T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 21-06-2011, n. 5489 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Amministrazione comunale di Marino in data 5 maggio 2006 e depositato il successivo 28 giugno, espone il ricorrente di essere proprietario nell’agro di quel Comune di un terreno sul quale edificava un piccolo manufatto ad uso abitativo ad un solo piano fuori terra con copertura a tetto. Per detto fabbricato chiedeva il condono ai sensi dell’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326 e siccome l’immobile era solo parzialmente completato presentava anche istanza ex art. 37 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

Espone, altresì, che a questo punto l’immobile veniva sequestrato e che seguiva l’ordinanza di demolizione avverso la quale propone:

1. Eccesso di potere per illogicità, ingiustizia manifesta, violazione e falsa applicazione dell’art. 33 del T.U. 6 giugno 2001, n. 380 in relazione ai principi in materia di sanatoria, con particolare riferimento all’art, 38 Legge 28 febbraio 1985, n. 47; eccesso di potere per difetto dei presupposti.

2. Violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, difetto di motivazione, violazione dell’affidamento del privato.

3. Violazione degli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241, eccesso di potere per vizio del procedimento.

Conclude per l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

In assenza di costituzione del Comune di Marino l’istanza cautelare è stata accolta a termine alla Camera di Consiglio del 14 luglio 2006, onerandosi anche l’Amministrazione comunale di adempimenti istruttori.

Eseguito l’incombente da parte del Comune, il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 31 marzo 2011.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con esso parte ricorrente impugna l’ordinanza con la quale il Comune di Marino gli ha ingiunto la demolizione dell’ "ampliamento di un preesistente manufatto oggetto di domanda di condono, e realizzato in blocchetti di cemento e malta…poggiante su cordoli di fondazione perimetrali e di collegamento in c.a. La struttura presenta altezza media di m. 3,00 circa ed è coperta con solaio laterizio e carpenteria in ferro, privo di getto in calcestruzzo. Risulta, altresì, la posa in opera della carpenteria di sostegno in ferro del solaio e la cassaforma di un pilastro di sostegno centrale completa di armatura in ferro e priva di getto in cls.

Prosecuzione dei lavori in violazione dei sigilli apposti consistenti nel getto di cls. del solaio di copertura, posa in opera di controtelai ai vani luce perimetrali, risulta altresì asportata la carpenteria interna di sostegno del solaio.", il tutto in zona sottoposta a vincolo paesistico – ambientale, in assenza di permesso a costruire e privo del NO paesistico.

2. Avverso tale provvedimento l’interessato rappresenta che sull’immobile principale pende ancora domanda di condono ex L. n. 326 del 2003 e che per l’ampliamento egli ha presentato la domanda di accertamento di conformità anch’essa ancora pendente e tale pendenza impone all’Amministrazione di sospendere qualsiasi procedimento sanzionatorio.

Il ricorrente sostiene pure che il provvedimento risulta sprovvisto di una congrua motivazione soprattutto in ordine alla permanenza dell’interesse pubblico alla demolizione.

L’interessato oppone ancora che non è stato comunicato l’avvio del procedimento, mentre secondo la giurisprudenza i procedimenti sanzionatori dovrebbero essere preceduti da tali comunicazione, ancorché siano espressione di attività vincolata.

3. La censura principalmente proposta non può essere condivisa stante la risposta offerta dall’Amministrazione comunale alle richieste inoltrate dal TAR, in ordine alla identità delle opere dedotte in condono cui fa riferimento l’ordinanza impugnata ed in ordine alla circostanza se per le opere di cui alla citata ingiunzione il ricorrente avesse presentato domanda di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

Il Comune con nota del 1° dicembre 2006 a prot. n. 55421 ha rappresentato che il ricorrente aveva presentato in data 6 dicembre 2004 al n. 52614 domanda di condono edilizio ai sensi dell’art. 32 d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326, relativa alla realizzazione di un manufatto in muratura e che l’oggetto del condono non ha relazione con l’ordinanza di demolizione in esame. Risultava inoltre presentata una domanda ex art. 13 della legge n. 47/1985, attuale art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 con cui l’interessato dichiarava di avere realizzato, a ridosso di un manufatto già esistente, per il quale era stata presentata la domanda di condono di cui sopra, un locale abitativo delle dimensioni di m. 8,75 x m. 8,45 x h. m. 3,10.

