Cass. civ. Sez. V, Sent., 26-10-2011, n. 22266 Avviso di accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 41/14/09, depositata il 20.4.09, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Livorno avverso la decisione di primo grado, con la quale era stato accolto il ricorso proposto dall’associazione Armunia Festival Costa degli Etruschi nei confronti dell’avviso di accertamento ai fini IRPEG ed IRAP per l’anno 2000, ed ai fini IVA per lo stesso anno.

2. La CTR escludeva, invero, l’esistenza di operazioni di natura contrattuale svolte dall’associazione Armunia Festival Costa degli Etruschi nei confronti degli associati, tali da consentire di ravvisare nei versamenti effettuati dai soci in eccedenza rispetto alla quota associativa minima, dei ricavi non contabilizzati in violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 53 e dei corrispettivi di prestazioni di servizi effettuate nell’esercizio di impresa, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 3 e 4, piuttosto che meri conferimenti a fondo perduto per il perseguimento dello scopo sociale dell’ente.

3. Per la cassazione della sentenza n. 41/14/09 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, formulando un solo motivo, al quale l’intimata ha replicato con controricorso.
Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce l’omessa o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia.

1.1. Osserva invero, al riguardo, l’Agenzia delle Entrate che la CTR avrebbe omesso di accertare e di darne conto adeguatamente in motivazione, benchè la circostanza avesse costituito oggetto di specifiche deduzioni dell’amministrazione contenute nel proprio atto di appello, che la contribuente associazione Armunia Festival Costa degli Etruschi era un soggetto esercente attività commerciale, e che la stessa – in tale qualità – aveva effettuato, a favore dei Comuni soci, prestazioni di servizi nel settore dello spettacolo, in adempimento di specifici impegni di natura contrattuale.

Ne deriverebbe, a parere dell’amministrazione ricorrente, che le somme versate dai soci oltre la quota minima associativa, men che costituire – come affermato dall’impugnata sentenza – conferimenti aventi lo scopo di consentire all’associazione di perseguire gli scopi per i quali è stata costituita, ossia versamenti a fondo perduto, concreterebbero, piuttosto, ricavi non contabilizzati, in violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 53 e corrispettivi di prestazioni di servizi effettuate nell’esercizio di impresa, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 3 e 4; gli uni e gli altri, dunque, illegittimamente sottratti alla relativa tassazione.

2. Il motivo è infondato e va disatteso.

2.1. Va osservato, infatti, che la deduzione di un vizio di motivazione della decisione impugnata con ricorso per cassazione conferisce alla Corte, non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, al fine di rivedere il ragionamento decisorio poichè non conforme alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi presi in considerazione.

E’, per vero, fin troppo evidente che, in siffatta ipotesi, il motivo di ricorso si tradurrebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice stesso, volta ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione.

2.2. La denuncia del vizio di motivazione può comportare, dunque, soltanto una verifica, da parte del giudice di legittimità, della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale dell’iter argomentativo seguito dal giudice di merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento, scegliendo – dopo avere valutato l’attendibilità e la concludenza delle prove assunte – tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a comprovare i fatti in discussione (cfr., ex plurimis, Cass., 2272/07, 27162/09, 6694/09, 6288/11).

2.3. Ebbene, nel caso di specie, la CTR è pervenuta alla conclusione di escludere la tassabilità dei conferimenti dei soci, ai sensi delle disposizioni summenzionate, sulla base della ricostruzione della fattispecie concreta operata alla stregua delle risultanze documentali in atti e delle allegazioni delle parti, che hanno indotto il giudice di appello ad escludere che fossero ravvisabili, nel caso di specie, prestazioni contrattuali di sorta, poste in essere dall’associazione Armunia, e costituenti, pertanto, operazioni imponibili ai fini IRPEG ed IVA. Ne discende che la deduzione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, della pretesa erroneità di tali valutazioni operate in fatto dal giudice di appello, si traduce in un’istanza di riesame del merito della controversia, del tutto inammissibile in questa sede.

L’amministrazione si è limitata, invero, a sottoporre a questa Corte gli stessi elementi di fatto (scopo dell’associazione risultante dallo statuto, natura dei contributi, dichiarazioni rese dal consulente dell’associazione, ecc.) già sottoposti alla valutazione della CTR nel giudizio di appello, chiedendone – in buona sostanza – una rivisitazione del tutto incompatibile con la natura ed i limiti del giudizio di legittimità. 3. Per tutte le ragioni suesposte, pertanto, il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate non può che essere rigettato, con conseguente condanna dell’amministrazione ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dall’intimata.
P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate; condanna l’amministrazione ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dall’intimata nel presente giudizio, che liquida in Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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