Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-04-2011) 17-06-2011, n. 24408 Motivazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

N.A. e R.S. sono stati tratti a giudizio con rito immediato per rispondere dei seguenti reati:

ENTRAMBI:

a) del reato p. e p. dall’art. 110 c.p. e art. 628 c.p., commi 1 e 2 e comma 3, n. 1) perchè, in concorso tra loro, per procurarsi ingiusto profitto, all’interno dell’Hotel "(OMISSIS)", s’impossessavano di due telefoni cellulari e della somma di denaro di circa Euro 400,00 sottraendoli a O.B. e U.C., mediante minaccia esercitata a mezzo di coltello da cucina, nonchè violenza facendole abbassare sul letto, facendole colpire reciprocamente alla testa, avvolgendole con una coperta, pretendendo che si baciassero; immediatamente dopo la sottrazione, per assicurarsi l’ingiusto profitto e la impunità, usavano ulteriore violenza facendo mettere la maglia sulla testa a U.C. per coprirle gli occhi e tenendo bassa la testa di B., fino ad averle condotte a mezzo autovettura presso la stazione ferroviaria di (OMISSIS); con le aggravanti di avere commesso il fatto con armi e in più persone riunite; R.S.;

b) del reato p. e p. dall’art. 609 bis c.p. perchè costringeva U. C. a compiere/subire atti sessuali con violenza consistita nel pretender di avere un rapporto non protetto, nonostante il rifiuto della donna;

c) del reato p. e p. dall’art. 609 bis c.p. perchè costringeva O.B. a compiere/subire atti sessuali con violenza consistita nel pretendere di avere rapporto orale senza profilattico e, al rifiuto della donna, nello spingere con forza la testa della vittima verso il pene;

N.A.:

d) del reato p. e p. dall’art. 609 bis c.p. perchè costringeva U. C. a compiere/subire atti sessuali con violenza consistita nel pretendere un rapporto sessuale senza l’uso del profilattico, schiaffeggiandola;

e) del reato p. e p. dall’art. 609 bis c.p. perchè costringeva O.B. a compiere/subire atti sessuali con violenza consistita nel pretendere di avere rapporto orale senza profilattico e, al rifiuto della donna, nello schiaffeggiarla; (OMISSIS). f) del reato p. e p. dall’art. 110 c.p. e art. 628 c.p., commi 1, 2 e 3 perchè, in concorso con A., M.M., e H.E., all’interno dell’Hotel "(OMISSIS)", s’impossessavano dei telefoni cellulari e della somma di denaro di Euro 160,00 sottraendoli J.F., F.A. e S.B.;

segnatamente, N.A. sottoponeva la B. a violenza, consistita in botte sulla testa e schiaffi sulla faccia, nonchè a minacce di morte a danno delle tre donne con coltello da cucina lungo circa 40 inoltre il medesimo ordinava a M.M. e H. E. di prendere il maltolto dalla vittime, e i due si avvicinavano alle donne le quali, a quel punto, consegnavano le cose a N.; immediatamente dopo, per procurarsi l’ingiusto profitto e la impunità, conducevano a bordo di autovettura guidata da M. le vittime dall’hotel alla locale stazione ferroviari e, nel corso del tragitto, H. e N. ordinavano alle stesse di tenere le teste in basso e di non guardare dal finestrino; infine, H. si poneva davanti alla targa del veicolo per nasconderla dalla vista delle vittime. g) reato p. e p. dall’art. 609 bis c.p. perchè costringeva F. J. a compiere/subire atti sessuali con violenza consistita nel chiedere rapporto anche anale senza l’uso del profilattico e, al suo rifiuto, nello schiaffeggiarla, imponendole rapporto orale e vaginale senza preservativo e con eiaculazione nella vagina, minacciandola di morte in caso di denuncia di quanto accaduto alla polizia;

