T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 21-06-2011, n. 5538 Competenza e giurisdizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

Con il ricorso in trattazione le società ricorrenti hanno impugnato i provvedimenti di cui in epigrafe, con i quali è stato ordinato lo sgombero dei luoghi e la demolizione di opere edilizie insistenti abusivamente sul suolo pubblico.

Ne hanno dedotto l’illegittimità per i seguenti motivi di censura:

1. Eccesso di potere e travisamento dei fatti.

2. Violazione e falsa applicazione degli articoli 38 e 39 del D. Lgs. n. 507 del 1993.

3. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 107 del D. Lgs. n. 267 del 2000.

4. Violazione degli articoli 3, 6, 10, 22, 31, 34 e 35 del T.U. n. 380 del 2001.

In sostanza le ricorrenti – premesso che trattasi dello spostamento dell’originaria scala, deliberato, nell’assemblea condominiale, tra la società proprietaria e l’amministrazione comunale (affittuaria dei restanti locali) con la conseguente occupazione di un’area di mq. 23 adiacente a quella originaria -, hanno dedotto che, in realtà, tale area sarebbe di proprietà condominiale e che, comunque, anche se di proprietà comunale, la stessa non sarebbe destinata ad uso pubblico; ha, altresì, dedotto che lo spostamento della rampa è stato autorizzato da parte del comune (e perciò anche la relativa occupazione di suolo pubblico) con la partecipazione dell’ingegnere comunale alla assemblea condominale e che, ai fini dell’approvazione del relativo progetto, non sarebbe ostativa la mancanza di un atto scritto di concessione di occupazione di suolo pubblico (o.s.p.).

Infine hanno rilevato come la demolizione, in realtà, non potrebbe essere richiesta in quanto trattasi di un’opera (la rampa) soggetta solo alla d.i.a. e non invece al permesso di costruire ai sensi dell’articolo 6 n. 2 del T.U. edilizia.

Si è costituito in giudizio il Comune di Velletri con memoria del 15.11.2005, deducendo, argomentatamente, l’infondatezza nel merito del ricorso.

Con l’ordinanza n. 6730/2005 del 22.11.2005 è stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecutività dei provvedimenti impugnati.

Con memoria del 15.4.2011 le ricorrenti hanno reiterato le proprie difese, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

Con la memoria del 18.4.2011 il comune si è richiamato ai precedenti scritti difensivi.

Le ricorrenti hanno, infine, depositato documentazione concernente la vicenda di cui trattasi in data 18.5.2011.

Alla pubblica udienza del 18.5.2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.
Motivi della decisione

Con il primo motivo di censura le società ricorrenti hanno dedotto l’eccesso di potere per totale travisamento dei fatti, in quanto i provvedimenti impugnati sarebbero fondati sull’erroneo presupposto della proprietà comunale dell’area di cui trattasi che, invece, rientrerebbe nell’ambito delle aree di proprietà condominiale.

Nella sostanza viene contestata la asserita demanialità comunale dell’area di cui trattasi.

E, al riguardo, non può se non osservarsi quanto segue.

Secondo un consolidato orientamento nella materia, il giudice competente a conoscere dell’impugnazione di provvedimenti di sgombero di beni demaniali deve essere individuato indipendentemente dalle prospettazioni di parte, avuto invece riguardo alla reale natura delle situazioni dedotte in giudizio; pertanto, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario allorché la contestazione abbia ad oggetto la demanialità dell’area, mentre spetta al giudice amministrativo laddove sia contestato il corretto uso del potere di autotutela (cfr. ex multis, Cons. Giust. Amm. Sic., Sez. giurisdiz., 2.3.1990; Cons. Giust. Amm. Sic., 28.7.1988, n. 125; T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. I, 15.11.2005, n. 2129; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 13.2.2004, n. 212; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 4.5.1995, n. 665).

Ed infatti, se nell’impugnare il provvedimento di sgombero, che l’autorità decidente assume essere di proprietà demaniale, il ricorrente ne contesta proprio la demanialità, sul presupposto di essere titolare di un diritto di proprietà sul bene, la "causa petendi" viene, in sostanza, ad individuarsi nella negazione dell’esistenza del potere di provvedere in capo all’amministrazione, denunciandosi l’inidoneità degli atti impugnati ad incidere sul reclamato diritto dominicale (Cass. Sezioni Unite Civili, 13 marzo 1987, n. 2636), in tal modo facendosi valere una posizione di diritto soggettivo devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario (T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 12.3.2008, n. 52).

In particolare si è osservato come "In tema di riparto della giurisdizione tra i giudici ordinario e amministrativo, bisogna avere riguardo non al petitum, in sé e per sé, bensì alla causa pretendi, vale a dire alla natura della posizione giuridica che viene fatta valere in giudizio, secondo i dettami della nota teoria c.d. del petitum sostanziale. Allorquando (come nel caso di specie) venga impugnato un atto amministrativo, ciò che rileva, secondo la richiamata teorizzazione del petitum sostanziale, fatta proprio non soltanto dal giudice della giurisdizione, ma da G.A. nel suo insieme, è la natura della posizione giuridica soggettiva sulla quale poggia la domanda rivolta al giudice, con la conseguenza che, ove la stessa sia qualificabile come diritto soggettivo, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario.

Si tratta di insegnamenti consolidati della giurisprudenza, anche se, talora, in presenza di fattispecie peculiari, si registrano sentenze che sembrano affermare orientamenti diversi.

Per quanto più specificamente concerne il caso di specie, vero è che formalmente con il ricorso si chiede l’annullamento degli atti impugnati (segnatamente, del provvedimento…, con cui è stato ordinato lo sgombero del prefabbricato occupato dal ricorrente).

Tuttavia, quest’ultimo pone, a fondamento della censura in esame, l’assunto di vantare un diritto di proprietà sul suddetto prefabbricato…." (T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, n. 52/2008 cit.; negli stessi termini, Cons. di St., sez. IV, 29.5.2002, n. 2972).

Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del presente giudizio per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito in quanto rientrante nella competenza giurisdizionale del giudice ordinario.

Trova conseguentemente applicazione nel caso di specie il disposto di cui all’articolo 11 c.p.a., " Decisione sulle questioni di giurisdizione", secondo cui testualmente "1. Il giudice amministrativo, quando declina la propria giurisdizione, indica, se esistente, il giudice nazionale che ne è fornito.

2. Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato….".
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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