successivi, che alcuna preclusione disponevano per l’eventuale introduzione di condizioni limitative nella formazione delle graduatorie degli aspiranti ad incarichi. Ne è stata tratta la conclusione, condivisa da questo Collegio, che non può considerasi illegittima la limitazione di cui all’art. 2 d.m. 13 dicembre 2000, n. 430 (esecutivo della citata norma legislativa), riprodotta nel successivo bando di cui al d.m. 19 aprile 2001, n. 75 (che ha trovato puntuale applicazione nel caso in esame), concernente la necessità del possesso del pregresso periodo di 30 giorni di servizio, afferendo siffatta limitazione al potere discrezionale dell’amministrazione, il cui legittimo esercizio era garantito dalla particolare gravosità del procedimento per l’adozione del regolamento (che, facendo riferimento alla l. n. 400/1988, implicava l’acquisizione del parere del Consiglio di Stato).

In adesione al citato orientamento giurisprudenziale va, altresì, esclusa l’irrazionalità dell’introdotta limitazione con riferimento ai criteri cui l’amministrazione delegata si doveva attenere per la formazione delle graduatorie ai sensi del comma 7 del citato art. 4 l. 3 maggio 1999, n. 124, in quanto, per tali criteri, la disposizione imponeva soltanto il rispetto dei principi di semplificazione e snellimento delle procedure con riguardo anche all’onere di documentazione a carico degli aspiranti. Né tale limite può ritenersi irragionevole con riferimento alla sua introduzione anche per gli iscritti nei precedenti elenchi, poiché la nuova disciplina afferiva ad un momento temporale diverso che poteva consentire una diversità di disciplina. Non appare, poi, configurabile alcuna violazione dei principi di uguaglianza, imparzialità e correttezza e del diritto al lavoro, essendo evidente che diversa è la situazione di chi possiede il requisito in esame da chi non lo possiede (requisito, del resto, in sé ragionevole, essendo l’inserimento nelle nuove graduatorie stato collegato alla maturazione di una, per quanto modesta, attività effettiva di servizio).

Infine, nessun rilievo può assumere la circostanza che il successivo art. 1, comma 6, d.l. n. 240/2000, convertito nella l. n. 306/2000, abbia previsto il possesso del requisito dei 30 giorni di servizio per l’inserimento nelle graduatorie provinciali (poi disciplinate dal d.m. n. 75/2001) relativamente al solo profilo di collaboratore scolastico, trattandosi, invero, di una norma specifica destinata a disciplinare le graduatorie relative a detta categoria di personale, senza che ciò possa incidere sulla legittimità della scelta operata nel d.m. n. 75/2001 di richiedere il requisito dei 30 giorni di servizio anche per il personale che, come la ricorrente, collocata nelle soppresse graduatorie permanenti di supplenza del personale ATA, aspirava all’inserimento in quelle di assistente amministrativo.

È quindi da ritenersi, in definitiva, che la prescrizione relativa al possesso del requisito dei 30 giorni di servizio, contenuta nel ripetuto d.m. n. 75/2001, si riferisse, in effetti, non solo ai nuovi graduati, ma – come correttamente ritenuto dai primi giudici – anche a coloro che, come l’odierna appellante, erano collocati nelle pregresse graduatorie.

6. Per le esposte ragioni, l’appello deve essere disatteso.

Considerata la natura della controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del grado interamente compensate fra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; dichiara le spese del presente grado interamente compensate fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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