h) del reato p. p. dall’art. 609 bis c.p. perchè costringeva A.F. a compiere/subire atti sessuali e, segnatamente, senza preservativo e senza guanti, rapporto orale e vaginale con ivi eiaculazione, con violenza consistita nel picchiare la donna su tutto il corpo, nel metterla con i capelli Sotto l’acqua, nel minacciarla di morte in caso di denuncia di quanto accaduto alla polizia;

i) del reato p. e p. dall’art. 609 bis c.p. perchè costringeva B.S. a compiere/subire atti sessuali e, segnatamente, senza preservativo e senza guanti, rapporto orale con ivi eiaculazione, con violenza consistita nello schiaffeggiare la donna, nel darle pugni in testa e nel minacciarla di morte;

l) del reato p. e p. dall’art. 610 c.p. perchè impediva a F. J. di urlare e chiedere aiuto per quanto subito, mediante violenza consistita nel prendere per i capelli la donna e metterla sotto l’acqua corrente del lavandino, per poi versarle altra acqua fredda prelevata da un frigorifero; In (OMISSIS).

Gli imputati chiedevano che il giudizio venisse definito con rito abbreviato e, all’udienza del 21.5.2009, il G.u.p. del Tribunale di Saluzzo in data 21 maggio 2009 assolveva N. dal reato di cui all’art. 609 bis c.p. nei confronti di C.U. e art. 610 c.p. perchè il fatto non sussiste. Assolveva altresì R. S. dal reato di cui all’art. 609 bis c.p. nei confronti di U. Ch.pe.il.fa.no.su.Co.in.Ndokaj Alfred a.p.d.a.6.d.r.e.E.4.d.m.c. p.a.e.Rrotani Sander a.p.d.a.3.e.m.4.d.

r.e.E.2.d.m.c.p.a.r.

e.g.i.c.d.r.r.l.c. L.c.d.a.d.T.i.d.2.r.l.p. i.a.e.g.i.e.i.p.p.Ndokaj a.

a.3.e.m.1.d.r.e.p.Rrotani a.a.2.e.m.6.d.

r.

A.t.d.p.r.p.c.Ndokaj Alfred e.Rrotani Sander.

Nd.Al. deduce:

1) Erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p.; mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione;

travisamento della prova. Si rileva al riguardo che:

– in relazione all’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 609 bis c.p., la corte di merito avrebbe erroneamente applicato i criteri di valutazione probatoria elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di testimonianza della persona offesa dal reato omettendone la necessaria indagine circa la sua attendibilità intrinseca ed estrinseca. Si rileva infatti che nel caso di specie, se è vero che, come evidenziato in motivazione, le persone offese non si sono costituite, come parti civili nel procedimento penale, è paramenti vero il fatto che le stesse siano state oggetto, da parte degli imputati ed, in particolare, del ricorrente, di sottrazione del denaro e dei telefoni cellulari in loro possesso; il che impone necessariamente di tenere conto della possibile causale ritorsiva delle accuse.

Inoltre la Corte di merito si sarebbe "limitata a confutare le allegazioni difensive devolute con l’atto di appello ponendosi in una prospettiva esclusivamente verificazionista dell’ipotesi di accusa", rovesciando la prospettiva e "sanando" gli errori, imprecisioni, illogicità da cui è contrappuntato il contributo dichiarativo della persone offese.

– Quanto alle violenze sessuali del giorno 27/28 ottobre 2008 in danno di J., A. e B., si sostiene che gli elementi valorizzati dalla Corte territoriale a sostegno della ritenuta convergenza si ridurrebbero ad aspetti marginali rispetto alla materialità della condotta di violenza sessuale in quanto le circostanze per cui ciascuna delle ragazze era stata portata in una stanza dell’albergo saluzzese, che ivi ognuna di esse aveva avuto rapporti sessuali con gli accompagnatori costituiscono elementi pacifici e mai negati che, tuttavia, assumono valenza neutra rispetto all’imputazione.

