T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 21-06-2011, n. 5507 Pubblicità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

rbale;
Svolgimento del processo

1. La presente controversia trae origine dal procedimento avviato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, su segnalazione di alcune Associazioni di consumatori, volto ad accertare la presunta scorrettezza delle seguenti pratiche commerciali:

– pratica sub A) riguardante la divulgazione di messaggi pubblicitari concernenti, rispettivamente:

i) la promozione, realizzata da B. e G., anche mediante il catalogo dello stesso touroperator diffuso via internet, della struttura recettiva denominata "G. Grand Diamond" come albergo situato in immediata prossimità rispetto al mare, per presunta violazione degli artt. 20 e 21 del Codice del Consumo;

ii) l’offerta speciale di viaggio, promossa da B., mediante una locandina affissa presso i locali di una delle agenzie affiliate, con specifico riguardo alla possibile non veridicità del prezzo indicato, per presunta violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo;

– pratica sub B) concernente il comportamento adottato da B. e da G. nella fase di organizzazione, vendita ed esecuzione delle obbligazioni assunte con riferimento ai pacchetti turistici con destinazione Egitto, per presunta violazione degli articoli 20, 21, 22, 24 e 25 del Codice del Consumo, con riferimento a:

i) l’ingannevolezza delle informazioni divulgate in ordine al programma dei suddetti pacchetti viaggio e alle condizioni contrattuali di viaggio;

ii) l’aggressività delle variazioni dei programmi di viaggio effettuate nella fase postvendita mediante l’esercizio di un indebito condizionamento nei confronti dei consumatori, tenuto conto dei tempi, del luogo, della natura della prestazione e della reiterazione del comportamento, nonché della mancata assistenza prestata e degli ostacoli frapposti dal professionista all’esercizio dei diritti spettanti ai consumatori ai sensi degli artt. 91, 92, 93 e 96 del Codice del Consumo;

– pratica sub C) con la quale è stata contestata l’imposizione ai consumatori, da parte di B., di spese aggiuntive per la sottoscrizione della copertura assicurativa "Viaggio Sicuro", indicata nella modulistica come "obbligatoria", per presunta violazione degli articoli 20 e 21 del Codice del Consumo, in quanto idonea a indurre in errore i consumatori circa la reale natura (facoltativa) della polizza e a falsarne in misura apprezzabile il comportamento economico.

Nel corso del procedimento, con memoria del 3 dicembre 2009, parte ricorrente presentava, ai sensi dell’art. 27, comma 7 del Codice del Consumo, e dell’art. 8 del Regolamento, impegni volti a rimuovere i profili di scorrettezza della pratica commerciale oggetto di contestazione, formulando altresì alcune prime osservazioni in merito alla presunta scorrettezza della condotta addebitata da AGCM.

Nell’adunanza del 27 gennaio 2010, con provvedimento prot. n. 15673, l’Autorità riteneva gli impegni presentati inammissibili, in ragione della manifesta scorrettezza e gravità delle pratiche commerciali contestate, in quanto caratterizzate da un elevato grado di offensività e suscettibili di ledere un ampio numero di consumatori.

Dopo lo svolgimento dell’audizione del professionista, così come dallo stesso richiesto, l’Autorità disponeva la proroga dei termini di conclusione del procedimento.

Successivamente, venivano formulate richieste di informazioni nei confronti del professionista e di soggetti terzi.

In particolare, all’Associazione Tour Operator Italiani (Astoi), all’Associazione Italiana Agenzie di Viaggi e Turismo (Assoviaggi), e all’Associazione Nazionale delle Agenzie di Viaggio e Turismo (Assotravel), venivano richieste informazioni circa la prassi degli operatori turistici.

Altre richieste venivano alle compagnie aeree interessate dalle modifiche degli operativi dei voli oggetto di segnalazione, vale a dire E. S.p.A., A.I. s.p.a. e L. s.p.a..

Con le memorie del 18 febbraio 2010 e 22 marzo 2010, la ricorrente forniva le ulteriori informazioni richieste, contenenti, a suo dire, elementi di segno nettamente contrario alla ricostruzione operata dall’AGCM.

In data 25 febbraio 2010, veniva altresì richiesto al professionista, ai sensi dell’articolo 27, comma 5, del Codice del Consumo e dell’articolo 15 del Regolamento, di fornire prove sull’esattezza materiale dei dati di fatto connessi alla pratica commerciale di cui sub B) e, in particolare, di produrre idonea documentazione volta a dimostrare:

– l’effettivo utilizzo di voli operati da E. ed A.I., in conformità a quanto pubblicizzato nel Catalogo G. – Edizione 2009 relativamente ai pacchetti viaggio con destinazione Egitto;

– la corrispondenza dei voli indicati dal professionista nelle proprie comunicazioni commerciali, relative ai pacchetti viaggio oggetto di segnalazione, ad una preventiva ed effettiva programmazione dei voli da parte dei vettori aerei ivi indicati, con riferimento alla data, al numero di volo, all’orario, al luogo di partenza e di arrivo e all’itinerario, ivi compresi eventuali scali intermedi;

– la riconducibilità delle variazioni del programma di viaggio oggetto di segnalazione a variazioni comunicate dai vettori in dipendenza di fattori a loro imputabili.

La ricorrente dava seguito alla comunicazione dell’attribuzione dell’onere della prova depositando, in data 8 marzo 2010, apposita memoria con documenti.

In data 9 marzo 2010, veniva comunicata alle Parti la data di conclusione della fase istruttoria ai sensi dell’articolo 16, comma 1, del Regolamento.

Il professionista e il consumatore segnalante intervenuto nel procedimento depositavano proprie memorie conclusive, pervenute in data 22 marzo 2010.

In data 16 aprile 2010, veniva reso il prescritto parere dell’AGCOM.

In esito all’articolata istruttoria in precedenza descritta, l’Autorità deliberava;

"a) che la pratica commerciale descritta al punto II, lettera A), punto ii), del presente provvedimento, posta in essere dalla società B. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta, ai sensi degli artt. 20, 21, comma 1, lettera d), e 22, commi 1, 2 e 4, lettera c), del Codice del Consumo", vietandone, pertanto, l’ulteriore diffusione;

"b) che la pratica commerciale descritta al punto II, lettera B), del presente provvedimento, posta in essere dalle società B. S.p.A. e G. S.r.l., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta, ai sensi degli artt. 20, 21, lettere b), c), d), e g), 22, commi 2, 4, lettere c), d) ed e), e 5, 24 e 25, lettere a) e d), del Codice del Consumo", vietandone, pertanto, l’ulteriore diffusione;

"c) che la pratica commerciale descritta al punto II, lettera C), del presente provvedimento, posta in essere dalla società B. S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta, ai sensi degli articoli 20 e 21, comma 1, lettere b) e d), del Codice del Consumo", vietandone, anche in questo caso, la continuazione.

Con il medesimo provvedimento l’Autorità disponeva, altresì che "che le società B. S.p.A e G. S.r.l. presentino, entro sessanta giorni dalla notifica del presente provvedimento, una relazione nella quale siano illustrate le misure adottate per porre fine alla continuazione delle pratiche di cui al punto II, lettere B) e C), del presente provvedimento".

Infine, all’odierna ricorrente veniva inflitta una sanzione pecuniaria pari ad euro 36.000,00 per la fattispecie sub a), ad euro 189.000,00 per la fattispecie sub b) e euro 90.000,00 per la fattispecie sub c).

Alla società G. veniva irrogata, in relazione alla fattispecie sub c), una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad euro 70.000,00.

Avverso il complesso dei provvedimenti come sopra evidenziati, è insorta B., articolando i seguenti motivi di ricorso:

A) con riferimento alla pratica commerciale sub A):

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 18, 19 e 20 del Codice del Consumo, nonché degli artt. 1 e 3 l. 24 novembre 1981, n. 689. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche in relazione alla prima pratica censurata. Violazione dei diritti di difesa.

La società ritiene di avere fornito la prova che l’agenzia affiliata ha agito in difformità dalle direttive divulgate dalla propria Direzione amministrativa.

Si è trattato, peraltro, di un unico isolato episodio, ascrivibile unicamente alla responsabilità del singolo agente di vendita.

Nel corso del procedimento B. ha comunque predisposto nuove linee guida finalizzate a uniformare all’interno della rete i contenuti promozionali delle agenzie.

2) Violazione della direttiva 2005/29/CE e degli artt. 25 Cost., 18 e 20, comma 2, d.lgs. 206/2005. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti ed irragionevolezza manifesta. Violazione del principio comunitario di proporzionalità. Violazione del principio costituzionale di necessaria offensività.

All’Autorità è pervenuta una sola segnalazione, con ciò evidenziandosi, a dire della ricorrente, che l’impatto della pratica è stato del tutto trascurabile e che, comunque la stessa non era affatto idonea ad "alterare sensibilmente", la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole.

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27, comma 9, d.lgs. 205/2006, 11, l. 689/81, e 3, l. 241/90, difetto e/o falsità della motivazione. Eccesso di potere per difetto dei presupposti ed irragionevolezza.

Insufficienti, sarebbero, al fine di giustificare l’importo della sanzione in concreto irrogata (euro 36.000,00), il riferimento alla dimensione economica di B. e alla posizione di mercato.

Né la misura della sanzione può essere giustificata in ragione del pregiudizio economico asseritamente subito dai consumatori, in relazione all’entità dell’illecito (singola locandina esposta da una sola agenzia ubicata in una cittadina di provincia).

B) Con riferimento alla pratica commerciale sub B).

4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27 d.lgs. 205/2006, 6 e 16 Reg.to Delibera AGCM 17589/2007. Violazione del principio del contraddittorio. Eccesso di potere per travisamento. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 7, l. n. 241790, 20, 21 e 22 d.lgs. 205/2006.

Non vi sarebbe coincidenza tra la presunta condotta scorretta indicata nella segnalazione di avvio del procedimento e la condotta che risulta, invece, essere stata sanzionata nel provvedimento conclusivo oggetto del presente gravame.

Ciò con riguardo, in particolare, all’addebito secondo cui B. (alle quale era stato inizialmente imputato di modificare le condizioni di viaggio, ed, in particolare, le modalità di trasporto concordate) sarebbe invece responsabile di "divulgare" informazioni ingannevoli, in particolare attraverso l’art. 18 delle condizioni generali di contratto, che presenta le informazioni relative ai voli come meramente indicative dell’offerta della società.

5) Violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 14 della Convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970, recepita dall’ordinamento italiano con l. 27 dicembre 1977, n. 1084, Violazione dell’art. 11 del Regolamento CE 2111/2005. Eccesso di potere per travisamento, violazione e falsa applicazione degli artt. 3, l. n. 241/90, 20, 21 e 22, 82, 83 e 93 d.lgs. n. 205/2006.

