T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 21-06-2011, n. 5486 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Amministrazione comunale di Pomezia in data 22 marzo 2011 e depositato il successivo 1° aprile 2011, espongono i ricorrenti di avere acquistato pro indiviso da un Istituto religioso la proprietà di un villino ad uso abitazione con circostante giardinetto in località Torvaianica sin dal 1977 e pur a seguito di una vicenda penale a loro favorevolmente conclusasi, come nel prosieguo verrà indicato si sono visti ordinare il ripristino dei luoghi col provvedimento impugnato.

Avverso di esso e la relativa ingiunzione di pagamento dell’indennizzo per occupazione abusiva deducono:

1. Violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241; falsa applicazione dell’art. 1161 CN e della legge n. 689 del 1981.

2. Violazione e falsa applicazione degli articoli 28, 35 e 54 CN; dell’art. 822, comma 1 c.c.; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, errore nei presupposti, travisamento dei fatti.

3. Violazione dell’art. 2984 c.c.

Concludono per l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

L’Amministrazione comunale si è costituita in giudizio ed ha rassegnato opposte conclusioni, contestando tutte le doglianze proposte.

Alla Camera di Consiglio del 5 maggio 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione in forma semplificata avvertitene sul punto le parti costituite.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con esso gli interessati proprietari pro indiviso di un immobile situato in Pomezia fin dal 1977 contestano l’ordinanza con la quale quel Comune ha rilevato che essi occupavano abusivamente un’area demaniale marittima "di mq. 60 complessivi interamente scoperta asservita alla retrostante proprietà privata mediante recinzione in muratura recante un varco per l’accesso all’arenile regolato da cancello in legno" ed ha ingiunto loro la rimozione di dette opere abusive. Impugnano anche l’atto col quale il Comune ha ingiunto loro il pagamento dell’indennizzo per occupazione abusiva di demanio marittimo.

2. Le loro tesi sono sostanzialmente affidate ad alcune circostanze che è uopo premettere in quanto tornano utili ad una migliore disamina della questione.

Essi, infatti, rappresentano che fino al 1995 del tutto pacificamente detenevano l’area della quale il Comune ha richiesto lo sgombero e cioè fino a quando si apriva a loro carico, su rapporto della locale Capitaneria di Porto, un procedimento penale per asserita occupazione abusiva di suolo demaniale marittimo, in misura di ca. 60 mq, costituito da una porzione di terreno fronte mare e che il procedimento si concludeva nel 1999 con sentenza di assoluzione in parte per non avere commesso il fatto in ordine ad uno dei capi di accusa ed in parte perché il fatto non costituisce reato in ordine ad altro capo di accusa, rinvenendo quel giudicante la loro assoluta buona fede per avere acquistato l’immobile nello stato in cui si trovava. (Pretura circondariale di Roma, 15 febbraio 1999).

Espongono, altresì, che la vicenda è del tutto identica a quella decisa dal TAR con sentenza n. 5 del 1994 che, in base ad una accurata ricostruzione storica delle vicende relative alla confinazione demaniale in Torvaianica aveva accolto il ricorso proposto dai confinanti degli odierni ricorrenti ed il cui lotto di terreno è orientato in maniera del tutto identica a quella degli interessati.

2.1 Ciò chiarito essi lamentano che è mancata la comunicazione di avvio del procedimento che avrebbe consentito di rappresentare la esatta situazione come anche scaturente da pronunce giurisdizionali sopra citate. Ravvisano che l’ordine di ripristino ex art. 54 CN non ha natura di sanzione amministrativa e quindi il richiamo alla legge n. 689 del 1981, recato dal provvedimento in esame, appare erroneo.

2.2. Sostengono che come risulta dalla sentenza del TAR n. 5 del 1994 l’area su cui insiste la porzione posteriore dei lotti privati non è compresa nel demanio marittimo, laddove la prova dovrebbe essere offerta dall’Amministrazione procedente, per la circostanza che nulla è cambiato rispetto alla situazione accertata nel 1994 – 1999 con la sentenza menzionata.

2.3 In subordine i ricorrenti eccepiscono la prescrizione quinquennale dei pretesi crediti per indennità di occupazione abusiva e che potrebbero essere reclamati esclusivamente con riferimento all’ultimo quinquennio.

3. Le censure non sono condivisibili.

3.1. La questione è simile a molte altre riguardanti la medesima area demaniale marittima di Torvaianica e già scrutinate dal TAR con ordinanze cautelari (tra le tante: TAR Lazio, sezione I quater, 3 marzo 2011, ord. n. 813, n. 821 e 828) e con sentenze (TAR Lazio, sezione I quater, 6 aprile 2011, n. 3029, n. 3032 e n. 3035); in tali pronunce è compresa anche la ricostruzione normativa della vicenda che ne occupa, almeno per ciò che concerne la connessione dei rapporti tra competenze statali, regionali e comunali dal 1999 ai giorni nostri.