Si rileva che è, invece, rispetto alla descrizione delle violenze asseritamente subite dal ricorrente e dagli altri imputati che emergono i profili di contraddittorietà e di inverosimiglianza e che la Corte territoriale ha operato una indebita sintesi in contrasto con quanto emerso nel corso dell’incidente probatorio. Si fa rilevare al riguardo che la A. aveva riferito che, una volta giunti nella stanza d’albergo, F. aveva tenuto una condotta immotivatamente violenta nei suoi confronti, afferrandola con forza per i capelli, mettendole la testa nel water, e, successivamente scaraventandola sul letto, denudandola ed offrendole del vino, prima di intrattenere con lei un rapporto sessuale e che solo a questo punto la persona offesa avrebbe consegnato un preservativo al ricorrente, che l’uomo avrebbe gettato via, dandole uno schiaffo.

Nella sentenza si afferma invece che … N. le aveva messo la testa nel water, l’aveva schiaffeggiata e scaraventata sul letto, gettando via il preservativo che gli aveva chiesto di indossare e, quindi, le aveva strappato i vestiti e l’aveva penetrata. A seguire il racconto della donna, dunque, la violenza connessa all’atto sessuale non consentito sarebbe rappresentata da un unico schiaffo ricevuto successivamente all’offerta del preservativo; mentre ciascun segmento di condotta in precedenza tenuta dall’uomo sembrerebbe ascriversi ad un approccio connotato, forse, dal desiderio di raggiungere, con tale modalità comportamentale, un appagamento sessuale, ma non certamente di ottenere con la forza un rapporto non consentito. In più nel corso dell’incidente probatorio la donna, oltre ad attribuire al ricorrente violenze finalizzate a piegarne la volontà, aveva introdotto anche la circostanza di aver dovuto subire anche un rapporto orale, non menzionato in precedenza. Quanto alla B., si rileva che l’affermazione di avere subito un rapporto vaginale non protetto non conclusosi con l’orgasmo dell’uomo, che avrebbe, poi, preteso il rapporto orale, appare inconciliabile con quanto la stessa donna ebbe a riferire in denuncia: …mi ha percossa e costretta ad avere il rapporto sessuale non protetto: terminato l’atto sono stata anche costretta ad avere un rapporto orale con l’uomo. Si aggiunge poi che, stando al suo racconto, la B. aveva attribuito al coimputato H. un rapporto sessuale e che l’uomo, essendosi lacerato un primo preservativo, non aveva chiesto di continuare senza, protezione l’atto sessuale, indossandone un secondo e si fa rilevare che appare quindi sul piano della logica difficile attribuire allo stesso H., nei confronti delle altre due donne, la pretesa di rapporti sessuali non protetti. Quanto alla J., si evidenzia che proprio ad essa si deve l’attribuzione ad H. di condotte violente finalizzate ad ottenere un rapporto sessuale non protetto da parte della B. che, invece, non ha mai formulato accuse in tal senso. Peraltro nell’incidente probatorio del 3 novembre 2008, la donna avrebbe modificato la precedente dichiarazione, riferendo che con M. aveva avuto un rapporto sessuale con il preservativo e che non era stata picchiata.

Nel tentativo di superare la possibile contraddittorietà la sentenza impugnata, secondo il ricorrente, motiva in termini non giustificabili alla luce del tenore dichiarativo assumendo come non fosse stato chiarito se la donna intendesse riferirsi ad H. o all’esponente o, comunque, solo al primo segmento dell’approccio sessuale laddove, invece, dalla descrizione della donna risultava pacifico che il secondo uomo con cui si sarebbe intrattenuta era stato sempre indicato nell’esponente.

Quanto all’argomentazione già svolta dal primo giudice relativa alla assenza di interesse delle straniere clandestine a rivolgersi alla p.g. per denunciare fatti non realmente avvenuti, si rileva che la condizione di clandestinità non emerge dagli atti di causa.

Si fa rilevare, infine, che la veridicità di quanto affermato dalle persone offese contrasta con la circostanza che il cameriere B. ha riferito di non avere avuto lamentele da parte dei vicini di stanza quella notte e si evidenzia infine l’assenza di riscontri oggettivi alle denunciate violenze.

