Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-03-2011) 16-06-2011, n. 24155 Impugnazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. B.G. e B.C. venivano giudicati per il reato di discarica abusiva (D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51) dal tribunale di Lodi e, con sentenza del 9 luglio 2002, venivano condannati alla pena di mesi sei di arresto ed Euro 10.000,00 di ammenda ciascuno, con pena sospesa subordinata alla bonifica ed al ripristino dello stato dei luoghi, nonchè al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio, in favore della costituita parte civile, con assegnazione di provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 5.000,00.

A seguito di impugnazione degli imputati la Corte di appello di Milano, con sentenza del 16 aprile 2003, confermava l’impugnata decisione.

Impugnata con ricorso per cassazione tale ultima sentenza, questa corte, con decisione del 27 gennaio 2004, accertava la estinzione del reato per intervenuta prescrizione e confermava le statuizioni civili.

2. I B. chiedevano la revisione della sentenza di non luogo a procedere, sussistendo un loro interesse all’accertamento della originaria insussistenza del fatto.

Al tal fine esponevano che in data 9 marzo 2004 erano iniziati gli accertamenti prodromici alla elaborazione del piano di bonifica ambientale, da cui risultava che l’attività di abusivo riempimento non si era estesa oltre il metro di profondità e chiedevano l’acquisizione, come prove nuove, del documento elaborato dagli organi amministrativi in tale occasione; della relazione finale sullo stato del sito elaborata in data 3 agosto 2005; del verbale della conferenza dei servizi, con il quale veniva dichiarata la fine dei lavori e l’avvenuto ripristino dei luoghi in data 5 agosto 2005, dai quali risultava che il rifiuto era speciale non pericoloso e che l’intervento ha comportato l’asportazione di complessive tonnellate 7.409,7 di materiale poi trattato; di ulteriori rilievi aerofotogrammetrici, oltre quelli già acquisiti dal PM durante l’istruttoria dibattimentale; di due relazioni di consulenza tecnica sui dati sopra indicati, al fine di dimostrare che tutto il materiale asportato si trovava già sul luogo nel 1994.

Chiedevano pertanto la declaratoria di ammissibilità dell’istanza di revisione del processo.

3. Con ordinanza del 3.7.2009 della Corte d’appello di Brescia ha dichiarato l’inammissibilità dell’ordinanza di revisione.

Avverso questa pronuncia i B. propongono ricorso per cassazione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso, che sostiene l’ammissibilità della revisione anche di sentenze di non luogo a procedere, è inammissibile perchè manifestamente infondato.

Come ha correttamente rilevato la Corte distrettuale, l’art. 629 c.p.p. stabilisce che è ammessa in ogni tempo, a favore dei condannati, nei casi determinati dalla legge, la revisione delle sentenza di condanna e dei decreti penali; facoltà poi estesa alle sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 c.p.p., con L. 12 giugno 2003.

Quindi la revisione è un mezzo, sia pur straordinario, di impugnazione, per cui anche per essa opera il principio di tassatività di cui all’art. 568 c.p.p., comma 1; ne consegue che, riguardando l’art. 629 c.p.p. soltanto le sentenze di condanna, le sentenze che dichiarino l’estinzione del reato, confermando le statuizioni civili della precedente sentenza, non sono suscettibili di revisione.

In proposito questa Corte (sez. 5^, 24 febbraio 2004 – 6 aprile 2004, n. 15973) ha già affermato che l’istituto della revisione è un mezzo straordinario di impugnazione esperibile esclusivamente nei confronti di sentenze o decreti penali di condanna, con la conseguente esclusione di sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere; in virtù del principio di tassatività non sono, pertanto, assoggettabili a revisione le sentenze di applicazione di amnistia, che comportano l’estinzione del reato.

Principio che può essere ora ribadito non senza considerare che la recente dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 630 c.p.p. (sent. n. 113 del 2011), per effetto della quale è stata introdotta una nuova fattispecie di revisione in riferimento alla possibile violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, non induce ad alcun revirement con riferimento alla fattispecie ora in esame, dovendo trattarsi pur sempre di revisione della sentenza o del decreto penale di condanna e non già di proscioglimento.

3. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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