Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-02-2011) 16-06-2011, n. 24145 Reato continuato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza deliberata il 23 marzo 2010 e depositata il successivo 4 maggio, la Corte di appello di Roma ha respinto la domanda di P.C. diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato con riferimento ai reati oggetto di tre sentenze di condanna emesse, rispettivamente, il 24 novembre 1999 (irrevocabile il 25 luglio 2000) dal Tribunale di Roma; il 27 maggio 2004 (irrevocabile il 25 giugno 2004) dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma; e il 17 febbraio 2006 (irrevocabile il 13 maggio 2009) dalla Corte di appello di Roma.

La Corte territoriale ha rilevato che le predette condanne erano pertinenti a rapine estemporanee, consumate con modalità diverse e commesse a distanza di tempo le une dalle altre, per cui la medesima indole dei delitti e il pur allegato stato di tossicodipendenza del P. non erano sufficienti, da soli, ad avvalorare l’esistenza di un programma delittuoso predeterminato nelle sue linee essenziali.

2. Avverso la predetta ordinanza ricorre personalmente per cassazione il P., il quale, con unico motivo, deduce la mancanza o manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in relazione all’art. 671 c.p.p., come modificato dalla L. n. 49 del 2006.

La Corte territoriale avrebbe aderito ad un indirizzo giurisprudenziale ormai superato, secondo il quale non legittimano la presunzione di unicità del disegno criminoso nè l’omogeneità delle varie violazioni della legge penale, nè la permanenza di un proposito criminoso riconducibile allo stato di tossicodipendenza ed al correlativo bisogno di procurarsi, con proventi illeciti, i mezzi economici necessari all’acquisto della droga, disconoscendo che proprio la tossicodipendenza costituisce la spinta a commettere il reato che è comune a tutti e tre gli episodi di rapina oggetto di condanna.

3. Il Procuratore generale, con memoria dell’11 novembre 2010, ha concluso per il rigetto del ricorso, ritenendo sufficientemente motivato il provvedimento impugnato.
Motivi della decisione

4. Il ricorso è infondato.

La costante giurisprudenza di questa Corte ha precisato che la modifica legislativa introdotta dalla L. n. 49 del 2006, art. 4 vicies, secondo cui fra gli elementi che incidono sull’applicazione del delitto continuato vi è la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza, non deve essere interpretata nel senso che tale stato sia di per sè fattore decisivo ai fini della valutazione dell’unitarietà del disegno criminoso, dovendo sussistere comunque il requisito della preventiva deliberazione a delinquere che unifica l’ideazione dei reati prima della loro commissione (c.f.r., ex plurimis, Sez. 1, n. 33518 del 07/07/2010, dep. 13/09/2010, Trapasso, Rv. 248124; Sez. 1, n. 9876 del 01/02/2007, dep. 08/03/2007, Greco, Rv. 236547).

In particolare, l’unicità del disegno criminoso, necessaria per la configurabilità del reato continuato e per l’applicazione della continuazione in fase esecutiva, non può identificarsi con la generale tendenza a porre in essere determinati reati o, comunque, con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose, atteso che le singole violazioni devono costituire parte integrante di un unico programma deliberato nelle linee essenziali per conseguire un determinato fine, richiedendosi, in proposito, la progettazione ab origine di una serie ben individuata di illeciti, già concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali (c.f.r., ex plurimis, Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, dep. 12/11/2010, Marigliano, Rv. 248862; Sez. 2, n. 18037 del 07/04/2004 dep. 19/04/2004, Tuzzeo, Rv. 229052).

Nella fattispecie in esame, il giudice dell’esecuzione ha correttamente applicato i principi in tema di riconoscimento della continuazione criminosa, rilevando che il semplice stato di tossicodipendenza non è idoneo, da solo, a supplire la carenza di un unico disegno criminoso, considerato che i tre fatti criminosi, consumati con modalità diverse e a distanza di tempo l’uno dall’altro, non potevano ritenersi frutto di un’unica deliberazione risalente al momento della commissione del primo delitto, opportunamente distinguendo la spinta a delinquere derivante dallo stato di tossicodipendenza, e la propensione a trarre sostentamento dalla commissione di reati, dall’ideazione, seppure a grandi linee, di un progetto criminoso unitario che abbia preceduto e compreso le singole violazioni.

Essendo, dunque, l’ordinanza impugnata adeguatamente motivata in coerenza con la giurisprudenza di questa Corte sul tema, il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

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