Stante tale risposta appare di tutta evidenza che il condono ex art. 32 della legge n. 326 del 2003 concerneva il manufatto principale, come peraltro è dato leggere nella descrizione della istanza presentata dal ricorrente nel 2004 e cioè testualmente: "modesto fabbricato da adibire ad abitazione. E’ costituito da un solo piano fuori terra con copertura a tetto. Ha struttura portante in muratura di blocchi di tufo e copertura in laterocemento. Le dimensioni esterne sono di ml.6,25 x 4,90 e l’altezza min. di ml. 2,40 max 3,00. E’ ultimato parzialmente sia l’esterno che l’interno", laddove la descrizione ora riportata non coincide con quella dell’ordinanza di demolizione che fa chiaramente riferimento all’ampliamento del ridetto manufatto.

Di conseguenza, per l’immobile descritto nell’ingiunzione in esame, il ricorrente non può pretendere che scaturisca l’effetto sospensivo dei procedimenti sanzionatori previsto, in particolare, nelle fattispecie completate entro il 31 marzo 2003, dall’art. 32 della citata legge n. 326 del 2003, che nel richiamare al comma 25 le disposizioni del capo IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47 si riferisce anche all’art. 38 di quest’ultima, stante il quale la presentazione nei termini della domanda di condono edilizio sospende, appunto il procedimento per le sanzioni amministrative.

Quanto, invece, alla domanda di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 neppure da essa può scaturire un effetto sospensivo, ma per una ragione diversa, in quanto, ancorché essa riguardi le opere colpite proprio dall’ingiunzione a demolire, per giurisprudenza costante sulla materia "i presupposti dei due procedimenti di sanatoria – quello di condono edilizio e quello di accertamento di conformità urbanistica – sono non solo diversi ma anche antitetici, atteso che l’uno (condono edilizio) concerne il perdono ex lege per la realizzazione sine titulo abilitativo di un manufatto in contrasto con le prescrizioni urbanistiche (violazione sostanziale) l’altro (sanatoria ex art. 13 legge 47/85 oggi art. 36 DPR n. 380/2001) l’accertamento ex post della conformità dell’intervento edilizio realizzato senza preventivo titolo abilitativo agli strumenti urbanistici (violazione formale)." (cfr. Tar Lazio, sezione I quater, 22 dicembre 2010 n. 38207 e la giurisprudenza ivi citata: Tar Campania, Napoli, sezione VI, 3 settembre 2010, n. 17282).

Non può neppure essere condiviso il motivo per cui nell’ingiunzione in parola mancherebbe anche una idonea motivazione relativamente all’interesse pubblico alla demolizione, dal momento che, qualificandosi l’ordinanza di demolizione come provvedimento vincolato, essa non abbisogna di una particolare motivazione in ordine all’interesse pubblico alla sua adozione, quando, come è avvenuto nel caso in specie, l’opera risulta interamente abusiva, in quanto realizzata in assenza totale di permesso a costruire. (TAR Lazio, sezione I quater, 11 gennaio 2011, n. 112 e la giurisprudenza ivi citata: TAR Campania, Napoli, sezione VI, 26 agosto 2010, n. 17238).

E va pure respinto il dedotto difetto della comunicazione di avvio in quanto smentito in fatto dalle stesse premesse del provvedimento impugnato dalle quali si evince che al ricorrente è stato notificato in data 22 novembre 2006 (rectius 2005 per refuso di battitura) l’avvio del procedimento di abuso edilizio, laddove l’ordinanza è del 6 aprile 2006, con la conseguenza che l’interessato avrebbe avuto tutto il tempo di rappresentare le proprie posizioni all’Amministrazione comunale.

Comunque è pure da osservare che a causa della circostanza vista sopra e per la quale l’ordinanza di demolizione ha natura di provvedimento vincolato non sono riferibili utili apporti degli interessati al procedimento (TAR Lazio, sezione I quater 10 dicembre 2010, n. 36046 e TAR Umbria, Perugia, 28 ottobre 2010, n. 499 ivi citata), con la conseguenza che la sua mancanza non può refluire quale illegittimità sull’ordinanza impugnata.

4. Per le superiori considerazioni il provvedimento va trovato scevro dalle dedotte censure ed il ricorso va di conseguenza respinto.

5. Non vi è luogo a provvedere sulle spese in assenza di costituzione dell’Amministrazione comunale di Marino.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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