L’accorpamento in un unico centro di imputazione di B. e della controllata G., non tiene conto della distinzione di ruoli, recepita dalla disciplina in materia, tra "venditore" e "organizzatore di viaggio".

La ricorrente, opera attraverso un "network di agenzie di viaggio", proponendosi dunque quale mero distributore di pacchetti turistici, senza svolgere, invece, attività di tour operating.

Anche ai sensi del Codice del Consumo (oltre che delle norme internazionali vigenti in materia), operatore e venditore rispondono "secondo le rispettive responsabilità".

La Convenzione internazionale sul contratto di viaggio (CVV) distingue chiaramente tra il contratto di organizzazione di viaggio e quello di intermediazione.

In particolare, ai sensi dell’art. 17 della Convezione, il rapporto tra l’intermediario e il viaggiatore, si configura quale mandato con rappresentanza ed il contratto, tra l’agenzia e l’organizzatore di viaggio, è considerato come se fosse concluso con il viaggiatore stesso.

Conseguentemente, delle inadempienze contrattuali, risponde solo il "tour operator" salva la possibilità di rivalsa nei confronti del gestore della struttura.

In sostanza, come chiarito dalla Cassazione civile, vengono in campo tre distinti rapporti: un primo rapporto di mandato, tra organizzatore di viaggi e intermediario, in base al quale il secondo colloca sul mercato i servizi offerti dal primo; un secondo rapporto di mandato, tra viaggiatore ed intermediario, in base al quale questi raccoglie le prenotazioni dei viaggiatori; un terzo rapporto tra organizzatore di viaggi e viaggiatore, che deriva dal contratto concluso tra queste parti, attraverso l’intermediario.

Secondo parte ricorrente, risulterebbe altresì palese anche la violazione, da parte dell’AGCM, della normativa comunitaria, ed in particolare del Regolamento CE 2111/2005, art. 11, commi 4 e 5, secondo cui il vettore aereo o il t.o., a seconda dei casi "assicurano che il contraente del trasporto aereo competente sia informato dell’identità del vettore aereo effettivo o dei vettori aerei effettivi non appena questa sia nota, in particolare in caso di cambiamento di identità".

Inoltre "se il venditore dei biglietti non è stato informato in merito all’identità del vettore aereo effettivo, non sarà responsabile del mancato rispetto degli obblighi previsti nel presente articolo".

In tutti e cinque i casi segnalati, l’agente di viaggio ha sempre diligentemente comunicato al consumatore gli operativi di volo e l’identità del vettore, non appena è stato messo in condizioni di poterlo fare.

Parte ricorrente ritiene inoltre che non sia possibile, in virtù dei rapporti di collegamento societario tra Blu e G., assimilare le medesime società ad un unico soggetto.

Poiché, infatti, esse sono dotate di una distinta personalità giuridica, l’Autorità avrebbe comunque operato una confusione di ruoli, a nulla rilevando l’eventuale corresponsabilità della controllante per le obbligazioni assunte dalla controllata.

La società sottolinea, ancora, che la variazione degli operativi di volo, nel caso di voli charter, è la prassi comune a tutte le compagnie aeree a ai t.o., di talché alcuna iniziativa reputa dovesse essere assunta nei confronti di G. ovvero di P..

Ad ogni buon conto, anche secondo la giurisprudenza civile, la responsabilità dell’agente per gli eventuali inadempimenti dei t.o. presuppone la dimostrazione che l’intermediario conoscesse, o avrebbe dovuto conoscere, l’inaffidabilità dell’organizzatore di viaggio o dei prestatori dei servizi.

In definitiva, l’Autorità avrebbe dovuto escludere a priori che B. potesse essere ritenuta artefice di una pratica scorretta che non sia riconducibile esclusivamente a comportamenti suoi propri.

6) Violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 3638 del d.lgs. 205/2006. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Assurdità ed erroneità della motivazione. Violazione dell’art. 3 l. n. 241/90. Eccesso di potere per violazione dei principi di buon andamento della pubblica amministrazione.

In relazione all’art. 18 delle condizioni generali di contratto, ed in particolare per quanto concerne la clausola relativa al carattere meramente indicativo dell’operativo dei voli, parte ricorrente evidenzia, in primo luogo, che, come confermato dall’art. 19 del Codice del Consumo, spetta esclusivamente al giudice ordinario valutare la legittimità delle clausole predisposte dal professionista, nonché di apprestare gli specifici strumenti previsti per inibirne l’uso (cfr. art. 37).

Evidenzia, inoltre, che, nel corso dell’istruttoria, AGCM ha dovuto prendere atto che è prassi comune del settore quella di modificare gli orari di partenza e di arrivo dei voli charter.

7) Violazione e falsa applicazione degli artt. 85, 86, 87 e 88 del Codice del Consumo. Violazione degli artt. 3 e 5 della direttiva 90/314/CE del 13 giugno 1990. Violazione dell’art. 5 del Regolamento CE n. 793 del 21 aprile 2004 che modifica il Regolamento CEE n. 95/93 e dell’art. 9, paragrafo 2, del Regolamento CEE n. 2408/92. Violazione dell’art. 11 Regolamento CEE n. 2111/2005 e del Regolamento CE n. 261/2004. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/90. Assurdità ed illogicità della motivazione.

Gli operativi dei voli e l’identità del vettore aereo, non rientrano, secondo parte ricorrente, tra gli elementi del contratto di pacchetto turistico considerati essenziali dal Codice del Consumo, tanto non potendo ricavarsi dal tenore degli artt. 85 e 86.

Inoltre, a mente dell’art. 88, il professionista non è tenuto ad indicare l’identità del vettore nemmeno quando – diversamente dalla specie – consegni al consumatore all’atto della sottoscrizione il c.d. "opuscolo informativo".

Gli unici obblighi informativi attengono al mezzo, al tipo e alla categoria di trasporto concretamente utilizzato, mentre non esistono vincoli e/o limitazioni rispetto alla modifica della compagnia aerea proprietaria del velivolo.

Nella specie, non è stata segnatala alcuna variazione dei mezzi e delle tipologie di aeromobili utilizzati (è ad esempio pacifico che Air M. abbia utilizzato mezzi e tipologie di trasporto identici a quelli che erano stati segnalati al consumatore).

Non sussiste, infine, alcun obbligo di informativa circa l’identità del vettore neanche nella fase preliminare alla stipulazione del contratto (cfr. l’art. 87).

Anche la Direttiva 90/314/CEE del 13 giugno 1990, esclude che gli operativi di volo (orari e vettori effettivamente utilizzati) rientrino tra gli elementi essenziali del contratto che il professionista è tenuto a fornire sin dalla data della sottoscrizione del contratto turistico.

La modifica degli operativi di volo ed addirittura della compagnia aerea è inoltre ammessa dal già citato Regolamento n. 2111/2005.

Parte ricorrente evidenzia ancora che le affermazioni dell’Autorità nei confronti della compagnia aerea Air M. non solo sono del tutto ingiustificate, ma si appalesano altresì in contrasto con le norme che disciplinano l’accesso dei vettori aerei agli slots, le quali sanzionano ogni sorta di discriminazione in ragione della nazionalità o dell’identità dei vettori aerei, trattandosi di ingiuste distorsioni di concorrenza tra i vettori stessi (cfr. art. 9, par. 2, del regolamento CEE n. 2408/92 sull’accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie).

Del tutto inconferente sarebbe, infine, il richiamo al Regolamento CEE n. 261/2004 che riguarda il caso di compensazione e assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco.

Circa la formulazione delle condizioni generali di contratto ritenute decettive dall’Autorità, neppure quest’ultima dubita della liceità delle clausole con cui si pattuisce lo "ius variandi", categoria alla quale deve in definitiva ascriversi la clausola censurata.

8) Violazione e falsa applicazione dell’art. 91 del Codice del Consumo. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/90. Difetto della motivazione. Violazione dell’art. 1 del Regolamento CE 2111/2005.

Parte ricorrente reputa che la facoltà, per i. t.o., di modificare il vettore aereo, non rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 91 del Codice del Consumo, in quanto tale disposizione riguarda esclusivamente le modifiche che incidano su elementi essenziali del contratto di viaggio, tra i quali, secondo la società, non rientra la compagnia aerea che effettua il trasporto.

In subordine, a tutto concedere, AGCM avrebbe dovuto concludere che la concreta "significatività" dell’orario di partenza/arrivo del volo debba essere valutata caso per caso, considerando l’incidenza della modifica rispetto all’economia complessiva del pacchetto.

Neppure è vero che, ai sensi dell’art. 91, siano consentite esclusivamente le modifiche giustificate da "circostanze indipendenti dalla volontà dell’operatore".

L’Autorità non tiene adeguatamente conto, infatti, che, secondo il già richiamato art. 11 del Regolamento 2111/2005, la modifica degli operativi di volo e del vettore può essere effettuata "qualunque ne sia la ragione", facendo scattare quale unica conseguenza in capo al professionista il solo obbligo di comunicazione al consumatore.

Anche in questo caso AGCM pretende, inoltre, di addossare al venditore la responsabilità dei touroperator e dei vettori.

9) Violazione degli artt. 85, 86, 87 e 88 del Codice del Consumo. Violazione degli artt. 3 e 5 della Direttiva 90/314/CEE del 13 giugno 1990. Violazione dell’art. 5 del Regolamento (CE) n. 793 del 21 aprile 2004 che modifica il Regolamento CEE n. 95/93 e dell’art. 9, par. 2, del Regolamento n. 2408/92. Violazione dell’art. 11 del Regolamento CE 2111/2005. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/90. Assurdità ed illogicità della motivazione.

Poiché il Regolamento n. 2111/2005 consente di comunicare l’identità del vettore sino al momento del check in alcuna aggressività potrebbe riscontrarsi nella condotta della società, tanto più che, nella fattispecie, è stato acclarato che ogni modifica è stata sempre tempestivamente comunicata ai consumatori non appena ciò è stato possibile, e cioè non appena B. ha ricevuto la relativa informazione dal t.o., ovvero dal vettore.

Non sussisterebbe, inoltre, nella fattispecie, alcun ostacolo "non contrattuale", frapposto dalla società all’esercizio dei diritti contrattuali del consumatore (condotta aggressiva tipizzata dall’art. 25, lett. d) del Codice del Consumo).

Ad ogni buon conto, la valutazione delle condizioni generali di contratto, esulerebbe dalle attribuzioni dell’Autorità.

