Cass. civ. Sez. V, Sent., 26-10-2011, n. 22272 Imposta di registro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Liguria n. 122/14/05, depositata l’1 febbraio 2006, con la quale, rigettato il suo appello contro quella di primo grado, non veniva riconosciuto legittimo il rifiuto alla definizione della lite nei confronti di A. ed L.O. e P.R., i quali avevano impugnato l’avviso di liquidazione di maggiore imposta di registro in materia di successione. In particolare il giudice di appello affermava che, nonostante la denominazione, l’atto impugnato concerneva l’applicazione di una diversa aliquota rispetto a quella indicata dai contribuenti, quindi era costituito "lato sensu" da carattere impositivo.

I contribuenti hanno resistito con controricorso.
Motivi della decisione

Preliminarmente va rilevato che la dedotta genericità del ricorso eccepita dai controricorrenti non si ravvisa, atteso che il gravame contiene gli elementi necessari e sufficienti per prospettare il contenuto della controversia anche nella sua evoluzione contenziosa, sicchè la questione va disattesa.

Ciò premesso, col motivo addotto a sostegno del ricorso la ricorrente deduce violazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, in quanto la CTR non considerava che l’avviso di liquidazione non costituiva atto impositivo, bensì di esecuzione, e quindi non consentiva la definizione della controversia col condono invocato.

Si tratta all’evidenza di censura infondata, in quanto in tema di condono fiscale, esulano dal concetto normativo di lite pendente, e quindi dalla possibilità di definizione agevolata ai sensi dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, soltanto le controversie aventi ad oggetto provvedimenti di mera liquidazione del tributo, emanati senza il previo esercizio da un potere discrezionale dell’amministrazione, cioè senza accertamento o rettifica e senza applicazione di sanzioni. Rientra pertanto nell’ambito applicativo del beneficio l’impugnazione dell’avviso di liquidazione dell’imposta di successione, il quale comporta sempre una previa valutazione, da parte dell’ufficio finanziario, della congruità dei valori e dell’effettiva esistenza delle passività dichiarate, dovendo esso ufficio, in caso di dichiarazione incompleta o infedele, procedere alla rettifica, ai sensi del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 27, comma 3. Ciò implica che, allorquando alla rettifica non si sia proceduto, non è affatto mancata la valutazione, ma questa è consistita nel giudicare congrui i valori dichiarati. L’avviso di liquidazione dell’imposta di successione è quindi compreso fra gli atti impositivi cui si riferisce l’art. 16 della legge di condono, contenendo necessariamente una salutazione di congruità, e non essendo finalizzato alla mera o automatica liquidazione e riscossione dell’imposta, in base a valori incontestati ed a parametri prestabiliti, in particolare quando si contesti l’aliquota applicata e l’importo dovuto, come nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 6120 del 16/03/2011, n. 18840 del 30/08/2006). Infatti i contribuenti contestavano l’aliquota applicata dall’amministrazione con l’atto impugnato, che perciò non costituiva un mero calcolo d’imposta con metodo matematico.

Ne discende che il ricorso va rigettato.

Quanto alle spese del giudizio, sussistono giusti motivi per compensarle, tenuto conto del carattere formale dell’atto originariamente impugnato e tuttavia del contenuto sostanzialmente impositivo.
P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso, e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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