– Quanto alle violenze sessuali del giorno 28/29 ottobre 2008 e, segnatamente, alle violenze sessuali denunciate dalla O., la sentenza impugnata avrebbe omesso – secondo il ricorrente – il doveroso vaglio critico sia in relazione ai profili di personale inattendibilità della stessa O. e della U., sia alla verifica della sovrapponibilità dei rispettivi narrati. Si fa rilevare al riguardo che le prime dichiarazioni rese da O. B. e da U.C., la mattina del 29 ottobre 2008, vennero mal comprese e tradotte in maniera approssimativa dal maresciallo dei Carabinieri F., che procedette alla relativa verbalizzazione senza avvalersi di un interprete: in tali dichiarazioni compaiono infatti particolari errati su cui le donne non avevano ragione di mentire, particolari comunque chiariti poche ore dopo, quando le due straniere vennero sentite con maggior calma e con l’ausilio, quale interprete, del capitano A.. Peraltro si fa rilevare che il verbale di ricezione di denuncia presentata oralmente da U. C. il 29 ottobre 2008, è l’unico atto redatto con il contributo dell’interprete nigeriana.

Anche in merito alla cronologia degli eventi descritti dalla donna si evidenzia non essere vero che, come affermato in sentenza (p.30), la O. aveva reiteratamente affermato che l’uomo poi identificato in N., arrivati nella stanza dell’hotel (OMISSIS), la condusse nel bagno, la aveva spogliata e obbligata, schiaffeggiandola, a un rapporto orale.

Si aggiunge al riguardo anche che la O. riferendo del rapporto orale non protetto che avrebbe subito dal R. nelle dichiarazioni rese alla presenza del capitano A., assume di esservi stata costretta perchè l’amico N. mi costringeva a farlo continuando a percuotermi ripetutamente e violentemente sulla testa con le mani.

La descritta condotta sparisce, invece, nel racconto della donna in incidente probatorio, tanto da determinare la contestazione difensiva sul punto.

– Quanto alla rapina del giorno 27/28 ottobre 2008 in concorso con gli altri due imputati ai danni delle tre donne per avere loro sottratto, con la minaccia di un coltello,i telefoni cellulari e la somma di 160 Euro, si insiste sulla non sovrapponibilità dei racconti delle stesse e che le dichiarazioni della J. in ordine all’episodio in esame non trovano affatto riscontro in quelle rese dal M..

Quanto, invece, al contributo dichiarativo delle altre persone offese, si fa rilevare che la B., in sede di denuncia, ha escluso di essere stata percossa in seguito alla richiesta del corrispettivo pattuito per la sua prestazione ed ha altresì affermato che, ancora in albergo, era stata perquisita, unitamente alle altre due amiche, dall’occupante il sedile anteriore dell’autovettura (identificato nell’odierno ricorrente), alla ricerca di denaro; non avendone rinvenuto, l’uomo le avrebbe richiesto la consegna del cellulare.

Solo successivamente, l’uomo sarebbe uscito dalla stanza d’albergo, per farvi ritorno con un coltello, con il quale avrebbe minacciato di morte le persone offese nel caso in cui avessero raccontato ad alcuno i fatti di cui erano state vittime.

Tali dichiarazioni, sostanzialmente sovrapponibili a quelle rese dalla A. nel corso dell’incidente probatorio, indicano che la minaccia con il coltello sarebbe successiva all’apprensione del cellulare. Si ritiene, pertanto, che la testimonianza della donna non possa fungere da valido riscontro alla chiamata in correità del M. nei confronti del ricorrente, nella parte in cui afferma che quest’ultimo avrebbe minacciato con un coltello le tre donne e che, pertanto, non può dirsi raggiunta evidenza certa in ordine alla sussistenza, nel caso di specie, dell’aggravante di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1), prima parte, in relazione all’asserito uso del coltello ad opera del ricorrente per commettere la rapina ai danni delle tre persone offese.