10) Violazione degli artt. 85, 86, 87 e 88 del Codice del Consumo. Violazione degli artt. 3 e 5 della Direttiva 90/314/CEE del 13 giugno 1990. Violazione dell’art. 5 del Regolamento CE n. 793 del 21 aprile 2004 che modifica il Regolamento CEE n. 95/93 e dell’art. 9, paragrafo 2, del Regolamento CEE n. 2408/92. Violazione dell’art. 11 del Regolamento CE 2111/2005. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/90. Assurdità ed illogicità della motivazione.

Parte ricorrente censura il provvedimento impugnato anche nella parte in cui assume l’esistenza di una culpa in eligendo che si concreterebbe, da un lato, nella mancata verifica della veridicità delle informazioni ricevute, dall’altro nella mancata adozione di misure correttive nei confronti dei t.o. che si erano dimostrati "inaffidabili".

La società evidenzia però, quanto ai rapporti con P., che il numero di segnalazioni concernenti i pacchetti turistici organizzati dal t.o. in questione, era talmente esiguo da non poter incrinare la proficua e duratura collaborazione commerciale, iniziata nel 2006.

Ad ogni buon conto, l’onere di informare il consumatore circa gli elementi essenziali dell’offerta (tra i quali non rientrerebbe, comunque, l’identità del vettore) graverebbe esclusivamente sull’organizzatore del viaggio.

In merito all’operativo dei voli, non si è trattato di informazioni distorte ma del normale sistema operativo collegato al funzionamento del volo charter.

11) Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/90. Difetto e/o erroneità della motivazione e contrasto con le risultanze dell’istruttoria.

Non potrebbe, inoltre, essere condivisa l’affermazione secondo cui B. avrebbe diffuso le clausole delle condizioni generali di contratto mediante le proprie convocazioni relative ai pacchetti viaggio. In tale occasione, infatti, la società si è limitata a precisare che "l’agenzia venditrice non è responsabile per l’adempimento degli obblighi di organizzazione ed esecuzione del pacchetto turistico che gravano direttamente sull’organizzatore".

12) Violazione degli artt. 20, 21, 22, 23 e 25 del Codice del Consumo. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/90. Difetto e/o falsità della motivazione.

Non incombe sul venditore alcun obbligo di comunicare l’operativo del volo, ben potendo l’operatore comunicare il volo presunto, secondo le indicazioni ricevute dal t.o..

Le variazioni dell’operativo di volo, comunque, sono state sempre tempestivamente comunicate.

13) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27, 85 e ss. del Codice del Consumo. Violazione del principio di legalità e degli articoli 2325, 2462 e 2497 e ss. c.c.. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/90. Difetto e/o falsità della motivazione. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà.

E’ contraddittorio che, ai fini dell’applicazione della sanzione, le due società siano state considerate nuovamente soggetti distinti, con un indebito "effetto moltiplicatore".

14) Violazione e falsa applicazione dell’art. 27, commi 9 e 13, del Codice del Consumo, nonché dell’art. 11 della l. 689/1981. Assoluta carenza di motivazione in relazione alla valutazione della particolare gravità della sanzione.

B. non ha contribuito alla stesura delle condizioni generali di contratto di G..

Ciononostante, in relazione alla fattispecie sub B), AGCM le ha irrogato una sanzione doppia rispetto a quella applicata al t.o..

15) Violazione dell’art. 27 del Codice del Consumo sotto ulteriori profili.

L’inibitoria relativa alle condizioni generali di contratto non può operare nei confronti di Blucavanze, non essendo nella sua disponibilità di ingerirsi nella sfera giuridica di altro operatore.

C) In merito alla pratica commerciale sub C).

16) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27, d.lgs. 205/2006, 6 e 16 Reg.to Delibera AGCM 17589/2007. Violazione del principio del contraddittorio. Eccesso di potere per travisamento. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 7, l. 241/90, 20, 21 e 22 d.lgs 205/2006, 1, 10, 11 e 12 d.P.R. 430/2001 sotto ulteriori profili.

Anche in questo caso vi sarebbe difformità con la comunicazione di avvio del procedimento, essendosi solo nel provvedimento finale precisato che il presunto illecito discenderebbe dalla modulistica utilizzata dalla società, in cui non verrebbe adeguatamente evidenziato che quello relativo alla polizza assicurativa, è un costo supplementare e diverso rispetto a quello del pacchetto turistico.

17) Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21, 22, 27 e 87 del Codice del Consumo, 3 e 10 l. n. 241/90. Difetto assoluto e/o falsità della motivazione, nonché contrasto con le risultanze dell’istruttoria. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti e contraddittorietà manifesta.

Parte ricorrente evidenzia che, all’interno del modulo contrattuale, la voce in esame segue quella relativa alle "penali per annullamento" e "sconto", con ciò stesso evidenziandosi, a suo dire, che il corrispettivo della polizza non è parte del prezzo del pacchetto venduto.

L’acquisto della polizza richiede comunque la sottoscrizione di un apposito mandato, sicché il consenso opzionale del cliente non potrebbe essere più esplicito.

18) Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21, 22, 27 e 87 del Codice del Consumo. Violazione del principio di legalità. Eccesso di potere per sviamento e travisamento dei presupposti.

L’utilizzo della locuzione "obbligatoria" è venuto meno sin dal 2008.

Non è pertanto configurabile il divieto di una pratica che è ormai cessata da tempo, come pure, prosegue parte ricorrente, non sarebbe ipotizzabile l’applicazione di una sanzione pecuniaria in maniera disgiunta dal divieto di una pratica scorretta.

19) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27, comma 9, d.lgs. 205/2006 e 3 l. n. 241/90. Difetto assoluto di motivazione. Eccesso di potere per difetto dei presupposti ed irragionevolezza. Violazione del principio di proporzionalità.

La società ritiene infine irragionevole l’importo comminato in relazione a tale specifico illecito, superiore di 20 volte al minimo edittale, in considerazione del fatto che il costo della polizza era comunque indicato separatamente ed autonomamente.

D) In relazione alla deliberazione resa nell’adunanza del 27 gennaio 2010.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del Codice del Consumo. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti. Violazione dell’art. 3 l. n. 241/90. Difetto assoluto di motivazione.

La motivazione adotta dall’Autorità è del tutto carente, limitandosi a riprodurre il comma 9 della disposizione in rubrica.

Si è costituita, per resistere, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

B. ha quindi impugnato, con motivi aggiunti, le note con cui l’Autorità, nell’ambito del procedimento di verifica dell’ottemperanza al provvedimento impugnato in via principale, ha richiesto le informazioni e la documentazione meglio indicate in epigrafe.

Parte ricorrente reputa, in particolare, che le suddette note prescrivano adempimenti del tutto nuovi e/o diversi rispetto a detto provvedimento.

Ha in particolare dedotto:

21) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 10 l. n. 241/90;

22) Eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, irragionevolezza, perplessità dei fini e sviamento;

23) Eccesso di potere per illogicità ed arbitrarietà;

24) Violazione e falsa applicazione dell’art. 27, commi 8 e 12 Codice del Consumo. Carenza di potere. Eccesso di potere per perplessità dei fini e sviamento;

25) Violazione e falsa applicazione dell’art. 27, commi 8 e 12 Codice del Consumo. Carenza di potere. Eccesso di potere per perplessità dei fini e sviamento sotto ulteriori profili;

26) Eccesso di potere per travisamento dei presupposti, perplessità e sviamento. Violazione degli artt. 3 e 5 della direttiva 90/314/CEE del 13 giugno 1990. Violazione dell’art. 5 del Regolamento CE n. 793 del 21 aprile 2004 che modifica il Regolamento CEE n. 95/93 e dell’art. 9 par. 2 del Regolamento CEE n. 2408/92. Violazione dell’art. 11 del Regolamento CE 2111/2005. Travisamento dei presupposti di fatto e diritto. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/90. Assurdità ed illogicità della motivazione;

27) Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/90. Assurdità della motivazione;

28) Invalidità derivata;

29) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27 d.lgs. 205/2006, 6 e 16 reg.to delibera AGCM 17589/2007. Violazione del principio del contraddittorio. Eccesso di potere per travisamento. Violazione e falsa applicazione degli art. 3, 7, l. n. 241/90, 20, 21 e 22 d.lgs. 205/2006;

30) Violazione e falsa applicazione degli artt. 13 – 14 della Convenzione di Bruxelles del 23 aprile 1970, recepita dall’ordinamento italiano con l. 27 dicembre 1977, n. 1084, Violazione dell’art. 11 del Regolamento CE 2111/2005. Eccesso di potere per travisamento. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, l. n. 241/90, 20, 21 e 22, 82, 83 e 93 d.lgs. n. 205/2006;

31) Violazione e falsa applicazione dell’art. 91 del Codice del Consumo. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/90. Difetto della motivazione. Violazione dell’art. 1 del Regolamento CE 2111/2005. Violazione degli artt. 85, 86, 87 e 88 del Codice del Consumo;

32) Violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21, 22, 27 e 87 del Codice del Consumo, 3 e 10 l. n. 241/90. Difetto assoluto e/o falsità della motivazione, nonché contrasto con le risultanze dell’istruttoria. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti e contraddittorietà manifesta.

Le parti hanno depositato memorie.

Il ricorso, e i motivi aggiunti, sono stati assunti in decisione, infine, alla pubblica udienza del 20 aprile 2011.
Motivi della decisione

1. In via preliminare giova riportare il quadro normativo vigente in materia, così come ricostruito nel provvedimento dell’Autorità.

1.1. L’articolo 85 del Codice del Consumo stabilisce che "il contratto di vendita dei pacchetti turistici deve essere redatto in forma scritta in termini chiari e precisi". In base all’articolo 86, elementi essenziali del contratto di acquisto del pacchetto turistico sono, tra gli altri, "destinazione, durata, data d’inizio e conclusione(…), durata del medesimo (..), il prezzo del pacchetto turistico (…), caratteristiche e tipologie del trasporto, data, ora e luogo della partenza e del ritorno".

Secondo l’Autorità, "gli operativi dei voli facenti parte del pacchetto turistico rientrano, pertanto, tra gli elementi essenziali del contratto, in quanto definiscono la qualità e le caratteristiche del servizio di trasporto".

Essi, prosegue, "assumono particolare rilevanza per il consumatore medio sotto vari profili, quali la qualità e notorietà della compagnia aerea, il tipo di aeromobile, la data, l’ora e il luogo di partenza e di arrivo, compresi eventuali scali intermedi".

Nell’interpretazione dell’Autorità "il fulcro della tutela del consumatore consiste nell’obbligo, imposto al professionista, di fornire informazioni preliminari alla conclusione del contratto, che siano veritiere e che, in linea di principio, non subiscano modifiche per la durata del rapporto contrattuale. In altri termini, la regola è quella dell’immodificabilità e chiarezza delle condizioni contrattuali stabilite prima della partenza, salvo diversa pattuizione tra le parti.".

