Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-03-2011) 16-06-2011, n. 24121 Circolazione stradale colpa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- Con sentenza del 14 luglio 2008, il Tribunale di Torino ha ritenuto R.C. colpevole del delitto di omicidio colposo commesso, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, in pregiudizio di M.M..

In fatto, è accaduto che l’imputato, nel percorrere, alla guida della propria auto "Alfa Romeo 147", la via (OMISSIS), giunto all’incrocio con (OMISSIS) regolato da impianto semaforico risultato perfettamente funzionante, si è scontrato con l’auto "Ford Fiesta" che percorreva il (OMISSIS), in direzione di (OMISSIS), alla cui guida si trovava il M.. A seguito dello scontro, che ha interessato la parte frontale della "147" e la fiancata sinistra della "Fiesta", il M. ha riportato gravi lesioni che ne hanno causato il decesso.

Dalla ricostruzione dell’incidente effettuata dal consulente del PM si è accertato che al momento dell’impatto la "147" dell’imputato viaggiava alla velocità di 73,4 km orari (inferiore, secondo il consulente dell’imputato, ma comunque superiore a quella consentita), mentre la "Fiesta" del M. a quella di 25,9 km orari; sul posto, ovviamente, vigeva il limite ordinario di velocità, previsto per i centri abitati, di 50 km orari. Non è stato possibile, invece, stabilire con certezza quali luci proiettassero gli impianti semaforici al momento dell’inizio dell’attraversamento dell’incrocio da parte delle due autovetture. A tale proposito, hanno fornito dei contributi i tre giovani che si trovavano a bordo dell’auto dell’imputato ( H.D., Ia.Pa. e E.M.) ed il conducente di un autobus della linea metropolitana, P. G., che viaggiava nella stessa direzione di marcia della "Fiesta" dietro la quale, prima dell’incidente, egli si trovava fermo in attesa che scattasse la luce verde del semaforo.

Alla stregua di tali emergenze probatorie, il tribunale ha sostenuto che, verosimilmente, l’auto dell’imputato aveva impegnato l’incrocio quando era già scattata la luce rossa, mentre, viceversa, l’auto del M. era regolarmente ripartita dopo l’accensione, dalla parte di (OMISSIS), della luce verde. Il giudice di primo grado ha ritenuto, data la mancanza di certezze sul punto, che dovesse ritenersi poco verosimile che il M., fermo all’incrocio in attesa del "verde", ne avesse iniziato l’attraversamento quando ancora il semaforo proiettava luce rossa, di guisa che doveva ritenersi che era stato proprio l’imputato, lanciato a notevole velocità, ad impegnare l’incrocio quando il "rosso" era già scattato. In ogni caso, ha ancora sostenuto il primo giudice, dalla testimonianza del P. e dal calcolo delle distanze, dei tempi di percorrenza dell’incrocio e di durata delle diverse fasi semaforiche (rosso, giallo, verde), doveva ritenersi certo che l’imputato aveva iniziato l’attraversamento dell’incrocio quando il semaforo proiettava luce gialla, scattata quando l’auto si trovava (secondo i calcoli del consulente del PM) ad una distanza di 21 metri, e dunque anche in tal caso sussisteva la colpa a carico dell’imputato, sia pure concorrente con quella della vittima che aveva attraversato con il "rosso".

Su appello proposto dall’imputato, la Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 30 aprile 2010, lo ha assolto da ogni addebito perchè il fatto non costituisce reato.

La corte territoriale ha ritenuto che permanesse il dubbio circa le luci proiettate dall’impianto semaforico al momento dell’attraversamento dell’incrocio da parte delle due auto. Ciò anche perchè quantomeno due dei giovani che si trovavano a bordo della "147" hanno sostenuto che l’imputato aveva attraversato l’incrocio con il "verde". Affermazioni a fronte delle quali il primo giudice aveva solo fatto delle valutazioni di "verosimiglianza".

Anche l’ipotesi, dedotta dalla testimonianza del P., che l’auto dell’imputato avesse attraversato l’incrocio con luce verde- gialla, doveva essere considerata con prudenza, nel senso che, variando anche solo lievemente i dati temporali forniti dal teste, ne discenderebbe che al momento in cui era scattato il "giallo", l’auto dell’imputato si trovava ormai a poca distanza dall’incrocio, inferiore ai 21 metri ipotizzati, e non avrebbe più avuto il tempo di arrestarsi. Di qui la decisione assolutoria.

Avverso tale sentenza ricorrono, deducendo motivi sostanzialmente sovrapponigli, il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Torino e le parti civili I.M.F. (anche nella qualità di esercente la potestà genitoriale sulla minore M.L.) e C.L., che denunciano inosservanza ed erronea applicazione di norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale.