Poiché, nel caso in esame i ricorrenti col secondo motivo di ricorso contestano la demanialità della zona, rappresentando che sarebbe mancata la prova da parte dell’Amministrazione comunale della demanialità dell’area, della ricostruzione storico – normativa recata da dette sentenze, va pure evidenziato che l’originario atto di delimitazione degli arenili del Comune di Pomezia fu redatto in data 30 settembre 1926, ai sensi del regolamento di cui al R.D. 20 novembre 1879. La delimitazione fu approvata in data 19 settembre 1932 dal competente Ministero delle comunicazioni, Direzione Generale della Marina Mercantile e registrato a Civitavecchia il successivo 8 ottobre 1932 al n. 504 vol. 106 mod. II.

La circostanza posta in evidenza dal TAR nella sentenza n. 5 del 1994 – addotta dai ricorrenti a sostegno delle loro tesi – e secondo la quale poiché i termini lapidei di tale delimitazione sono gradualmente scomparsi nel tempo, senza che l’Amministrazione abbia poi provveduto ad ovviare a tale inconveniente e che "lungo il litorale di Torvaianica è stata da tempo annunciata una estesa operazione di verifica e di rideterminazione della linea di confine del demanio marittimo sulla base di rilievi topografici ancorati alle reti poligonometriche e quindi ai punti trigonometrici di triangolazione catastale", ma che "tale operazione di verifica non risulta a tutt’oggi attuata" non può fondare l’asserito difetto di prova della demanialità dell’area da parte del Comune.

Infatti, a prescindere dalla circostanza che i ricorrenti dimostrano la proprietà del villino e del giardinetto annesso in virtù di atto notarile a repertorio 32293 del 28 settembre 1977, non risultando tuttavia da tale atto le dimensioni di tale giardino che circondava il villino con l’annessa recinzione situata sul demanio, come posto in rilievo dalla Pretura circondariale di Roma con la citata sentenza del 1999, è da rilevare che, in altre analoghe circostanze, è chiarito come "non è concepibile neppure un’inversione dell’onere della prova a carico dell’Amministrazione comunale che, secondo le tesi di parte ricorrente, non avrebbe dimostrato la demanialità dell’area,…dal momento che, appunto, spetta a chi sostiene di essere proprietario di fornire la dimostrazione del diritto di proprietà, attraverso un giusto titolo." (TAR Calabria, Catanzaro, sezione II, 3 maggio 2006, n. 457, n. 458 e n. 459 per citarne alcune riguardanti fattispecie del tutto analoghe sulla costa ionica). E se i ricorrenti hanno dimostrato la proprietà del villino e di un’area, non meglio determinata, adibita a giardino producendo il relativo contratto di compravendita, in esso non è tuttavia chiarito quale sia l’estensione di tale loro proprietà privata, mentre il Comune ha rilevato che l’area occupata è abusivamente estesa su area demaniale per mq. 60,00, circostanza che essi non provano neppure a contestare, con conseguente impossibilità di accoglimento della relativa doglianza.

3.2. Ma anche la prima censura non può essere condivisa.

E’ noto, infatti, che le ordinanze di demolizione o come in questo caso le ingiunzioni di sgombero sono atti vincolati, nei confronti dei quali non è predicabile alcun utile apporto degli interessati (TAR Lazio, sezione I quater, 10 dicembre 2010, n. 36046 e la giurisprudenza ivi citata: TAR Umbria, Perugia, 28 ottobre 2010, n. 499 e di recente, TAR Puglia, Lecce, sezione III, 9 febbraio 2011, n. 240), sicché non se ne può senz’altro far derivare la illegittimità del provvedimento impugnato a causa della sua mancanza.

Comunque, pure se si volesse accedere alla tesi degli interessati, secondo cui la loro partecipazione al procedimento avrebbe consentito di evitare di adottare un provvedimento motivato con la notizia di reato risalente al 1995, superata dalla sentenza di assoluzione del 1999, va rilevato che la mancanza della comunicazione di avvio del procedimento "non può comportare più l’annullamento dell’atto "qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato" (art. 21 octies della legge n. 241 del 1990)" (TAR Lazio, sezione I quater, n. 36046/2010 cit.) e l’Amministrazione comunale ha in giudizio controdedotto sul punto, riportandosi alla costante giurisprudenza per la quale la ingiunzione a demolire è provvedimento vincolato.

3.3. Quanto alla eccepita intervenuta prescrizione in ordine all’indennizzo richiesto, sul punto non può non concordarsi con l’Amministrazione comunale sul termine decennale e non quinquennale di essa, attesa la natura di ristoro dovuto per mancato godimento del bene pubblico ex art. 2041 c.c., come pure ritiene la giurisprudenza in materia (Cassazione, sezioni unite, 18 novembre 1992, n. 12313).

4. Per le superiori considerazioni i provvedimenti vanno trovati scevri dalle dedotte censure ed il ricorso va di conseguenza respinto.

5. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna i ricorrenti S.G., M.R., A.O., L.R. al pagamento di Euro 2.000,00 per spese di giudizio ed onorari a favore del Comune di Pomezia.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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