Viene, in particolare, valorizzato il tenore dell’art. 91 del Codice del Consumo, alla stregua del quale "Prima della partenza l’organizzatore o il venditore che abbia necessità di modificarne in modo significativo uno o più elementi del contratto, ne dà immediato avviso al consumatore in forma scritta, indicando il tipo di modifica e la variazione del prezzo che ne consegue, ai sensi dell’articolo".

Il consumatore, in tal caso, deve comunicare se intende accettare la modifica, ovvero recedere senza il pagamento di alcuna penale, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 92. Quest’ultima disposizione, relativa ai diritti del consumatore in caso di recesso o annullamento del pacchetto, stabilisce che, fatto salvo l’eventuale risarcimento del danno subito, il consumatore ha comunque diritto ad usufruire di un altro pacchetto turistico, di qualità equivalente o superiore, senza alcun sovrapprezzo, ovvero di un altro pacchetto turistico qualitativamente inferiore previa restituzione della differenza, o altrimenti di ottenere il rimborso di quanto già pagato".

L’Autorità ritiene che l’art. 91 conferisca al professionista, un limitato "ius variandi" e che sia inaccettabile l’interpretazione, sostanzialmente riproposta anche in sede di ricorso, secondo cui detta disciplina non si applicherebbe alle variazioni degli operativi dei voli.

Evidenzia, al riguardo, che, se così fosse "il tour operator potrebbe variare gli orari di partenza e di arrivo, a seconda delle sue esigenze, senza doverne rispondere anche laddove ciò comporti, come nei casi in esame, una riduzione del periodo di soggiorno, ovvero una variazione significativa di altri elementi del contratto incidenti sulla convenienza del prezzo. Il che, evidentemente, vanificherebbe, di fatto, le garanzie apprestate dalle richiamate disposizioni del Codice del Consumo".

Più in generale, l’Autorità ritiene che "l’articolo 91 del Codice del Consumo si applica a qualsiasi modifica significativa delle condizioni di trasporto aereo oggetto di pacchetti turistici "tutto compreso"; dette modifiche, peraltro, sono da ritenersi consentite solo in caso di "necessità", ovvero in caso di sopravvenienza di circostanze eccezionali che il professionista non avrebbe comunque potuto evitare anche se avesse adottato tutte le misure del caso. Tale protezione si applica a qualsiasi modifica degli operativi di volo, siano essi di linea che voli "charter", dovendosi assicurare analoghe condizioni tra i due tipi di trasporto, in linea con le indicazioni dell’ordinamento comunitario; in tale ambito si avverte, infatti, l’esigenza di migliorare la tutela dei consumatori danneggiati da notevoli ritardi nelle partenze dei voli, anche laddove questi siano parte di un pacchetto turistico".

L’Autorità si richiama, in particolare, al Regolamento CE n. 261/2004, dell’11 febbraio 2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato.

1.2. In relazione alle responsabilità delle società coinvolte nelle condotte oggetto di accertamento, l’Autorità ha poi osservato che B. e G., benché soggetti formalmente distinti, "risultano tra loro legati da rapporti di controllo e soggetti a una medesima direzione, nel quadro di un’organizzazione complessivamente unitaria dei servizi rispettivamente offerti".

In particolare, dall’istruttoria è emerso che B. ha il controllo esclusivo di G., detenendo il 100% del capitale sociale; inoltre, le due società, oltre ad avere la stessa sede, sono soggette alle direttive di uno stesso Amministratore Delegato ed intrattengono rapporti commerciali tra di loro strettamente connessi sotto la direzione ed il coordinamento della società B.H. S.p.A..

La condotta di cui alla lettera A) è stata ritenuta imputabile unicamente a B., "cui fanno capo le singole agenzie affiliate le quali, come desumibile dalla stessa documentazione depositata dalla Parte, operano sul territorio in base alle direttive impartite dalla medesima anche con riferimento alle iniziative promozionali da esse realizzate".

Circa la condotta di cui alla lettera B), l’Autorità ha messo in evidenza che B., in concorso con il tour operator G. dalla stessa controllato, "ha offerto ai consumatori dei pacchetti di viaggio con destinazione Egitto senza una preventiva e congrua organizzazione volta a garantire ai consumatori il rispetto del programma di viaggio concordato.".

La pratica in esame risulta imputabile a B. "anche tenuto conto del suo specifico ruolo di agenzia di viaggio che, secondo il pacifico orientamento della Corte di Cassazione, è responsabile per gli inadempimenti dei prestatori di servizi turistici salvo dimostrazione che, al momento in cui ha messo in contatto consumatore e tour operator, quest’ultimo presentasse serie garanzie di affidabilità.

In generale, l’Autorità ha osservato che "B. è da ritenersi responsabile della pratica commerciale in discussione avendo diffuso il catalogo G. in esame, nonché venduto, in modo sistematico, i pacchetti viaggio con destinazione Egitto oggetto del presente procedimento".

Infine, con riferimento alla condotta di cui alla lettera C), la violazione "risulta imputabile unicamente a B. cui, nella specie, è riconducibile la scelta commerciale relativa all’imposizione di una polizza assicurativa presentata ai consumatori come "obbligatoria".

2. Il primo gruppo di censure articolate da parte ricorrente riguarda la condotta sub A), alla stessa esclusivamente imputata e concernente, come già accennato, "un’iniziativa promozionale ingannevole,consistente nella divulgazione, avvenuta quantomeno nel gennaio 2008, presso la propria agenzia di Voghera, di una locandina relativa a pacchetti turistici con destinazione Sharm el Sheik offerti a un prezzo promozionale di "euro 699,00 – A coppia!", non corrispondente a quello effettivamente praticato dal professionista. Al riguardo, è stata accertata la difformità del prezzo pubblicizzato, rispetto a quello globale effettivo, in quanto il primo, come riconosciuto dalla Parte, non era comprensivo di tutte le voci di costo".

B. sostiene anzitutto, come già fatto nel corso del procedimento, che quella in esame è stata un’iniziativa del tutto autonoma ed isolata dell’agenzia affiliata e che quest’ultima avrebbe agito in difformità dalle direttive divulgate dalla propria Direzione amministrativa.

2.1. Il Collegio rileva che tale affermazione risulta già essere stata confutata dall’Autorità con argomentazioni che non vengono punto scalfite, sul punto, dal presente gravame.

Nel corso del procedimento è stato infatti accertato che l’offerta in questione ha costituito "oggetto di specifica comunicazione da parte di B., da cui non emerge chiaramente il prezzo globale" con la conseguenza che "l’effetto confusorio deve ritenersi riconducibile al comportamento della stessa società.".

Inoltre, "la Parte non ha prodotto alcuna evidenza in ordine all’esistenza di apposite istruzioni che l’agenzia avrebbe disatteso".

In sostanza, il nucleo della promozione in oggetto ha riguardato elementi comunicati dalla stessa B., la quale (deve soggiungersi) sino all’avvio del procedimento oggi in esame non aveva, per sua stessa ammissione, ancora elaborato chiare e precisa linee guida, in materia, da fornire alle agenzie affiliate.

Relativamente, poi, alla pretesa assenza, o, comunque, non pretendibilità da parte della società dell’esercizio di un potere di verifica della condotte poste in essere dalle agenzia affiliate (fermo restando quanto in precedenza evidenziato circa la diretta imputabilità a B. della decettività delle informazioni diffuse dall’agenzia di Voghera), vale qui ricordare, come più volte rappresentato dalla Sezione (in particolare, relativamente alle pratiche poste in essere dai gestori di telefonia mobili e dai c.d. content provider), che, se non è possibile ritenere che l’immanente obbligo di diligenza gravante su coloro che dalla pratica commerciale traggono comunque dei benefici (sia in termini economici che pubblicitari), determini sempre e comunque una loro responsabilità c.d. "editoriale", una omissione rilevante ai fini della ascrizione di una responsabilità a titolo soggettivo sussiste allorquando l’operatore economico non dimostri di avere posto in essere un sistema di monitoraggio effettivo sui contenuti delle iniziative promo – pubblicitarie realizzate e diffuse da soggetti terzi, anch’essi interessati alla pratica commerciale, eventualmente approntando specifiche pattuizioni contrattuali.

Al riguardo, anche il Consiglio di Stato (confermando l’impostazione seguita dalla Sezione) ha recentemente evidenziato che, nei rapporti commerciali tra "professionisti", deve essere predisposto anche un adeguato setting di strumenti di verifica e controllo delle iniziative promozionali e pubblicitarie relative alle attività di comune interesse, tale da impedire il verificarsi dell’illecito amministrativamente sanzionato (cfr. Cons. St., sez. VI, 12 aprile 2011 n. 2251).

Più in generale, la Sezione ha più volte ricordato che ove, come nel caso di specie, un’impresa si avvalga delle collaborazione di altri soggetti, essa, anche sul piano civilistico, è comunque tenuta ad a predisporre ed attuare meccanismi di verifica e di controllo del loro operato (cfr. TAR Lazio, sez. I^, 29 marzo 2010, n. 4931 – Wind Absolute Tariffa).

Dal punto di vista del Codice del Consumo, pertanto, la mancata predisposizione di adeguati strumenti di controllo rappresenta indubbiamente, anche secondo il comune buon senso, un condotta non conforme al "normale grado della specifica competenza ed attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del professionista" (cfr. l’art. 18, comma 1, lett. h) del Codice del Consumo).

Quanto al preteso carattere isolato dell’iniziativa in esame, reputa altresì il Collegio che, come appena evidenziato, l’assenza stessa di linee guida o comunque di indicazioni operative da fornire alle agenzia affiliate, riscontrata dall’Autorità, risulti sintomatica di una "prassi" ovvero stile di condotta, suscettibili di ripetersi nel tempo, in quanto espressione di una determinata organizzazione (o meglio, disfunzione di impresa).

Né rileva (al fine di dimostrare l’assenza di effetti apprezzabili della pratica), la circostanza che all’Autorità sia pervenuta, una sola segnalazione.

E’ ormai acquisizione consolidata quella secondo cui l’illecito consumeristico in esame è un illecito di pericolo, e, pertanto, la condotta, al fine di assumere rilevanza ai sensi delle più volte riportate disposizioni del Codice del Consumo, "non deve dimostrare una concreta attuazione pregiudizievole (per le ragioni dei consumatori), quanto, piuttosto, una potenzialità lesiva (per le scelte che questi ultimi, altrimenti, sono legittimati a porre in essere fuori da condizionamenti e/o orientamenti decettivi) che consente di ascrivere la condotta nel quadro dell’illecito (non già di danno) ma di mero pericolo" in quanto intrinsecamente idonea a condurre alle conseguenze che la disciplina di legge ha inteso, invece, scongiurare (sentenza n. 3722 dell’8 aprile 2009).