Sostengono i ricorrenti che non può essere condivisa l’affermazione del giudice del gravame, secondo cui la velocità eccessiva tenuta dall’auto dell’imputato al momento dell’incidente sarebbe irrilevante in relazione alla causazione del sinistro, in quanto frutto di un’errata applicazione della legge penale. In particolare, degli artt. 140 e segg. C.d.s. che impongono al conducente che si trovi in prossimità di un incrocio, pur se regolato da impianti semaforici, di moderare la propria velocità e quindi di mantenerla, eventualmente, anche al di sotto del limite di 50 km orari. Ha errato, poi, secondo i ricorrenti, la corte territoriale laddove ha escluso che una velocità più adeguata ai luoghi avrebbe consentito all’imputato di porre in essere manovre di emergenza idonee ad evitare l’impatto, ovvero a renderne meno gravi le conseguenze. Su tali punti i ricorrenti denunciano anche il vizio di motivazione della sentenza impugnata.

-2- I ricorsi sono fondati e devono essere, dunque, accolti.

Il principale passaggio motivazionale posto a fondamento della decisione impugnata è costituito dalla sostanziale impossibilità, a giudizio della corte territoriale, di affermare con la necessaria certezza che l’imputato avesse impegnato l’incrocio stradale con luce semaforica rossa; ciò ha sostenuto il giudice del gravame alla stregua delle dichiarazioni testimoniali acquisite, secondo le quali il R. aveva attraversato l’incrocio con semaforo verde (testi Ia. e H., trasportati nell’auto dell’imputato), ovvero verde-giallo (teste P.). Non essendo stato accertato, ha precisato lo stesso giudice, che l’imputato avesse impegnato l’incrocio con semaforo rosso e dovendosi anche valutare con una certa elasticità l’ipotesi, prospettata dal P., che egli fosse transitato con luce semaforica verde-gialla, in considerazione dei ristretti dati temporali forniti dal teste, il R. doveva esser mandato assolto.

Altro significativo passaggio motivazionale ha riguardato la velocità tenuta dall’imputato al momento dell’incidente. A tale proposito, la corte territoriale ha ricordato che le norme sulla circolazione stradale impongono ai conducenti dei veicoli, che al momento dell’accensione della luce gialla si trovino così prossimi alla linea di arresto dell’incrocio da non potersi arrestare in condizioni di sicurezza, di sgombrare sollecitamente l’area di intersezione; ha poi rilevato che, ove anche l’imputato avesse tenuto una velocità di 50 km orari, non avrebbe fatto in tempo a fermarsi una volta scattato il giallo, ed ancora, che non vi era ragione alcuna che consigliasse di tenere una velocità inferiore al massimo consentito e che lo stesso imputato si era visto sbarrare la strada dalla "Ford" all’improvviso, tanto da essere stato impedito dall’effettuare qualsiasi manovra di emergenza. In definitiva, la velocità eccessiva, pur riconosciuta, alla quale il R. procedeva, doveva ritenersi, secondo la corte territoriale, irrilevante in relazione alla causazione del sinistro.

Orbene, ritiene la Corte che tali argomentazioni prestino il fianco alle censure proposte con i ricorsi.

L’art. 142 C.d.S. prevede che, ai fini della sicurezza della circolazione e della tutela della vita umana, in centro abitato – quale è pacificamente considerato il luogo ove l’incidente si è verificato – la velocità dei veicoli non può superare i 50 km orari.

L’art. 141 C.d.S., impone al conducente di regolare la velocità del proprio veicolo in modo da evitare ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose e di porsi sempre nelle condizioni di mantenerne il controllo; in particolare, detta norma prevede che il conducente deve regolare la velocità in prossimità delle intersezioni stradali.

L’art. 145 C.d.S. ancora in tema di intersezioni stradali, dispone che il conducente, approssimandosi ad esse, deve usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti.

Di tale complesso normativo, assolutamente chiaro e pertinente rispetto alla tesi accusatoria, la corte territoriale non ha tenuto conto alcuno, nel senso che a tali disposizioni di legge non ha rapportato, come pure sarebbe stato necessario, la condotta dell’imputato, essenzialmente valutata solo con riferimento al colore della luce proiettata dal semaforo al momento in cui egli si apprestava ad impegnare l’incrocio, laddove sarebbe stato necessario, ancor prima, esaminare il comportamento che ha caratterizzato l’approccio dell’imputato al crocevia. Il tema del processo, cioè, era rappresentato dall’accertamento, non solo del diritto dell’imputato alla precedenza, ma anche della sua complessiva condotta di guida; dalla verifica del rispetto, da parte dello stesso, delle regole di prudenza generiche (diligenza, prudenza, perizia) e specifiche (rispetto di leggi, regolamenti, ordini e discipline); in particolare del rispetto, nell’apprestarsi ad attraversare l’incrocio, non solo dei limiti di velocità, ma anche delle esigenze di adeguatezza della stessa alle particolari condizioni della strada e del traffico, nonchè dell’ora serale, che avrebbero potuto anche indurlo a rallentare la propria andatura ed a portarla anche al di sotto del limite massimo consentito.