– Quanto alla rapina del 28/29 ottobre 2008 a danno di O. e U., mediante esibizione di un coltello si ribadisce l’inattendibilità delle denunciami e del racconto quantomeno in relazione alle ritenute aggravanti dell’uso dell’arma e della pluralità degli autori.

Si fa anche rilevare come la O. sia in sede di denuncia che di incidente probatorio abbia evidenziato che il R. aveva in realtà palesato il proprio dissenso rispetto all’operato del coimputato, trattendendogli l’arto con cui, a detta dei protagonisti della vicenda, l’esponente brandiva il coltello e che, pertanto, contrariamente all’opinione espressa in sentenza, le emergenze di causa conducono a qualificare la sua condotta in termini di opposizione rispetto all’altrui condotta materiale.

R.S.. i) mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla violenza sessuale che il R. S. avrebbe commesso ai danni della O.B. nella notte fra il 28 ed il 29 ottobre 2010. Al riguardo si fa rilevare che la Corte di merito ha ritenuto attendibili le dichiarazioni rese dalla stessa e dalla U.C..

Si fa tuttavia osservare come non sia in realtà vero che la O. abbia reiteratamente affermato di essere stata costretta dal R. ad un rapporto orale non protetto con la forza e si citano al riguardo la denuncia della mattina del 29 ottobre in cui non ha riferito di alcun rapporto orale, la integrazione della sera del 29 ottobre in cui ha affermato di aver avuto col R. un rapporto orale senza preservativo"; la deposizione in incidente probatorio in cui ha riferito di aver avuto con il R. un rapporto vaginale con il profilattico al termine del quale lo stesso R."… ha chiesto di fare bocca senza profilattico …".

Si rileva inoltre non essere nemmeno vero che l’esistenza di un qualsivoglia rapporto sessuale abbia trovato conferma nella dichiarazioni rese da U.C., la quale non ha assistito direttamente ad alcun rapporto sessuale tra la O.B. ed il R..

Si sostiene che di certo nessuno dei rapporti vaginali e/o orali, con o senza profilattico, che la Corte ha attribuito al R. sulla scorta delle (varie) affermazioni della O., è avvenuto alla presenza della U. come riferito, invece, dalla O..

Infine la Corte, senza motivare affatto sul punto, non ha tenuto in alcun conto la circostanza che il R. – a detta della U. – non era riuscito a portare a termine il rapporto con lei: ciò che rende quantomeno inverosimile che, subito dopo, avrebbe potuto consumare altri (molteplici) rapporti sessuali come riferito dalla O..

In ogni caso si fa notare che, stante la palese contraddittorietà tra le versioni rese dalle due ragazze, è da ritenere ingiustificato il riconoscimento di attendibilità di entrambe operato dalla Corte.

2) mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla partecipazione del R. alla rapina perpetrata dal N. ai danni di U.C. e O. B..

Si contesta la conclusione cui pervengono i giudici di appello e si rileva che il R. aveva inteso in realtà dissuadere il coimputato.

Il che comporta l’esclusione della partecipazione del R. nel reato o quantomeno il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 114 c.p..

Ciò posto si rileva che entrambi i ricorsi sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.

Per quanto concerne la posizione di N. si rileva quanto segue.

L’elemento centrale di prova, almeno per quanto concerne le violenze sessuali, è indiscutibilmente rappresentato dalle testimonianze delle vittime degli abusi.

Al riguardo il ricorrente pone essenzialmente in questa sede una questione di metodo di valutazione della prova.

Sostiene infatti, che la valutazione delle dichiarazioni rese dalle demandanti sarebbe stata effettuata con una metodologia non corretta in quanto i giudici di merito avrebbero omesso di approfondire il tema della credibilità delle denuncianti stesse, preoccupandosi piuttosto di eliderne in motivazione le evidenti contraddizioni e gli aspetti di non sovrapponibilità dei racconti denunciati nei motivi di appello, fornendo risposte illogiche e/o non rispondenti agli atti del processo con riferimento agli episodi contestati.

Tali rilievi non possono essere condivisi.