La normativa in materia non ha, infatti, la mera funzione di assicurare una reazione alle lesioni arrecate dalle pratiche scorrette agli interessi patrimoniali del consumatore, ma si colloca su un più avanzato fronte di prevenzione, essendo tesa a salvaguardarne, in primo luogo, la libertà di autodeterminazione, e, pertanto, a prevenire indirettamente distorsioni del funzionamento del mercato concorrenziale, sin da una fase ampiamente prodromica rispetto all’effettiva instaurazione del rapporto negoziale.

Con particolare riguardo all’incidenza economica del prezzo di beni e servizi, secondo la, altrettanto consolidata giurisprudenza della Sezione (cfr., ad. esempio, la sentenza n. 8396 dell’8.9.2009), se, in linea di massima, è "l’omissione di alcuno degli elementi da cui dipende il prezzo del servizio pubblicizzato che può indurre in errore il consumatore e rendere ingannevole il messaggio con riguardo a tale profilo, anche le sole modalità di presentazione del prezzo possono sortire tale effetto e quindi porsi in contrasto con l’ampia previsione della norma richiamata, in particolare quando il messaggio pubblicitario enfatizza non il prezzo finale ed effettivo, ma un prezzo base a cui si aggiungono ulteriori costi ed oneri, e il prezzo finale ed effettivo non risulta di chiara e immediata percezione da parte del consumatore, per la macchinosità del calcolo o per la non agevole percezione delle relative informazioni.".

E’ infatti noto che gli slogan pubblicitari vengono letti velocemente, e che, sulla base di tale comune nozione di psicologia, i pubblicitari modellano le proprie strategie di comunicazione.

Inoltre, "non è l’articolazione del prezzo o della tariffa, che è connaturata alla natura del bene o del servizio offerto e che obbedisce ad una autonoma scelta imprenditoriale, a rendere ingannevole il messaggio pubblicitario, ma la scelta di enfatizzare un prezzo base che non corrisponde al prezzo finale ed effettivo, e che può indurre in errore il consumatore quando non si accompagni a modalità di presentazione del messaggio complessivo che consentano una precisa e immediata percezione del prezzo finale ed effettivo" (così TAR Lazio, I, 16 gennaio 2008, n. 276; id., 16 gennaio 2008, n. 277; id., 21 gennaio 2002, n. 633).

Anche nel caso in esame, appare dunque ragionevole nonché conforme alle attuali disposizioni in materia di pratiche commerciali sleali, la determinazione dell’Autorità di ritenere ingannevoli iniziative promozionali che rendano difficoltoso al consumatore percepire la reale convenienza economica dell’offerta, ovvero l’incidenza della spesa che egli dovrà effettivamente affrontare.

Non sembra, infine, che la sanzione in concreto irrogata (pari ad euro 36.000,00), avuto riguardo alla gravità della condotta (rappresentata anche dalla rilevata assenza di linee guida da fornire alle agenzie affiliate), e agli altri elementi presi in considerazione dall’art. 11 della l. n. 689 del 1981, sia eccessiva.

Premesso che (cfr. il par. 170 del provvedimento impugnato), in considerazione delle perdite di esercizio fatte registrare dal professionista, l’Autorità ha operato una riduzione di circa il 10% della sanzione base, nel caso di specie risulta che, ai fini della quantificazione di quest’ultima (par. 167 e ss), sia stato dato rilievo, anzitutto, alla dimensione della società B. "che, in base alle informazioni dalla stessa fornite, fa parte di un gruppo di crescente notorietà, verticalmente integrato, operante attraverso un’ampia rete diffusa su tutto il territorio italiano di circa 430 agenzie di viaggio. In base all’ultimo bilancio disponibile, la società risulta aver realizzato, nel 2008, un fatturato di circa 178 milioni di euro, potendosi ritenere, pertanto, un’importante impresa nel settore delle agenzie di viaggio e del turismo."

Circa il rilievo attribuito alla dimensione economica della società, non occorre, invero, spendere molte parole per ricordare che non solo si tratta di uno dei parametri specificamente elencati dal cit. art. 11 della l. n. 689 del 1981 (richiamato dall’art. 27, comma 13, del Codice del Consumo), al fine di assicurare gli effetti deterrenti della sanzione, ma che, secondo un consolidato orientamento dell’Autorità, l’importanza economica dell’operatore è idonea, di per sé, a rendere più efficace la comunicazione pubblicitaria e, pertanto, ad aggravarne la valenza lesiva ove la stessa integri anche una pratica commerciale scorretta (cfr. TAR Lazio, sez. I^, sentenza n. 277/2008).

Inoltre, pur non essendo stato dato particolare risalto, nel caso di specie, all’esistenza di una sola segnalazione, non risulta nemmeno che tale dato sia stato del tutto pretermesso e che, pertanto, l’effettivo impatto della pratica non sia stato bilanciato con gli altri fattori di ponderazione elencati dall’art. 11 della l. n. 689 del 1981.

3. Relativamente alla condotta sub B), parte ricorrente ha in primo luogo dedotto l’esistenza di una parziale divergenza tra la comunicazione di avvio del procedimento e il provvedimento finale, sull’assunto che, la prima, avrebbe avuto esclusivo riguardo alla modifica del programma di viaggio concordato mentre i rilievi dell’Autorità si sono appuntati, in particolare, sull’art. 18 delle Condizioni generali di contratto.

In realtà, come già in precedenza evidenziato, nella comunicazione di avvio si faceva chiaro riferimento, tra l’altro, non solo all’ingannevolezza "delle informazioni divulgate in ordine al programma dei suddetti pacchetti viaggio" ma anche alle "condizioni contrattuali di viaggio" (cfr., in particolare, il par. 16 del provvedimento impugnato).

Più in generale, il Collegio ricorda che, effettivamente, rispetto ai procedimenti intesi a reprimere la pubblicità ingannevole e comparativa, quelli in materia di pratiche scorrette richiedono, oggi, all’Autorità, un maggiore e più articolato impegno istruttorio.

Infatti, salvo i casi di condotte "tipizzate" (elencate agli artt. 23 e 26 del Codice del Consumo), incombe ad essa di individuare con precisione le azioni, omissioni e/o dichiarazioni ritenute ingannevoli e/o aggressive.

In tal senso, il riferimento all’ "oggetto del procedimento", contenuto nell’art. 6 del Regolamento sulle procedure istruttorie adottato in data 15 novembre 2007, non può esaurirsi nel mero richiamo delle norme di cui si ipotizza la violazione.

Rimane tuttavia prerogativa dell’Autorità quella di prospettare un ampio spettro d’indagine, atteso che, come più volte affermato dalla Sezione proprio in materia di pubblicità ingannevole, un maggior grado di dettaglio e di analiticità delle argomentazioni è logicamente esigibile solo nella fase conclusiva del procedimento "che costituisce l’esito della fase istruttoria, mentre non sempre può caratterizzare la fase di avvio, nella quale, invece, deve essere con precisione identificato il solo messaggio, o i profili dello stesso, oggetto d" indagine al fine di mettere in grado l’operatore pubblicitario di potere proficuamente partecipare all’istruttoria" (TAR Lazio, sez. I^, 12 maggio 2008, n. 3880; id., 13 aprile 2006, n. 2737).

Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie, in cui B. è stata resa chiaramente edotta del fatto che avrebbero formato oggetto di esame anche, come detto, le condizioni contrattuali di viaggio (nel loro complesso).

3.1. Relativamente all’imputazione della condotta, con particolare riguardo all’offerta dei pacchetti di viaggio con destinazione Egitto, si sono già riportati i passaggi del provvedimento in cui l’Autorità ha preso in esame l’integrazione verticale esistente tra B. e G., entrambe controllate al 100% dalla Bluholding s.p.a., ed assoggettate "ad una medesima direzione, nel quadro di un’organizzazione complessivamente unitaria dei servizi rispettivamente offerti".

A ciò si aggiunga che, secondo la giurisprudenza civilistica, richiamata dall’Autorità, è pacifico che l’agenzia intermediaria debba "agire con diligenza professionale nella scelta dell’agenzia organizzatrice",

Si tratta di una responsabilità propria sebbene distinta da quella relativa agli eventuali inadempimenti dei "tour operator" (la quale presuppone "la dimostrazione che l’intermediario conoscesse, o avrebbe dovuto conoscere, l’inaffidabilità dell’organizzatore di viaggio o dei prestatori dei servizi").

Nel caso in esame, peraltro, in virtù del rapporto di controllo con G., B. aveva sicuramente la possibilità di verificare la programmazione di tale operatore nonché il contenuto degli accordi contrattuali con i vettori.

In sostanza, se è vero che, come sostenuto da parte ricorrente, operatore e venditore operano secondo le rispettive responsabilità, alla stregua di quanto stabilito dalla normativa internazionale e comunitaria in materia (quest’ultima compendiata dall’art. 93 del Codice del Consumo, secondo cui "in caso di mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico, l’organizzatore e il venditore sono tenuti al risarcimento del danno, secondo le rispettive responsabilità, se non provano che il mancato o inesatto adempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a loro non imputabile."), il grado di diligenza richiesto dal Codice del Consumo all’agenzia intermediaria, a ben vedere, non è diverso da quello implicato dalle norme civilistiche in materia di mandato, con l’aggiunta che, nella fattispecie (in disparte il già rilevato rapporto di integrazione verticale tra agenzia di viaggi e t.o.) parte ricorrente risponderebbe comunque a titolo di concorso nell’illecito di G., per avere diffuso il catalogo del t.o., "nonché venduto, in modo sistematico, i pacchetti viaggio con destinazione Egitto" (par. 122 del provvedimento impugnato).

Vale infatti ricordare (cfr. le sentenze, nn. 10464/08, 10465/08, e 10468/08 del 20.11.2008; 15 giugno 2009, n. 5920, Fatturazione per chiamate satellitari; 15 giugno 2009, n. 5628, Sms messaggi in segreteria) che anche nell’ambito dell’illecito c.d. consumeristico è possibile configurare, "alla luce tanto dei principi generali di diritto punitivo, quanto in particolare, dell’art. 5 della l. 24 novembre 1981, n. 689, un’ipotesi di concorso di persone nell’illecito amministrativo", ben potendo l’imputazione di responsabilità reggersi giuridicamente "allorché risulti, in concreto, che tale soggetto abbia in realtà con il suo contegno contribuito a porre in essere la condotta sanzionata".

3.2. Un distinto ordine di rilievi si appunta sull’interpretazione dell’art. 11 del Regolamento CE n. 2111/2005 nonché sull’argomentazione, agli stessi strettamente congiunta, secondo cui le norme del Codice del Consumo, relative tanto alla promozione quanto alla conclusione del contratto, debbano essere interpretate nel senso in cui non sarebbe necessaria l’indicazione del vettore, di cui invece, il cit. Regolamento UE 2111/2005 consentirebbe l’indicazione in un momento successivo.