Proprio nell’ambito della doverosa verifica della condotta dell’imputato, la corte territoriale avrebbe dovuto accertare se, nel richiamato frangente, costui avesse rispettato le disposizioni di legge sopra citate; se si fosse adeguato alle regole generali di prudenza e diligenza che sempre devono ispirare l’agire dell’uomo; se nell’approssimarsi, in ora serale, ad un importante incrocio stradale di un centro abitato avesse moderato la velocità, proprio anche nella previsione che potesse scattare la luce gialla del semaforo, tanto da essere nelle condizioni di ricorrere, pur davanti ad altrui condotte illecite o imprudenti, ad eventuali manovre di emergenza.

Non ha, poi, tenuto il giudice del gravame alcun conto della risalente e concorde giurisprudenza di questa Corte (Cass. nn. 148/69, 8319/81, 10043/81, 4693/85, 9396/87, 9423/88, 10358/88, 11247/91, 12789/2000, 40301/2007), secondo cui l’obbligo di ridurre la velocità all’approssimarsi ad un incrocio e di impegnare con prudenza ed a velocità particolarmente moderata l’area del crocevia, non ammette regole di sorta e sussiste a carico di ogni conducente, anche di colui che circoli su strada che assegni il diritto di precedenza ovvero che, in presenza di impianto semaforico, abbia il segnale di via libera. Ciò perchè il diritto di precedenza non esonera il conducente dall’obbligo di porre la massima attenzione anche in relazione ai pericoli che possano sorgere da comportamenti illeciti o imprudenti da parte di altri utenti della strada che, non attenendosi ai segnali, non gli accordino la dovuta precedenza.

Peraltro, laddove si è posto il tema della velocità alla quale procedeva, al momento dell’incidente, l’auto dell’imputato, il giudice del gravame lo ha fatto argomentando in termini di evidente genericità e di manifesta illogicità, giungendo a conclusioni inaccettabili. Tali vizi argomentativi si colgono laddove, per giungere alla conclusione che la velocità della "147" non aveva avuto alcun rilievo causale nella determinazione dell’evento, lo stesso giudice ha sostenuto che, poichè la luce gialla del semaforo si era accesa quando ormai l’auto si trovava in prossimità della linea d’arresto dell’incrocio e poichè lo spazio a disposizione del R. era troppo ristretto per consentirgli di arrestarsi in sicurezza, doveva concludersi necessariamente nel senso che, ove anche avesse proceduto alla velocità di 50 km orari, l’imputato non sarebbe riuscito ad arrestare la propria auto, anche perchè, ha aggiunto il medesimo giudice, l’auto della vittima aveva sbarrato improvvisamente la strada. Laddove non è stato chiarito da quali elementi probatori lo stesso giudice abbia tratto la convinzione che il semaforo aveva fatto scattare la luce gialla quando il R. era giunto in prossimità della linea di arresto e non prima, nè ha spiegato perchè, nel valutare i tempi di arresto, ha avuto quale punto di riferimento la velocità di 50 km orari e non una velocità più contenuta, che pur sarebbe stata auspicabile in quel frangente.

Nè sono state chiarite le ragioni per le quali ha ritenuto che l’auto del M. aveva sbarrato improvvisamente la strada all’imputato.

Nel suo argomentare, peraltro, la corte territoriale non ha considerato che il procedere alla velocità di 50 km orari rappresenta il limite massimo consentito nei centri abitati, non un diritto del conducente; la stessa corte non si è chiesta se una velocità più consona ai luoghi avrebbe posto il R., ove anche giunto in prossimità del limite di arresto, nelle condizioni di evitare l’urto, o almeno di renderne meno gravi le conseguenze.

Sorprendente è, poi, l’affermazione secondo cui non vi sarebbe stata ragione alcuna che imponesse all’imputato di procedere ad una velocità inferiore ai 50 km consentiti; affermazione che ignora le norme del codice stradale sopra richiamate, che impongono di adeguare la velocità alle condizioni della strada e del traffico, di ridurla in prossimità degli incroci, di uniformare, in generale, la condotta di guida al rispetto delle regole di prudenza alle quali deve sempre richiamarsi l’utente della strada.

Si impone, quindi, un riesame della vicenda processuale, nel rispetto dei principi sopra richiamati e di quelli ancora affermati da questa Corte in materia di responsabilità da circolazione veicolare, secondo i quali l’utente della strada è esente da penale responsabilità solo quando si accerti che la sua condotta sia stata immune da qualsiasi addebito sotto i profili sia della colpa specifica che della colpa generica e che la eventuale individuazione di profili di colpa anche nei riguardi di terzi non basta ad escludere la responsabilità del conducente (Cass. n. 34761/06).

La sentenza impugnata deve essere, in conclusione, annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino, cui demanda anche il regolamento, tra le parti, delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino, cui demanda anche il regolamento delle spese tra le parti per questo giudizio.

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