La verifica della credibilità del narrato si appalesa infatti esente da rilievi in questa sede per le ragioni di seguito indicate.

Osserva il ricorrente che nella specie vi sarebbe un interesse delle denuncianti a mentire quantomeno come reazione alla sottrazione dei cellulari e di altri oggetti e che gli aspetti di contraddittorietà delle versioni fornite agli inquirenti rappresentano un indice significativo di tale situazione.

Al riguardo deve anzitutto rilevarsi che la corte di appello ha – in maniera assolutamente logica – concettualmente escluso l’interesse a mentire delle denuncianti – su cui insiste anche in questa sede il ricorrente – evidenziando per un verso l’inutilità di muovere accuse ulteriori (e false) nei confronti di chi aveva già commesso reati in loro danno il reato di rapina e per altro verso, su un piano più generale, sottolineando che le cittadine straniere, in quanto clandestine, non avrebbero comunque potuto avere interesse alcuno a sollecitare l’intervento dei Carabinieri per denunciare fatti non realmente accaduti.

Ciò posto si deve poi rilevare come la corte di merito abbia in realtà proceduto ad una scrupolosa verifica sulla credibilità delle denunce.

Il giudizio sul punto correttamente tiene conto, infatti, anzitutto delle circostanze e delle modalità con le quali si è pervenuti alla contestazione dei reati.

Ed al riguardo si è in particolare rilevato come la O. B. e la U.C. alle ore 4.15 del 29.10.2008, lungo la strada regionale (OMISSIS), richiamavano l’attenzione di una pattuglia di Carabinieri della compagnia di Saluzzo e riferivano loro di essere state aggredite, precisando successivamente in caserma di prostituirsi in località (OMISSIS) e di essere state condotte da due clienti (poi identificati in N.A. e R.S.), su di in un’autovettura, durante la notte fra il 28 e il 29.10.2008, in una struttura alberghiera, ove la O. era stata costretta a rapporti sessuali non protetti con entrambi gli uomini aggiungendo anche di essere state minacciate con un coltello e rapinate dei cellulari, nonchè della somma di denaro che la O. aveva con sè.

Sono i Carabinieri che, come si legge in motivazione, autonomamente rilevavano la somiglianza fra la vicenda denunciata da O. e U. e quella, avvenuta nella notte fra il 26 e il 27 ottobre 2008, denunciata il 27 e 28 ottobre da tre altre donne, F.J., A.F. e B.S., anch’esse condotte da (OMISSIS), ove si prostituivano, in un albergo e qui dapprima costrette a subire atti sessuali non protetti e poi rapinate dei cellulari e del denaro che avevano con sè.

Non solo. E’ nel corso delle indagini sviluppate nell’immediatezza dei fatti che, come risulta dal verbale di arresto del 29.10.2008, i Carabinieri hanno appreso che gli individui che, la notte precedente, avevano condotto con loro la O. e la U. avevano probabilmente utilizzato un’autovettura Alfa Romeo 155 targata (OMISSIS) e tale vettura era risultata effettivamente intestata al R., immediatamente condotto in caserma ove veniva informalmente riconosciuto dalla O. e dalla U. come il guidatore dell’auto con la quale erano state portate nell’albergo, circostanza questa ammessa dallo stesso imputato.

Inoltre dalla perquisizione immediatamente effettuata presso l’hotel (OMISSIS) portava al rinvenimento nella stanza occupata da N.A., di tre telefoni cellulari uno dei quali risultava immediatamente essere quello sottratto la notte precedente a U. C., gli altri due venivano poi riconosciuti da F.J. e B.S. come quelli sottratti loro la notte fra il 26 e il 27 ottobre.