Parte ricorrente reputa in particolare che la facoltà, per i. t.o., di modificare il vettore aereo, non rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 91 del Codice del Consumo, in quanto tale disposizione riguarda esclusivamente le modifiche che incidano su elementi essenziali del contratto di viaggio, tra i quali, secondo la società, non rientra la compagnia aerea che effettua il trasporto.

Neppure è vero che, ai sensi dell’art. 91, siano consentite esclusivamente le modifiche giustificate da "circostanze indipendenti dalla volontà dell’operatore".

L’Autorità non terrebbe adeguatamente conto, infatti, che, secondo il già richiamato art. 11 del Regolamento 2111/2005, la modifica degli operativi di volo e del vettore può essere effettuata "qualunque ne sia la ragione", facendo scattare quale unica conseguenza in capo al professionista il solo obbligo di comunicazione al consumatore.

Anche in questo caso AGCM pretenderebbe, inoltre, di addossare al venditore la responsabilità dei tour operator e dei vettori.

Relativamente all’art. 18 delle condizioni generali di contratto, ed in particolare per quanto concerne la clausola relativa al carattere meramente indicativo dell’operativo dei voli, parte ricorrente evidenzia ancora che, come confermato dall’art. 19 del Codice del Consumo, spetta esclusivamente al giudice ordinario valutare la legittimità delle clausole predisposte dal professionista, nonché di apprestare gli specifici strumenti previsti per inibirne l’uso (cfr. art. 37).

Sarebbe comunque prassi comune del settore quella di modificare gli orari di partenza e di arrivo dei voli charter.

3.2.1. Il Collegio osserva, in primo luogo, relativamente alla prassi del settore aereo, invocata da parte ricorrente, che non è ben chiaro perché i tour operator debbano "riversare" gli effetti delle clausole loro imposte dai vettori sui consumatori e perché tale prassi giustifichi, nella fattispecie, la condotta addebitata dall’Autorità circa l’assenza di una preventiva e diligente organizzazione.

Al riguardo, è bene sottolineare che alla ricorrente non sono state contestate le variazioni degli operativi dei voli in sé bensì più condotte integranti una distinta, complessa pratica commerciale, alla stessa esclusivamente imputabile, consistente, da un lato, nell’ "divulgazione di informazioni ingannevoli con riferimento alle condizioni generali di contratto di G. sul valore meramente indicativo degli operativi dei voli oggetto di commercializzazione", dall’altro nella "diffusione di informazioni ingannevoli circa i pacchetti viaggio con destinazione Egitto" con la conseguente variazione dei programmi di viaggio.

Sotto il primo profilo, l’Autorità ha evidenziato che "le condizioni generali di G. e l’informativa fornita da B. nelle proprie comunicazioni sui pacchetti viaggio venduti richiamano l’opposto principio (scilicet: in rapporto agli obblighi informativi previsti dal Codice del Consumo) per cui "gli orari e i percorsi dei voli sono indicativi e non rientrano nelle condizioni contrattuali poiché soggetti a variazione da parte delle Compagnie Aeree e delle Autorità".

L’affermazione, secondo l’Autorità, fornisce una informazione "fuorviante sulla specifica disciplina dettata dal Codice del Consumo in materia di jus variandi per i pacchetti turistici, inducendo i consumatori a ritenere, contrariamente al vero, di dover accettare qualsiasi modifica dell’operativo dei voli concordato, ivi compresa quelle implicanti una riduzione del periodo di soggiorno. Detta informazione, pertanto, impedisce ai consumatori di intraprendere le azioni idonee a garantire il pieno esercizio dei diritti previsti dagli artt. 91, 92 e 93 del Codice del Consumo a fronte di specifici disservizi del professionista".

Inoltre, il professionista "ha divulgato informazioni non veritiere e ambigue rispetto ai pacchetti viaggio con destinazione Egitto anche sotto il profilo della mancata corrispondenza tra le condizioni di trasporto indicate e quelle realmente fruibili in base a un’effettiva e preventiva programmazione dei collegamenti aerei" (par. 138).

E’ stato in particolare stigmatizzato il messaggio pubblicitario sul catalogo G.Edizione 2009 essendo lo stesso "non rispondente al vero quanto ai mezzi di trasporto oggetto degli stessi pacchetti viaggio, e, segnatamente, in ordine alla fruizione di voli delle compagnie E. e A.I.".

Sono state inoltre trasmesse "agli acquirenti dei pacchetti informazioni ingannevoli circa gli operativi dei voli facenti parte degli stessi pacchetti, le relative partenze e le motivazioni della loro variazione".

Al riguardo, viene sottolineato "il mancato assolvimento dell’onere della prova attribuito al professionista ai sensi dell’articolo 27, comma 5, del Codice del Consumo. Le informazioni e i documenti forniti in tale sede dal professionista evidenziano infatti l’inesattezza dell’affermazione, contenuta nel catalogo G.Edizione 2009, secondo cui i pacchetti viaggio con destinazione Egitto durante l’anno 2009 sarebbero stati realizzati mediante voli operati da E. ed A.I.. In realtà, nel periodo di riferimento i collegamenti aerei per l’Egitto sono stati generalmente assicurati mediante altre compagnie aree e solo in minima parte tramite E. (1%) e A.I. (11%)" Inoltre, "quanto ai collegamenti E. che avrebbero dovuto essere assicurati mediante il rapporto contrattuale con P., va rilevato che lo stesso contratto non garantiva l’utilizzo esclusivo di tale vettore; d’altra parte, il professionista ha comunque riconosciuto che P. ha largamente disatteso l’impegno, rispettandolo, di massima, solo con riferimento ai voli operati dagli aeroporti di Verona e Bergamo, ad esclusione, dunque, dei restanti collegamenti indicati in catalogo con gli aeroporti di Milano Malpensa, Roma Fiumicino, Bologna e Pisa".

Ed ancora, "il professionista non ha fornito elementi probatori sull’esattezza dei dati di fatto connessi alla gestione delle singole pratiche oggetto di segnalazione e, in particolare, sulla corrispondenza dei voli indicati dal professionista nelle proprie comunicazioni commerciali a una preventiva ed effettiva programmazione da parte dei vettori aerei, nonché in merito alla circostanza, asserita nelle informazioni rese ai consumatori, che le variazioni del programma di viaggio sarebbero state comunicate dai vettori in relazione ad intervenuti impedimenti nello svolgimento della loro attività". Nella generalità dei casi, la società "non ha pertanto fornito alcuna documentazione attestante la veridicità di quanto comunicato ai consumatori e, in particolare, sul fatto che dette variazioni sarebbero state determinate da fattori riguardanti l’attività delle compagnie aeree".

In definitiva "le variazioni di programma oggetto di segnalazione sono da imputarsi a fattori dipendenti dall’organizzazione del professionista e non già a circostanze dipendenti da caso fortuito, forza maggiore o altre circostanze eccezionali, che il professionista non avrebbe potuto, mediante l’esercizio dell’ordinaria diligenza, prevedere e risolvere e che avrebbero potuto giustificare, ai sensi dell’articolo 91 del Codice del Consumo, la variazione delle condizioni di trasporto concordate. Tale conclusione risulta peraltro confermata dalla motivazione addotta dal professionista a fronte della mancata produzione di congrui elementi probatori, riguardante l’asserita indisponibilità di una registrazione sistematica in ordine ai voli e alle cause delle relative variazioni. Detta circostanza, infatti, lungi dal costituire una causa di oggettivo impedimento, comprova la mala gestio del professionista e l’esistenza di un suo comportamento colposo sotto il profilo organizzativo, in quanto attesta l’omessa vigilanza sulla corretta esecuzione delle obbligazioni assunte e, in particolare, sulle eventuali variazioni dei programmi di viaggio concordati. In tal senso, si richiama, inoltre, il contenuto lacunoso dei report interni depositati dal professionista, nei quali non sono correttamente riportate neppure le variazioni dei voli oggetto di accertamento".

Sulla base degli elementi raccolti, l’Autorità ha infine accertato "una reiterata variazione dei programmi di viaggio con destinazione Egitto, sul presupposto che gli operativi di volo e, in generale, le modalità di trasporto, non facessero parte del contratto di viaggio e, quindi, potessero essere modificati senza le limitazioni e le garanzie previste dal codice del consumo a tutela dei consumatori (artt. 91 e 92)". Il professionista si è dunque avvalso della facoltà di modificare gli operativi dei voli "a prescindere dall’esistenza di fatti obiettivamente riferibili ai vettori fornitori del servizio di trasporto aereo e riconducibili, invece, a proprie autonome scelte commerciali. Tale approccio risulta alla base dei disagi lamentati dai consumatori, individuabili, tra l’altro, nella riduzione dei periodi di soggiorno effettivo rispetto a quelli concordati".

3.2.2. Relativamente all’argomentazione secondo cui il Codice del Consumo non richiederebbe affatto la previa indicazione dell’identità del vettore, sia nella fase promozionale che contrattuale, il Collegio osserva, in primo luogo, che proprio il Regolamento n. 2111/2005 invocato attesta, semmai, l’importanza ormai assunta da tale elemento, non solo nella "percezione" del consumatore medio, ma anche ai fini degli obblighi di informazione, gravanti sui vettori e sui tour operator.

Va infatti evidenziato che detto Regolamento attribuisce preminente rilievo proprio all’ "informazione sull’identità del vettore aereo effettivo" (così la rubrica dell’art. 11) essendo chiaramente enunciato che "Al momento della prenotazione il contraente del trasporto aereo comunica ai passeggeri l’identità del vettore effettivo o dei vettori effettivi, indipendentemente dai mezzi utilizzati per fare la prenotazione" (comma 1).

Solo se "l’identità del vettore aereo effettivo o dei vettori aerei effettivi non è ancora nota al momento della prenotazione, il contraente del trasporto aereo fa in modo che il passeggero sia informato del nome del vettore o dei vettori aerei che opereranno probabilmente in quanto vettori aerei effettivi per il volo o i voli interessati". In tal caso, peraltro "il contraente del trasporto aereo fa in modo che il passeggero sia informato dell’identità del vettore o dei vettori aerei effettivi non appena la loro identità sia stata accertata" (comma 2).

Premesso, dunque, che l’informazione circa l’identità del vettore costituisce l’oggetto di un obbligo specifico del contraente del trasporto aereo, ovvero, come nel caso di specie, del tour operator in quanto parte del più complesso contratto di "pacchetto turistico", non è chiaro al Collegio come, da tale norma comunitaria (dettata al fine di proteggere gli utenti del trasporto aereo), possa trarsi la conclusione secondo cui l’identità del vettore aereo e l’operativo dei voli non farebbe parte del contenuto del contratto o che, comunque, il t.o. possa ad esso apportare qualunque modifica per ragioni di mera convenienza commerciale, ribaltando sostanzialmente sui consumatori le proprie inefficienze organizzative e programmatorie.

