Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-03-2011) 17-06-2011, n. 24451

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma, in data 25 settembre 2010, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal difensore di T. F., per il difetto di motivazione in considerazione dalla omessa indicazione degli elementi di fatto a sostegno della ipotesi di reato configurata, elementi che permettano di individuare in concreto la condotta, di cui valutare, sotto il profilo del fumus del provvedimento impugnato, la riconducibilità alla fattispecie criminosa ipotizzata.

A sostegno dell’impugnazione il p.m. ricorrente ha dedotto:

a) Violazione e/o erronea applicazione della legge penale, art. 606 c.p.p., lett. B).

Il P.M. ricorrente lamenta l’applicazione del principio, non richiesto dalla legge, secondo cui nella convalida del sequestro non è sufficiente che il pubblico ministero indichi il solo titolo del reato per il quale si procede ma sia invece necessaria anche una descrizione sintetica del fatto. In ogni caso, nell’ipotesi in esame, il p.m. sottolinea che il decreto di convalida del sequestro era stato motivato con la necessità di procedere ad accertamenti tecnici sulle apparecchiature, per verificarne eventuali alterazioni volte ad eludere la trasmissione dei dati sulle giocate all’amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Tale circostanza avrebbe reso evidente il contenuto della contestazione se rapportata anche al dato nominalistico dell’ipotesi di reato di truffa ai danni dello Stato.

Il ragionamento sull’assenza del dato formale sarebbe dunque erroneo, concretizzando la validità del provvedimento e la sussistenza delle ragioni del mantenimento del vincolo sul bene.

Il ricorso appare fondato.

Il Tribunale di Roma reputa insufficiente il richiamo alle norme penali violate, senza l’indicazione, neppure embrionale o sommaria, degli elementi di fatto che permettano di individuare in concreto la condotta, di cui valutare, sotto il profilo del fumus del provvedimento impugnato, la riconducibilità alla fattispecie criminosa ipotizzata (nel caso di specie l’illustrazione della materialità del contestato delitto di truffa), circostanza che, escludendo la presenza dei requisiti minimi del provvedimento, non consentirebbe l’effettuazione del previsto controllo di legalità.

Osserva il collegio che le valutazioni operate dal Tribunale del riesame non possono essere condivise.

Le considerazioni svolte non appaiono infatti esenti da censure logico – giuridiche con riferimento all’impossibilità di rinvenire nel corpo del provvedimento, al di là della collocazione formale nell’epigrafe dello stesso, la materialità della condotta, in cui si sarebbe concretizzata la ipotesi di truffa contestata. Infatti nella motivazione posta a base dell’acquisizione dei beni sottoposti a sequestro è chiaramente espressa la necessità di verificare l’esistenza di manomissioni sulle apparecchiature per videogiochi sequestrate, tramite l’espletamento di un accertamento tecnico, volto a verificare eventuali alterazioni realizzate per eludere la trasmissione dei dati relativi alle giocate all’Amministrazione finanziaria. Appare evidente che, il reato formale di truffa ai danni dello Stato, ricavabile dall’indicazione numerica dell’articolo del codice contestato, trova concreta specificazione nella indicazione della ratio giustificatrice del provvedimento adottato e della conseguente espressa necessità di verificare la concreta sussistenza di meccanismi truffaldini che avrebbero danneggiato gli interessi finanziari dei Monopoli di Stato. Oggettivamente, dunque, gli elementi presenti nel provvedimento di sequestro consentono non solo di verificare l’astratta possibilità di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato ed alla qualificazione dell’oggetto come corpus delicti, ma anche la sussistenza o meno, attraverso la dichiarata necessità di espletamento dell’accertamento tecnico, della relazione di immediatezza tra l’oggetto e l’illecito penale per il quale si procede (v. Cass. Sez. 2, 22 marzo 2007, n. 16639, C.E.D. cass., n. 236659).D’altra parte poichè il sequestro probatorio è un mezzo di ricerca della prova, esso presuppone non l’accertamento dell’esistenza di un reato, ma la semplice indicazione degli estremi di un reato astrattamente qualificabile. La motivazione del relativo decreto, pertanto, più che all’esistenza e alla configurabilità del reato, il cui accertamento è riservato alla fase di merito, deve avere principalmente riferimento alla natura e alla destinazione delle cose da sequestrare, le quali devono essere qualificabili come corpi del reato o cose pertinenti al reato (Cass., sez. 5, 8 febbraio 1999, n.703, C.E.D. cass., n. 212778), come è avvenuto nel caso in esame.

Alla luce delle suesposte considerazioni deve essere annullata l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Roma per l’ulteriore corso.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Roma per l’ulteriore corso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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