Cass. civ. Sez. I, Sent., 26-10-2011, n. 22312 Divorzio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Taranto, con sentenza non definitiva dell’11/7/2003, dichiarava cessati gli effetti civili del matrimonio tra V. C. e A.A.. Con sentenza definitiva in data 9/6- 12/7/2006, il medesimo Tribunale affidava il figlio minore R. alla madre, cui assegnava la casa coniugale; condannava il marito a corrispondere assegno per il figlio e per la moglie.

Proponeva appello, il V. chiedendo revocarsi o, in subordine, ridursi l’assegno per la moglie. Costituitosi il contraddittorio la A. chiedeva rigettarsi l’appello. La Corte d’Appello di Lecce, con sentenza 16/5-18/7/2007, in parziale accoglimento dell’appello, riduceva l’importo dell’assegno mensile ad Euro 150,00.

Ricorre per cassazione il V., sulla base di due motivi.

Resiste, con controricorso, la A..
Motivi della decisione

Con il primo motivo, il V. lamenta violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, contestando la sussistenza dei presupposti dell’assegno divorzile.

Il motivo è inammissibile: non si da conto di una specifica violazione ovvero falsa od erronea interpretazione della predetta norma, ma si contesta che il giudice a quo, sulla base di una situazione di fatto erroneamente accertata, abbia affermato la spettanza alla A. dell’assegno divorzile.

La censura riguarda quindi una valutazione di fatto, da ricollegarsi semmai ad un vizio di motivazione. E significativamente il quesito formulato, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., abrogato, ma ancora operante per i rapporti pregressi, riguarda appunto una valutazione di fatto: l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto durante la convivenza matrimoniale, e la volontarietà dell’abbandono da parte del coniuge stesso della professione forense.

Il motivo appare altresì non autosufficiente, non precisando l’entità dei redditi dell’ A., quando flessa svolgeva attività forense (va ricordato che secondo la Corte d’Appello, il divario reddituale tra le parti esisteva anche in passato).

Il secondo motivo, attinente a vizio di motivazione, è parimenti inammissibile per assenza della sintesi (omologa al quesito di diritto) di cui al predetto art. 366 bis c.p.c., inerente al fatto controverso e alla sua rilevanza a fini decisori (per tutte, Cass. n. 2694 del 2008).

Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità; che liquida in Euro 1.000,00 per onorari e Euro 200.00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge. A norma del D.L. n. 196 del 2003, art. 52, in caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri atti identificativi delle parti, dei minori e dei parenti, in quanto imposto dalla legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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