E per concludere, anche N., dopo essere stato condotto in caserma, era stato informalmente riconosciuto dalla U. e dalla O.. E’ lecito ritenere, dunque, che il giudizio di credibilità correttamente si rapporta all’esistenza di precisi riscontri che certamente non valgono a dimostrare solo la conoscenza tra gli imputati e le denuncianti, come asserito nel ricorso, ma che in realtà vanno ben oltre rappresentando per più versi diretto riscontro all’esistenza degli episodi denunciati. E ciò naturalmente fermo restando che secondo il costante orientamento della Corte, cui anche questo Collegio ritiene di dover aderire, non deve trovare applicazione la regola probatoria di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3 per le dichiarazioni accusatorie del testimone-parte offesa anche nel caso in cui la concretezza della specifica vicenda renda opportuna una più rigorosa valutazione delle dichiarazioni delle parti offese.

In maniera parimenti corretta i giudici di appello hanno sottolineato poi l’assenza di prove in ordine ad eventuali intenti calunniatori delle denuncianti (specificamente escludendoli per la O.) ed hanno evidenziato, dando correttamente conto del ragionamento seguito in motivazione, che l’assoluzione di N. dal reato di violenza privata in danno di F.J. ed il proscioglimento per mancanza di querela di H. dal reato di lesioni – così derubricata l’ipotesi di violenza sessuale in danno della B. – in nessun modo possono porsi come indice di contraddittorietà delle dichiarazioni delle denuncianti. Analoghe considerazioni valgono per l’assoluzione di N. e di R. dal reato di violenza sessuale in danno di U.C. a proposito delle quali si fa correttamente rilevare che l’assoluzione da tali addebiti ha in realtà trovato la sua giustificazione soprattutto nell’impossibilità di sentire la U. in sede di incidente probatorio a chiarimento delle dichiarazioni rese alla p.g., escludendo quindi che l’assoluzione potesse valere come indice di valutazione della tendenza alla calunnia della O.. Esaustiva e logica è infine la risposta data dai giudici di appello sui rimanenti rilievi formulati nei motivi di appello, quali, ad esempio, la circostanza che il cameriere B. nulla ebbe a percepire pur lavorando in albergo il giorno in cui avvenne una delle violenze sessuali.

Rimane da affrontare la questione relativa agli aspetti di denunciata contraddittorietà e/o non sovrapponibilità delle dichiarazioni di accusa. Si tratta di aspetti fortemente ridimensionati dai giudici di appello che scrupolosamente si sono soffermati in motivazione sullo sviluppo delle singole denunce e che vengono motivatamente relegate o ad aspetti minori degli episodi o, talora, a difficoltà nella traduzione, come nel caso delle dichiarazioni recepite dal Maresciallo dei carabinieri verbalizzante in relazione alla violenza del 28/29 ottobre 2008; difficoltà cui è stato possibile ovviare solo il giorno successivo con la presenza dell’interprete. E peraltro, una volta escluso l’intento calunniatorio dei racconti delle denuncianti e difformità sostanziali nei racconti delle vittime, l’attività di sintesi di questi ultimi da parte dei giudici di appello non può essere in alcun modo letta in termini di preconcetto rispetto alle tesi difensive. Occorre infine ricordare come, in presenza di corretta motivazione sulla valutazione della prova non può essere in questa sede sollecitato alcun esame sulla adeguatezza delle argomentazioni esposte dai giudici di merito nel provvedimento impugnato.

Vale, infatti, al riguardo l’insegnamento delle Sezioni Unite oramai consolidato secondo cui l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, esulando dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997 Rv. 207944). Superati i rilievi circa la tenuta del quadro probatorio, si deve ritenere adeguatamente motivata la declaratoria di responsabilità sia in ordine ai reati di violenza sessuale che alle rapine avvenute tra il 27 ed il 28 e tra il 28 ed il 29 ottobre.

In particolare:

in ordine al reato di violenza sessuale in danno della J., della B. e della A. appaiono effettivamente marginali i rilievi del ricorrente circa la non esatta corrispondenza di quanto affermato dalla A. e quanto scritto in sentenza nè può essere apprezzata la diversa ricostruzione delle ragioni del rapporto indicate dal ricorrente.

Per quanto concerne la B. la corte di merito ha già risposto ed in questa sede vengono inammissibilmente prospettate censure attinenti alla intrinseca credibilità del racconto sul piano logico.