Più in generale, osserva il Collegio che l’interpretazione suggerita da parte ricorrente in ordine all’interpretazione dell’art. 91 del Codice del Consumo, contrasta, prima ancora che con l’esigenza di protezione del consumatore alla quale la normativa in esame è ispirata, con gli stessi principi di equilibrio sinallagmatico che regolano gli ordinari rapporti negoziali.

In base all’interpretazione propugnata da parte ricorrente, uno dei contraenti si troverebbe infatti ad alterare a suo piacimento l’assetto negoziale senza che l’esercizio del diritto di recesso, ovvero di riprotezione, riconosciuti alla controparte contrattuale, possano effettivamente compensare siffatta alterazione. Si tratta, infatti, di scelte di "second best", che non garantiscono al consumatore il soddisfacimento dell’interesse primario perseguito con la stipulazione del contratto di pacchetto turistico.

Nel caso in esame, come già evidenziato, il riconoscimento normativo dell’esistenza di un contraente "debole", rende peraltro siffatta interpretazione, del tutto improponibile, su un piano logico, prima ancora che giuridico.

Con specifico riguardo alla formulazione dell’art. 18 delle condizioni generali di contratto, non è poi in definitiva contestato che tale clausola sia congegnata in maniera tale da indurre in errore i consumatori medesimi circa i diritti loro riconosciuti in caso di modifica delle condizioni di trasporto pattuite, posto che l’assunto di parte ricorrente è proprio quello secondo cui l’indicazione del vettore non è parte del contratto.

Al riguardo, non è peraltro condivisibile l’affermazione secondo cui che l’operato dell’Autorità invaderebbe un campo (quello relativo alla valutazione dell’abusività delle condizioni generali di contratto) che, ai sensi dell’art. 19 CdC non le compete, essendo riservato all’Autorità giudiziaria ordinaria.

AGCM, nel caso di specie, si è infatti limitata ad accertare l’esistenza di una (complessa) pratica commerciale scorretta, ancorché, a tale fine, abbia utilizzato anche principi propri dell’ordinaria ermeneutica contrattuale al fine di decodificare il contenuto informativo recato dalla documentazione utilizzata per la conclusione dei contratti.

Non è inutile ricordare, al riguardo, che, come più volte affermato dalla Sezione, sussiste, in realtà, un rapporto di complementarità tra il Codice del Consumo e gli ordinari strumenti di tutela contrattuale (cfr., tra le tante, le sentenze del 15 giugno 2009, nn. 5625, 5627 e 5629), essendo peraltro ben distinti gli ambiti nonché le tecniche di intervento di un’Autorità amministrativa (ancorché indipendente) e dell’Autorità giudiziaria.

Sono poi del tutto inconferenti i rilievi circa una qualche forma di discriminazione che AGCM avallerebbe nei confronti di Air M. in violazione della normativa sull’accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie, non venendo qui in questione le disposizioni a tutela della concorrenza, bensì quelle relative al contrasto delle pratiche commerciali sleali.

Al riguardo, vale peraltro conclusivamente osservare che, se l’identità del vettore aereo non rappresenta (come assume parte ricorrente) un elemento essenziale, qualificante, o, almeno, "significativo" del contratto, non appare chiaro perché, nei cataloghi realizzati da G. e diffusi da B., venga pubblicizzato l’utilizzo di particolari compagnie aeree e non di altre, queste ultime rese note solo a pochi giorni dalla partenza in qualità di vettori "effettivi".

In realtà, è proprio il comportamento di parte ricorrente, nonché la funzione di "aggancio" dalla stessa attribuita all’indicazione di una certa compagnia aerea piuttosto che di un’altra, a rivelare che, nella percezione del consumatore medio, l’identità del vettore è divenuta un elemento rilevante e significativo del contratto, tale da comportare, da un lato, la rigorosa verifica prevista dall’art. 91 del Codice del Consumo, circa la necessità della modifica stessa, nonché, dall’altro, ove ne ricorrano i presupposti, l’applicazione delle garanzie di recesso, rimborso e/o risarcimento all’uopo previste.

4. Con ulteriore ordine di rilievi, parte ricorrente contesta le valutazioni dell’Autorità, nella parte in cui la stessa ha ravvisato, in particolare nella fase c.d. di postvendita, un chiaro profilo di aggressività del comportamento del professionista, caratterizzato dall’indebito condizionamento delle scelte dei consumatori, in particolare "quelle relative all’esercizio della facoltà di recesso, in violazione degli artt. 24 e 25, lettere a) e d), del Codice del Consumo.".

L’Autorità rileva, al riguardo, che il professionista, "lungi dall’avvertire i consumatori con congruo anticipo e per iscritto della sopravvenuta necessità di modificare le condizioni di trasporto, incidenti sulla durata del viaggio e la sua convenienza, ha invece reiteratamente adottato comportamenti ostruzionistici, quali l’indicazione di voli in realtà inesistenti, la comunicazione di variazioni degli operativi in forma orale e in prossimità della partenza, nonché la trasmissione di informazioni ambigue circa i diritti spettanti ai consumatori. Il professionista ha pertanto indebitamente condizionato la libertà di scelta dei consumatori con riguardo all’opportunità di avvalersi del diritto di recesso, ovvero di mantenere il contratto accettando le modifiche proposte dal professionista in anticipo, secondo le opzioni fornite dalla normativa".

4.1. Parte ricorrente ha in primo luogo eccepito che ogni modifica è stata sempre tempestivamente comunicata ai consumatori non appena ciò è stato possibile, e cioè non appena ha ricevuto la relativa informazione dal t.o., ovvero dal vettore.

Si è però già accennato, al riguardo, che l’Autorità ha operato, nel corso del procedimento, la c.d. "inversione dell’onere della prova" di cui all’art. 27, comma 5, del Codice del Consumo, in esito alla quale ha rilevato (par. 62 e ss. del provvedimento impugnato) una gestione del tutto approssimativa da parte del professionista, avendo questi affermato "che i dati relativi all’effettivo orario di decollo e di atterraggio dei voli sulle singole tratte, e le ragioni che li hanno determinati, non vengono registrati e conservati dalle società in modo puntuale e certificabile".

Anche ai fini del presente gravame, non è pertanto possibile apprezzare la tempestività delle comunicazioni effettuate.

Per quanto riguarda, inoltre, il profilo di "aggressività" di cui all’art. 25, lett. d) del Codice del Consumo, consistente in "qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista", pare al Collegio evidente che esso, nel caso in esame, è costituito non solo dalla prassi di dare comunicazione della variazione degli operativi in prossimità della partenza, ma, a monte, dalla carente programmazione del t.o., il quale, come rilevato dall’Autorità, si è basato su orari, e vettori, non corrispondenti nemmeno alla reale programmazione di questi ultimi.

Quanto all’effettiva "affidabilità" del tour operator P. (il quale, come si è visto, ha garantito a G. solo in minima parte l’utilizzo dei vettori concordati), è indiscutibile che rientri nelle scelte imprenditoriali di parte ricorrente scegliere e mantenere i rapporti con i propri partner commerciali, purché ovviamente, se ne assuma le conseguenti responsabilità, sia sul piano civilistico che amministrativo.

Non è poi vero (anche secondo la normativa comunitaria più volte richiamata) che l’onere di informare il consumatore circa l’identità del vettore gravi esclusivamente sul t.o., essendo espressamente previsto che solo "Se il venditore dei biglietti non è stato informato in merito all’identità del vettore aereo effettivo, non sarà responsabile del mancato rispetto degli obblighi previsti nel presente articolo." (art. 11, comma 5, reg. Ce n. 2111/2005).

Nel caso in esame, si è già evidenziato, peraltro, che B. ha diffuso i programmi ingannevoli di G. senza effettuare alcuna verifica, pur essendo ciò nella sua disponibilità dati i rapporti di direzione e di controllo che la legano al tour operator.

Al riguardo, nel provvedimento impugnato, viene sottolineato che "B., in virtù dei rapporti con P. e G., era perfettamente consapevole che i due operatori avevano reiteratamente modificato l’operativo dei voli inizialmente comunicati, nonché trasmesso informazioni erronee in merito a voli non facenti parte di un’effettiva programmazione da parte dei vettori interessati. Tale circostanza risulta, tra l’altro, dalla diffida trasmessa da E. a B.. Ciononostante, quest’ultima non ha mai interrotto i propri rapporti commerciali con P., né ha adottato alcun comportamento nei confronti della propria controllata G., venendo meno all’obbligo di operare con diligenza nella scelta dei tour operator e nell’espletamento della propria attività di intermediazione tra questi e i consumatori" (par. 119 e ss).

Inoltre, prosegue l’Autorità "è altresì priva di pregio la tesi di B. secondo cui non rientrerebbe negli obblighi di diligenza professionale delle agenzie di viaggio il controllo sulla veridicità degli operativi dei voli. Infatti, un’agenzia di viaggio, quale B., nello svolgimento della propria attività di intermediazione, è tenuta a fornire ai consumatori indicazioni chiare e veritiere circa gli elementi essenziali dell’offerta; tra le quali rientrano le informazioni sui voli facenti parte del pacchetto viaggio, e cioè la compagnia area, il luogo, la data e l’orario di partenza e di arrivo, nonché gli eventuali scali intermedi".

5. B. reputa poi contraddittorio che, sul piano sostanziale, essa stessa e G. siano state considerate in modo unitario, mentre, ai fini della sanzione, le due società siano state destinatarie di due distinti importi.

E’ facile al riguardo osservare, da un lato, che l’Autorità non ha mai ricondotto le due società ad unità giuridica, quanto evidenziato che i rapporti di controllo societario, nonché l’unità di direzione, rendevano la prima dotata di tutti gli strumenti per verificare l’idoneità della programmazione del t.o., rendendo pertanto concreta la c.d. "culpa in vigilando".

Sotto altro profilo, è comunque emersa, anche in relazione alla fattispecie in esame, la responsabilità diretta di B. nella diffusione di informazioni ingannevoli (in particolare, relative al carattere meramente "indicativo" degli operativi dei voli), sia nella fase di promozione dei cataloghi di G., sia in quella di stipulazione del contratto.

Al riguardo, l’Autorità ha osservato (par. 167 e ss.), che "Con riferimento alla gravità della condotta sub II, lettera B), deve, in primo luogo, ribadirsi l’importanza di B., per le motivazioni di cui al paragrafo precedente, nonché di G., facente parte dello stesso gruppo, la quale, pur avendo realizzato, nel 2008, un fatturato (corrispondente a circa 49 milioni di euro) più contenuto rispetto a quello della controllante, è tuttavia un operatore rilevante nel settore dei tour operator, avendo come mission lo sviluppo di attività di tour operating a servizio dei network distributivi appartenenti al medesimo gruppo che agiscono con il marchio B. e Vivere &Viaggiare.

