T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 21-06-2011, n. 5481 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’Amministrazione comunale di Ariccia in data 20 aprile 2006 e depositato il successivo 16 maggio, il ricorrente impugna l’ordinanza con la quale quel Comune gli ha ingiunto la sospensione e la demolizione di ulteriori lavori su capannone ad uso artigianale di mq. 800 già sottoposto a concessione edilizia in sanatoria n. 43 del 16 settembre 1994 ampliato successivamente per circa mq. 50,00 con ulteriore domanda di condono in corso.

Avverso tale ordinanza parte ricorrente deduce l’infondatezza e la contraddittorietà dei motivi e l’eccesso di potere.

Conclude chiedendo l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

L’Amministrazione comunale si è costituita in giudizio ed ha rassegnato conclusioni opposte a quelle dell’interessato.

Alla Camera di Consiglio del 15 giugno 2006 la richiesta cautelare è stata accolta, sul presupposto della pendenza di due domande di condono una a prot. n. 3704 del 20 febbraio 1995 e l’altra a prot. n. 3537 del 7 dicembre 2004.

Il ricorso, infine, è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 14 aprile 2011.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con esso parte ricorrente, in atto artigiano e proprietario di un capannone dove esercita la propria attività artigianale in Ariccia, impugna l’ordinanza con la quale il Comune gli ingiunto la sospensione dei lavori e la demolizione di quanto realizzato, in quanto su tale manufatto di circa mq. 800 già autorizzato con concessione edilizia in sanatoria al n. 43 del 16 settembre 1994 ed "ampliato successivamente per circa mq. 50,00 con ulteriore domanda di condono in corso al n. 3704 del 20 febbraio 1995 sono stati eseguiti ulteriori lavori consistenti in:

A) lavori interni comunicati con DIA prot. 8474 del 24 marzo 2005 di ristrutturazione e tramezzature interne,

B) lavori di smantellamento della copertura a due falde, con sostituzione di una parte di essa con pannelli di alluminio coibentato;

C) sotto la parte smantellata, circa mq. 100 sono stati lasciati scoperti…, e su circa mq. 80 è stata posta in opera una copertura a due falde con pannelli in alluminio coibentato, sorretta da una struttura in ferro, poggiante su muri perimetrali esistenti e su un muro trasversale di nuova edificazione, lungo ml 7,50 altro m. 23,50 in blocchetti di cemento vibro compresso intonacato su due lati, creando una volumetria di m. 300 adiacente a preesistente edificio ad uso residenziale;", il tutto senza avere ottenuto, in ordine ai lavori di cui in B) e C) i relativi nulla osta panoramico – paesaggistico e sismico, richiesti, ma non rilasciati al fine di ottenere la sanatoria n. 3704 del 20 febbraio 1995, sopra citata.

2. Avverso tale provvedimento il ricorrente sostanzialmente oppone che è ancora in corso la domanda di sanatoria proposta ai sensi dell’art. 32 del d.ls. 30 settembre 2003, n. 269 convertito nella legge n. 326/2003 e che quanto il Comune gli contesta è la trasformazione di una parte del capannone, già condonata, ed adibito, insieme a abitazione e luogo di lavoro. Ma di trasformazione non si è trattato quanto piuttosto della sostituzione del tetto in eternit con materiali più moderni. Oppone ancora che la ingiunta demolizione oltre che essere impossibile, perché parziale è anche ingiusta.

3. Non può essere accolta la censura principalmente proposta.

In fatto va premesso che il ricorrente è destinatario della concessione in sanatoria n. 43 del 16 settembre 1994 con la quale il Comune ha sanato, testualmente, i lavori realizzati sul capannone di che trattasi, di "ampliamento abitazione – trasformazione tetto in terrazzo – alterazione della sagoma edificio – ampliamento capannone – costruzione di due accessori".

Successivamente, per come è dato ricostruire grazie alla memoria presentata dal Comune per la Camera di Consiglio, nell’anno 1995 la Polizia Municipale di Ariccia procedeva ad ulteriori accertamenti di abusi edilizi per i quali il ricorrente presentava una ulteriore domanda di concessione in sanatoria ai sensi dell’art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 per la trasformazione in ufficio di un container di mq. 54, domanda che assunta al protocollo comunale al n. 3704 del 20 febbraio 1995 il Comune ha dichiarato ancora pendente.

Come pure dichiara che è ancora pendente la domanda presentata ai sensi dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 acquisita al protocollo comunale n. 35370 del 7 dicembre 2004 e concernente: "ampliamento e cambio di destinazione d’uso di un locale adibito ad ufficio per trasformarlo in deposito attrezzi annesso alla residenza per una s.n.r. di mq. 45 ed una s.n.r. destinata a porticato di mq. 33,85 e per una cubatura di mc. 140,00.".

La descrizione delle opere contenuta nelle due domande di condono ancora pendenti, sia quella del 1995, sia quella del 2004, evidenzia la mancata loro coincidenza con quelle colpite dalla ordinanza di demolizione, al momento gravata.

Né può sostenersi, come effettuato in ricorso, che i lavori ora colpiti dall’ingiunzione sarebbero consistiti nella semplice sostituzione del tetto di eternit dell’ex capannone, dal momento che come è dato leggere nel provvedimento, con l’occasione della senz’altro doverosa sostituzione del tetto del manufatto operabile ai sensi della legge 15 agosto 1991, n. 277, il ricorrente ha "creato una ulteriore volumetria di circa mc. 300,00 adiacente al preesistente edificio ad uso residenziale", completamente sprovvista di titolo abilitativo.

Trattandosi di opere ulteriori rispetto a quelle descritte nelle due domande di condono esse non risultano perciò ultimate entro le date previste sia dall’art. 39 della legge n. 724 del 1994 sia dall’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, sicchè per esse non si può invocare la sospensione dei procedimenti sanzionatori cui entrambe fanno riferimento nel corpo delle rispettive disposizioni, con conseguente reiezione della censura principalmente proposta.

E’ bene anche chiarire, dal momento che parte ricorrente l’ha prodotta in atti ed è citata nel provvedimento impugnato che l’effetto sospensivo invocato dal ricorrente non può neppure discendere dalla DIA in sanatoria dallo stesso presentata ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 380 del 2001 a n. prot. 8474 in data 24 marzo 2005, in quanto, dalla presentazione dell’istanza di DIA in accertamento di conformità ex art. 37 del d.P.R. n. 380 del 2001 non si possono trarre le medesime conseguenze dell’istanza di condono.

Infatti, come rileva la giurisprudenza costante sulla materia "i presupposti dei due procedimenti di sanatoria – quello di condono edilizio e quello di accertamento di conformità urbanistica – sono non solo diversi ma anche antitetici, atteso che l’uno (il condono edilizio) concerne il perdono ex lege per la realizzazione sine titulo abilitativo di un manufatto in contrasto con le prescrizioni urbanistiche (violazione sostanziale), l’altro (sanatoria ex art. 13, l. n. 47 del 1985, oggi art. 36 e 37, d.P.R. n. 380 del 2001), l’accertamento ex post della conformità dell’intervento edilizio realizzato senza preventivo titolo abilitativo agli strumenti urbanistici (violazione formale)." (TAR Campanaia, Napoli, sezione VI, 3 settembre 2010, n. 17282 citata in TAR Lazio, sezione I quater, 22 dicembre 2010 n. 38207).

4. Per le superiori considerazioni il provvedimento va trovato scevro dalle dedotte censure ed il ricorso va respinto.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente Settimi Franco al pagamento di Euro 1.000,00 per spese di giudizio ed onorari a favore del Comune di Ariccia.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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