Cass. civ. Sez. V, Sent., 26-10-2011, n. 22234 Imposta valore aggiunto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

to di entrambi.
Svolgimento del processo

La società contribuente impugnava in sede giurisdizionale la cartella esattoriale, con cui il competente Ufficio richiedeva il pagamento dell’IVA relativa all’anno 1995, dovuta sulla base della dichiarazione.

Deduceva l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo per tardività e l’inapplicabilità delle sanzioni all’amministratore.

L’adita CTP rigettava il ricorso, mentre la CTR, pronunciando sull’appello della contribuente, lo accoglieva in parte, escludendo la responsabilità dell’Amministratore.

In particolare, i Giudici di secondo grado ritenevano che l’iscrizione a ruolo fosse avvenuta tempestivamente, entro il termine del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, alla stregua della disciplina applicabile ratione temporis.

Con ricorso 12.05.2006, la società ha chiesto l’annullamento della decisione di appello, nella parte a se sfavorevole.

Con controricorso e contestuale impugnazione incidentale l’Agenzia delle Entrate ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze hanno chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento di quello incidentale, affidato ad un mezzo.
Motivi della decisione

Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità del controricorso e dell’impugnazione incidentale del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in quanto non è state parte nel giudizio di appello ed il ricorso risulta notificato il 12 maggio 2006, quindi, dopo la data dell’I gennaio 2001, a decorrere dalla quale l’Agenzia delle Entrate è subentrata all’Amministrazione delle Finanze nei rapporti giuridici già facenti capo a quest’ultima. La società contribuente, censura l’impugnata decisione, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, nonchè D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17.

Deduce l’erroneo operato dei Giudici di appello, per non avere considerato che la fattispecie era regolala dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, lett. a), come modificato dal D.Lgs. n. 46 del 1999, che fissava il termine decadenziale al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, nel caso, non rispettato.

Gli intimati – controricorrenti hanno eccepito l’infondatezza del ricorso, anche alla stregua del D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 bis, lett. c), secondo cui, per le dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001, come nel caso, la notifica delle cartelle va fatta entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

Con contestuale ricorso incidentale condizionato, hanno dedotto violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 51 e 53, nonchè artt. 324 e 327 c.p.c., sostenendo di non avere ricevuto la notifica dell’atto di appello. La questione posta dal ricorso va risolta sulla base del quadro normativo di riferimento e del consolidato principio secondo cui "In tema di riscossione delle:

imposte sui redditi, il D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, convertito con modificazioni nella L. 31 luglio 2005, n. 156 – dando seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, nella parte in cui non prevedeva un termine di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alle imposte liquidate ex D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis -, ha fissato, al comma 5 bis, i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni, ed ha stabilito all’art. 5 ter, sostituendo il D.Lgs. 29 febbraio 1999, n. 46, art. 36, comma 2, che per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere notificata, a pena di decadenza, per le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. La norma, di chiaro ed in equivoco valore transitorio, trova applicazione, come tale, non solo alle situazioni tributarie, anteriori alla sua entrata in vigore, pendenti presso l’ente impositore, ma anche a quelle (come il caso di specie) ancora "sub iudice". (Cass. n.1435/2006, n.4745/2006, n.21779/2005, n.26104/2005, n.26421/2005). La decisione impugnata risulta in linea con il trascritto principio, dal momento che, nel caso, trattasi della dichiarazione, relativa all’anno 1995, presentata nel 1996, e che la cartella di pagamento era stata notificata il 02 aprile 2001.

La pretesa erariale risulta, quindi, tempestivamente esercitata, dal momento che il termine del quinquennio, previsto dalla norma e richiamato dal condiviso principio, veniva a scadenza il 31 dicembre 2001. L’impugnazione incidentale dell’Agenzia, risultando proposta condizionatamente all’accoglimento del ricorso della contribuente, va, per l’effetto, dichiarata inammissibile.

In ogni caso, sulla scorta degli atti del giudizio di merito, – esaminati per essere stato denunciato un vizio del procedimento – la doglianza avrebbe dovuto essere dichiarata infondata.

Il ricorso di appello, infatti, giusta attestazione di conformità in calce, a firma del difensore della contribuente, risulta consegnato, direttamente all’Agenzia di Milano 6, in data 3 ottobre 2003, prot.

2003/00586, ai sensi del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3.

Entrambe le impugnazioni vanno, quindi, rigettate.

Stante l’esito del giudizio e l’epoca del consolidarsi dell’applicato principio, le spese di causa vanno compensate.
P.Q.M.

Rigetta entrambi i ricorsi e compensa le spese del giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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