La condotta deve considerarsi molto grave in ragione della sua natura, in quanto si riferisce a una pluralità di comportamenti, tra loro connessi, che, al di là dei singoli episodi di variazione dei voli oggetto di segnalazione, hanno dato ampia diffusione a un’informazione distorta circa le previsioni del Codice del Consumo e chiaramente decettiva delle scelte dei consumatori, ingenerando negli stessi l’erroneo convincimento della liceità delle variazioni dei programmi di viaggio effettuate dal professionista in contrasto con i presupposti previsti dalla normativa (quale quello della "necessità" delle modifiche, di cui all’articolo 91 del Codice del Consumo).

L’ampia diffusione dell’informazione, che ha interessato diversi canali di comunicazione (quali i cataloghi dell’operatore e la trasmissione di comunicazioni specifiche indirizzate ai consumatori), consentendo di raggiungere un numero consistente di soggetti e di esporli a un pregiudizio economico potenzialmente rilevante, deve ritenersi caratterizzata da un elevato grado di offensività.

Sotto questo stesso profilo, la particolare gravità della infrazione è ulteriormente avvalorata dal pregiudizio economico derivante dai comportamenti adottati dal professionista anche nella successiva fase di esecuzione del contratto, tenuto conto del fatto che, come desumibile dalle segnalazioni acquisite, i ritardi nei voli, in partenza o in arrivo, così come le variazioni degli scali, hanno determinato anche una minore durata effettiva dei periodi di soggiorno, oltre a significativi disagi connessi a lunghe e faticose attese, senza l’offerta di adeguate misure riparatorie o compensative (…).".

Alla luce di quanto precede, è pertanto evidente che, contrariamente a quanto assunto da parte ricorrente, l’Autorità ha scientemente non differenziato i ruoli di G. e di B., in considerazione della rileva esistenza di un’unica strategia nella vendita e predisposizione dei cataloghi, rafforzata dall’integrazione societaria.

La più elevata sanzione irrogata a B., appare comunque giustificata sia dalla sua posizione di controllante, sia dal più ampio fatturato.

5.1. B. ritiene poi che, illegittimamente, l’Autorità le abbia imposto di modificare le condizioni generali di contratto, la cui predisposizione rientra nell’esclusiva disponibilità del tour operator.

5.1.1. Il dispositivo del provvedimento impugnato, sub lett. e) prescrive che "le società B. S.p.A e G. S.r.l. presentino, entro sessanta giorni dalla notifica del presente provvedimento, una relazione nella quale siano illustrate le misure adottate per porre fine alla continuazione delle pratiche di cui al punto II, lettere B) e C), del presente provvedimento".

Reputa il Collegio che tale prescrizione debba essere rapportata al corpo della motivazione della delibera, in precedenza sintetizzata, e che pertanto l’Autorità non abbia inteso imporre a B. di ingerirsi nella sfera giuridica altrui, quanto di porre fine a quei comportamenti che sono ascrivibili alla sua responsabilità diretta (quali, ad esempio, la diffusione dei cataloghi G., non opportunamente modificati dal partener commerciali), e comunque di attivarsi (nella misura in cui ha un potere di controllo su G.) ai fini della modifica delle condizioni generali stesse.

6. Relativamente alla pratica sub C) del provvedimento di avvio, parte ricorrente, lamenta, in primo luogo, che solo nel provvedimento finale si sia fatto riferimento alla "modulistica utilizzata dalla società".

In disparte quanto già in precedenza evidenziato circa il contenuto della comunicazione di avvio del procedimento nella materia in esame, nella fattispecie risulta che, non solo, nella comunicazione di avvio, come in precedenza riportato, si fa chiaro riferimento alla modulistica contrattuale, ma, altresì, che parte ricorrente aveva chiara consapevolezza della natura e delle portata dell’addebito, essendosi specificamente difesa, nel corso del procedimento, in ordine alle espressioni utilizzate nella modulistica contrattuale (cfr., in particolare, il par. 100 del provvedimento impugnato).

L’Autorità, è inoltre bene consapevole che l’uso dell’espressione "obbligatoria" (chiaramente decettiva) è avvenuto sino alla metà del 2008, ma ha ulteriormente considerato che, anche successivamente "l’inclusione della relativa voce di costo "polizza assicurativa" nel modulo attualmente utilizzato dalla società" non evidenzia adeguatamente "che si tratta di un costo supplementare e diverso rispetto al prezzo del pacchetto turistico" risultando pertanto entrambe le condotte idonee "a ingenerare nel consumatore medio la convinzione che si tratti di una componente dovuta anziché accessoria e facoltativa, inclusa nel prezzo del pacchetto turistico".

A tali argomentazioni, non è sufficiente opporre che, comunque, deve esservi un consenso esplicito a sottoscrivere la polizza. Ciò in quanto il condizionamento della libera determinazione del consumatore avviene a monte di tale "consenso", attraverso l’utilizzo di espressioni che lo inducono in errore circa il carattere meramente facoltativo della stipulazione.

Con riferimento all’utilizzo della locuzione "obbligatoria", venuto meno a metà del 2008, non è poi condivisibile l’affermazione secondo cui non possa farsi applicazione di una sanzione pecuniaria in maniera disgiunta dal divieto di una pratica scorretta.

Non vi è, infatti alcuna norma, del Codice del Consumo che induca a tale conclusione, mentre è acquisizione ormai consolidata, anche del diritto della concorrenza (materia affine a quella in esame) che l’accertamento della violazione ha di per sé un valore monito, nel senso di rendere edotte le imprese interessate che il loro comportamento ha violato la normativa sulla concorrenza e che un ulteriore analogo modo di agire potrebbe essere del pari accertato e sanzionato in futuro (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. I^, sentenza n. 6833/2006).

Neppure immotivata, infine, appare la sanzione in concreto irrogata, ove si consideri quanto esposto dall’Autorità circa la gravità della condotta la quale "induce il consumatore all’acquisto di un ulteriore servizio, la polizza di assicurazione, dallo stesso ragionevolmente non preventivato e dal quale deriva un costo supplementare non chiaramente percepibile".

Tale pratica, inoltre, "in quanto realizzata con riferimento all’insieme dei pacchetti turistici venduti da B. mediante la sua ampia rete di agenzie di viaggio, è suscettibile di aver interessato un elevato numero di consumatori.".

6. L’ultimo motivo del ricorso principale, concerne la delibera di rigetto degli impegni proposti nel corso del procedimento.

6.1. L’istituto degli impegni, quale disciplinato dall’art. 27, comma 7, del Codice del Consumo, appare modellato su quello della c.d. "decisione con impegni", introdotto, nell’ambito della tutela della concorrenza, dall’art. 9 del Regolamento CE n. 1/2003, e, analogamente a quest’ultimo, comporta una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell’Autorità, tenuto conto del fatto che l’accettazione degli impegni non produce quell’effetto di chiarimento della regola giuridica che deriva, invece, dalle decisioni di infrazione.

Anche in materia di pratiche commerciali scorrette, l’Autorità è quindi chiamata a valutare non solo l’idoneità delle misure correttive proposte ma anche, come avvenuto nel caso di specie, la sussistenza di un rilevante interesse pubblico all’accertamento dell’eventuale infrazione, e quindi, prima ancora, la stessa opportunità di preferire una procedura "negoziata" a quella di infrazione.

La regola è, dunque, quella dell’accertamento dell’infrazione, laddove l’accettazione degli impegni è evenienza rispetto alla quale la discrezionalità dell’Autorità è massima, in quanto impinge nelle scelte, alla stessa esclusivamente rimesse, circa le proprie priorità di intervento.

Al riguardo, la Sezione ha già evidenziato (cfr., da ultimo, la sentenza n. 8394 dell’8 settembre 2009, nonché n. 2974 del 24 febbraio 2010) che la peculiarità e complessità del caso concreto, ovvero la necessità di stabilire dei principi con riguardo ad una fattispecie inedita, o ad un mutato assetto di mercato, ovvero ancora, l’interesse dell’amministrazione ad irrogare un’ammenda, attesa la funzione deterrente e di monito per gli operatori rivestita da quest’ultima, giustifica di per sé il rigetto degli impegni, attese le finalità di interesse pubblico connesse all’accertamento dell’eventuale infrazione.

A ciò si aggiunga che, esclusa la sussistenza, ovvero la prevalenza di siffatto interesse, parallelamente a quanto accade in materia di tutela della concorrenza, le misure correttive proposte debbono comunque "pertinenti" rispetto all’oggetto del procedimento e quindi funzionali all’elisione dei profili di ingannevolezza oggetto di accertamento.

Alla luce delle coordinate interpretative testé delineate, è quindi possibile correttamente apprezzare, nella fattispecie, il significato della decisione di rigetto degli impegni, evidentemente ispirata dalla necessità di intervenire incisivamente in un settore in cui sussistono incertezze interpretative e il comportamento degli operatori non appare ancora adeguato allo standard di diligenza individuato dall’Autorità come conforme al Codice del Consumo.

7. In considerazione di quanto appena argomentato, il ricorso principale deve essere respinto.

8. I motivi aggiunti, invece, sono inammissibili.

8.1. Ai sensi dell’art. 27, comma 12, del Codice del Consumo "In caso di inottemperanza ai provvedimenti d’urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti di cui ai commi 3, 8 e 10 ed in caso di mancato rispetto degli impegni assunti ai sensi del comma 7, l’Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 150.000 euro. Nei casi di reiterata inottemperanza l’Autorità può disporre la sospensione dell’attività d’impresa per un periodo non superiore a trenta giorni".

Nel caso in esame, il procedimento di verifica dell’eventuale inottemperanza, così come delineato dalla disposizioni testé riportate, appare tuttora in itinere, essendo, quelle impugnate, mere richieste istruttorie.

E se è vero che il contenuto di tali note delinea già chiaramente quali siano le condotte dall’Autorità ritenute satisfattive delle prescrizioni impartite con il provvedimento impugnato in via principale, esso diverrà effettivamente lesivo solo se e nella misura in cui verrà consacrato in un provvedimento di accertamento dell’inottemperanza, con le conseguenze del caso.

9. Le spese, infine, seguono, come di regola la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, definitivamente pronunciando sul ricorso e motivi aggiunti di cui in epigrafe, così provvede:

1) respinge il ricorso principale;

2) dichiara inammissibili i motivi aggiunti.

Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio, che si liquidano complessivamente in euro 3.000,00 (tremila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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