Quanto alla J. il rilievo principale attiene alla non condivisione delle argomentazioni utilizzate dai giudici di appello per giustificare la possibile contraddittorietà di talune delle dichiarazioni rese con ciò sconfinando ancora una volta nel merito della valutazione di per se stessa logicamente giustificata e per la quale valgono evidentemente le considerazioni in precedenza svolte.

E’ pacifico, peraltro, che non può dare luogo al vizio di travisamento della prova la scelta, ad opera del giudice, di un’interpretazione delle dichiarazioni testimoniali, in luogo di altra e diversa (Sez. 3, n. 46451 del 07/10/2009 Rv. 245611).

Per quanto concerne le violenze sessuali del 28/29 ottobre si richiamano le considerazioni precedenti sulla credibilità delle denuncianti e, segnatamente, della O..

E’ a proposito di quest’ultima, peraltro, che sono sorte questioni sulla verbalizzazione delle dichiarazioni accusatorie Va tuttavia rilevato su punto che, premesso che la necessità dell’interprete e la mancata nomina di esso per la denunciante non ha di per sè sanzione sul piano procedurale trattandosi di persona diversa dall’imputato (da ultimo, Sez. 2, n. 36988 del 18/09/2008 Rv.

242049), il giudice di merito può senz’altro disattendere il contenuto del verbale che contiene le dichiarazioni del denunciante sul rilievo che l’assenza di un interprete, stante la mancata conoscenza della lingua, abbia comportato l’inesattezza della verbalizzazione.

In questo caso l’atto così formato non può ovviamente essere richiamato e/o utilizzato per far valere profili di contraddizione con il contenuto di altri atti successivamente redatti alla presenza dell’interprete, nè in questa sede può essere sindacata la necessità o la correttezza della nomina dell’interprete, trattandosi di valutazione di merito.

Quanto alla rapina commessa da N.A., M.M. e H.E. nella notte fra il 26 e il 27 ottobre 2008, la contestazione del ricorrente è riferita soprattutto alla inattendibilità del racconto delle persone offese.

Superate tali perplessità si deve ritenere correttamente sviluppata la motivazione nella parte in cui ravvisa la sussistenza della rapina propria e dell’aggravante dell’uso dell’arma alla luce delle dichiarazioni del coimputato M. – a proposito del quale si sottolinea in maniera assolutamente logica che non aveva certo interesse a mentire – correttamente ritenute riscontrate dalle dichiarazioni della J..

Quanto alla rapina del giorno successivo appare correttamente motivata la rilevanza della condotta dell’imputato, in quanto con la sua presenza aveva oggettivamente rafforzato il proposito criminoso del connazionale e l’efficacia intimidatoria nei confronti delle persone offese.

Per quanto concerne la posizione del R. valgono, in relazione al primo motivo di ricorso, le considerazioni già svolte in tema di credibilità delle denuncianti.

La violenza sessuale contestata specificamente all’imputato ha formato oggetto di motivata valutazione del giudice di merito che si è già pronunciato, con argomentazione logica e corretta, sulle ragioni delle asserite contraddizioni della O. e della U. attribuendole al difetto di traduzione da parte del maresciallo verbalizzante.

Motiva correttamente inoltre la corte di merito sull’irrilevanza del ricordo relativo alla presenza dell’ U., sull’insussistenza del contrasto tra la B. e la O. e correttamente valorizza per la ricostruzione dell’episodio le dichiarazioni della O. in sede di incidente probatorio.

In ordine alla rapina – e, dunque, al secondo motivo di ricorso – i giudici di appello hanno correttamente evidenziato che il R. si era limitato a trattenere il braccio del coimputato per evitare conseguenze più gravi per le nigeriane escludendo tuttavia con valutazione di merito – come tale incensurabile in questa sede – che lo stesso R. abbia inteso invece con tale gesto dissociarsi dall’azione dello N., in effetti consumata.

Al rigetto dei ricorsi consegue per i ricorrenti l’onere del pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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