Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-03-2011) 17-06-2011, n. 24442

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 30.3.2010 la Corte d’Appello di Roma in riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 28.9.2009, appellata dal P.M. e dalla parte civile, dichiarava C.G. e F. D. colpevoli del reato di truffa aggravata loro ascritto e, riconosciute ad entrambi le attenuanti generiche equivalenti rispetto le contestate aggravanti, li condannava alla pena sospesa e al risarcimento dei danni alla costituita parte civile da liquidarsi in separato giudizio. La Corte d’Appello accogliendo l’impugnazione affermava che solo l’inganno e la falsa rappresentazione di aver corrisposto e di dover ancora corrispondere, sulla base di accordi intercorsi con la cooperativa, somme maggiori aveva indotto la M. alla conclusione del contratto ed aggiungeva che in tema di truffa contrattuale la sussistenza dell’ingiusto profitto e del relativo danno non era esclusa dal fatto che il raggirato avesse corrisposto il giusto prezzo della cosa fornitagli quando risultava che la cosa non sarebbe stata acquistata senza l’impiego dei raggiri.

Ricorrono per Cassazione i difensori degli imputati.

In particolare la difesa di C.G.A. deduce come unico motivo l’erronea applicazione di legge circa il requisito dell’altrui danno e dell’ingiusto profitto nel reato di truffa contrattuale. Evidenzia inoltre il ricorrente che fu la parte offesa a contattare l’imputato avendo la necessità di acquisire un’unità immobiliare più ampia rispetto a quella originariamente prenotata nello stesso complesso immobiliare.

La difesa F. deduce:

1. l’irrilevanza dei raggiri.

2. l’inesistenza dell’ingiustizia del profitto.

Il bene ceduto aveva una superficie maggiore:

3. l’inesistenza del danno.

4. la mancata partecipazione alle trattative del F..

5. la prescrizione in quanto l’accordo risaliva al 9.2.2003.

Con i motivi in esame i ricorrenti contestano la sussistenza del reato di truffa contrattuale loro addebitato per inesistenza del danno e del profitto.

Il fatto tipico del reato del reato di truffa è costituito dall’induzione in errore mediante artefici e raggiri e dalla conseguente causazione di un duplice evento materiale rappresentato dall’ingiusto profitto e dall’altrui danno.

La valutazione oggettiva o soggettiva del danno assume particolare importanza in alcuni casi di truffa contrattuale. E’ infatti controverso se, nell’ipotesi in cui il contratto venga stipulato a seguito dell’impiego di mezzi fraudolenti, si debba fare riferimento all’oggettivo valore economico delle prestazioni, per escludere il danno tipico dell’art. 640 c.p., oppure all’utilità soggettiva che ne ricava la persona ingannata.

Il problema è stato affrontato da questa Corte che, ponendosi nella prospettiva del truffato, ha ritenuto sussistente il reato anche in assenza di uno squilibrio tra i valori delle controprestazioni.

E’ stato infatti affermato che anche se il raggirato ha pagato il giusto prezzo della cosa fornitagli, non può escludersi la sussistenza del danno per il soggetto passivo e, correlativamente, del profitto ingiusto per il soggetto attivo, ove sia accertato in fatto che la cosa non sarebbe stata acquistata senza gli artifici ed i raggiri, in quanto la stessa non rispondeva ai concreti bisogni dell’acquirente (Cass. Sez. 2 n. 6767/76; N. 12027 del 1997 Rv.

210456, N. 39905 del 2005 Rv. 232666, N. 7193 del 2006 Rv. 233633;

Sez. 2 n. 47623/08).

In sintesi: il danno può consistere o in una sproporzione fra le prestazioni o nell’acquisto di un bene, al giusto valore di mercato, che però non offre alcuna utilità personale al deceptus.

Nel caso concreto i giudici di merito hanno accertato che lo scambio dei villini in argomento avvenne su richiesta della parte offesa che aveva interesse ad avere il villino già prenotato dal C. perchè soddisfaceva le sue esigenze di avere una casa con una più ampia metratura. Lo scambio non avvenne alla pari e il C., per convincere il contraente a versare l’eccedenza, mostrò ai M. – D.C. il suo originario atto d’acquisto con il prezzo maggiorato.

L’induzione in errore nel caso in esame non ha sicuramente inciso nella determinazione all’acquisto del bene, richiesto dalla stessa parte offesa, ma al più nella determinazione del prezzo.

I M. – D.C. si sarebbero infatti determinati a versare l’eccedenza a fronte del comportamento del C., avallato dal F., che ha presentato loro un atto di prenotazione del suo villino nel quale era indicato un importo superiore a quello effettivamente versato. I M. – D.C., che inizialmente avevano pensato di poter effettuare uno scambio alla pari, nonostante la diversa metratura dei villini che era stata la ragione della loro proposta di scambio, preso atto della diversa richiesta, decisero di pensarci, ed evidentemente, solo dopo averne valutata l’opportunità, accettarono lo scambio, così come proposto dal C..

Se è vero che il C. ha richiesto un prezzo superiore da quello da lui versato, è pur vero che lo stesso non era obbligato ad uno scambio alla pari e che i M. – D.C. si sono determinati ad accettare quanto richiesto dal C. dopo avere visionato il bene. E’ altresì indubbio che il C. per ottenere ciò che avrebbe potuto richiedere ha presentato un atto di prenotazione del suo villino che presentava un diverso importo rispetto a quello effettivamente versato. Ciò detto deve però rilevarsi che è indubbio che il villino in questione ha una superficie superiore rispetto a quello scambiato, le parti offese hanno infatti sollecitato lo scambio proprio per questo motivo, e quindi un valore superiore. Non vi è pertanto fra le due prestazioni una sproporzione, ma non si può neppure affermare che, a causa dell’inganno, il deceptus abbia acquistato un bene che non gli offriva alcuna utilità personale o non rispondeva ai suoi concreti bisogni di avere una casa con una metratura più ampia. Manca pertanto nella fattispecie in esame il danno tipico dell’art. 640 c.p., con conseguente insussistenza del reato. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata perchè il fatto non sussiste.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’impugnata sentenza perchè il fatto non sussiste.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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