T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 21-06-2011, n. 5480 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato alla resistente Amministrazione comunale in data 20 giugno 2006 e depositato il successivo 30 giugno 2006 i ricorrenti impugnano la determinazione in epigrafe indicata con la quale il Comune ha ingiunto loro la demolizione di un manufatto realizzato su terreno agricolo, vincolato ex L. 8 agosto 1985, n. 431 e senza permesso a costruire.

Avverso tale provvedimento i ricorrenti deducono:

1. Violazione di legge in relazione agli articoli 38 e 44 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e dell’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326.

2. Violazione di legge per omessa o insufficiente istruttoria e/o motivazione.

3. Violazione di legge per omessa e/o carente e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione.

4. Eccesso di potere per carenza assoluta di istruttoria.

5. Illegittimità per violazione e/o falsa applicazione degli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241, eccesso di potere per violazione del corretto procedimento.

6. Illegittimità per eccesso di potere per omessa carente o contraddittoria motivazione sull’interesse pubblico sotteso all’ordine di demolizione.

Concludono chiedendo la sospensione del provvedimento impugnato e l’accoglimento del ricorso.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio contestando ogni doglianza.

Alla Camera di Consiglio del 14 luglio 2006 la richiesta cautelare è stata accolta nei limiti, in attesa della definizione della domanda di condono presentata.

Previo deposito di ulteriore documentazione da parte dell’Amministrazione comunale il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 14 aprile 2011.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Con esso i ricorrenti impugnano la determinazione dirigenziale con la quale è stata contestata loro la realizzazione in Roma, in zona H del PRG di "un manufatto in muratura di m. 8,50 x 8,50 x 6,40, al momento composto da cordoli di cemento armato, muri perimetrali in blocchetti di tufo e copertura a solaio piano in cemento armato, gettato a formare piano seminterrato al cui interno a sostegno della copertura è stato realizzato plinto e pilastro in elevazione in cemento armato gettato, previa sopraelevazione di ulteriori muri perimetrali in blocchetti di tufo e copertura a solaio piano in cemento armato gettato, realizzato piano terra avente le dimensioni e caratteristiche strutturali del sottostante livello. Sulla copertura del piano terra, realizzato muro parapetto di m. 8,50 x 8,50 x 0,40 circa ed al suo interno presente pilastro in elevazione in cemento armato gettato a sostegno della copertura.", il tutto all’interno di un terreno agricolo, in assenza di permesso a costruire e senza la relativa denuncia del calcolo delle strutture portanti a cura del competente ufficio. Dalla determinazione risulta pure che quanto alla costruzione principale "In pari data si è proceduto al sequestro giudiziario probatorio dell’opera totalmente allo stato grezzo e priva di ulteriori opere." e che "In adiacenza a detto fabbricato si è constatata la presenza di ulteriori due manufatti l’uno costituito da container prefabbricato metallico di mt. 4,50 x 2,50 x 3 circa, poggiato su blocchi di cemento prefabbricati, adibito a rimessaggio materiali agricoli l’altro costituito da tettoia di mt. 8,50 x 7 x h da m. 3 a m. 2,50 circa, realizzato con pali metallici ancorati a terra sormontati da intelaiatura metallica coperta con lamiera grecata, adibito a rimessaggio di materiale e attrezzatura agricola. Tramezzature interne a formare cinque vani completamente intonacati; posa in opera delle soglie e delle finestre ai varchi – finestra parziale posa in opera dei pavimenti e degli impianti tecnologici, restante opera allo stato di grezzo. Il piano seminterrato è rimasto inalterato".

Di conseguenza il Comune ha ingiunto la demolizione agli interessati.

2. Avverso tale atto gli esponenti lamentano che l’Amministrazione comunale non ha tenuto conto della pendenza della domanda di condono edilizio in relazione ad alcune delle opere delle quali ora, indistintamente è stata ordinata la demolizione.

Lamentano che la determinazione in esame è illegittima proprio perché nella motivazione non risulta alcun riferimento alla domanda di condono presentata.

La determinazione in contestazione non è sorretta da alcuna autonoma motivazione, ma viene recepito sic et simpliciter il verbale della Polizia Municipale, il quale non può considerarsi esaustivo al punto da integrare la motivazione.

E’ mancata una corretta valutazione dello stato dei luoghi, dal momento che si sta già predisponendo una rete fognaria del Consorzio del quale il terreno fa parte, peraltro usufruendo della c.d. procedura delle opere a scomputo per l’urbanizzazione del territorio.

Gli interessati lamentano ancora che è mancata la comunicazione di avvio del procedimento, vieppiù necessaria dal momento che non vi sono ragioni di gravità ed urgenza atte a giustificarne la sua omissione.

Concludono sostenendo che l’inerzia serbata dall’Amministrazione per molti anni rende illegittimo l’ordine di demolizione, atteso che le opere sono state realizzate da lungo tempo, ingenerandosi così l’affidamento del privato sulla legittimità della situazione.

3. Le censure non possono essere condivise.

3.1. Anzitutto quella principalmente proposta e relativa alla pendenza della domanda di condono presentata da parte ricorrente in data 31 marzo 2004 a prot. n. 57428, ai sensi dell’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326.

Invero detta domanda recava, nella parte dedicata alla descrizione delle opere, la stringata dicitura "nuova costruzione", mentre l’ingiunzione impugnata del 4 aprile 2006 colpisce anche la realizzazione di ulteriori due manufatti, (container poggiato su blocchi di cemento prefabbricati e tettoia in pali metallici ancorati a terra), peraltro non sottoposti a sequestro giudiziario come la costruzione principale, per quanto risulta anche dal verbale del 18 ottobre 2005 con il quale la Polizia Municipale faceva constatare la violazione urbanistica.

Ma che il manufatto recato dalla domanda di condono – la cd. nuova costruzione – non fosse completato al momento in cui l’opera è stata sottoposta a sequestro e che, quindi, non lo potesse essere neppure alla data del 31 marzo 2003, quando invece i ricorrenti ne hanno dichiarato l’ultimazione è pure dimostrato dal verbale del 23 novembre 2005 con il quale il competente Corpo di Polizia Municipale constatava che, in violazione dei sigilli originariamente apposti, il ricorrente, in particolare, aveva avviato la realizzazione di "Tramezzature interne a formare cinque vani completamente intonacati; posa in opera delle soglie e delle finestre ai varchi – finestra parziale posa in opera dei pavimenti e degli impianti tecnologici, restante opera allo stato di grezzo. Il piano seminterrato è rimasto inalterato", procedendo dunque ad una integrazione del sequestro disposto. (relazione del C.P.M. del 27 febbraio 2006, n. 7878).

E che non fosse completata nei termini di legge è pure dimostrato dalla ulteriore circostanza per cui in data 6 febbraio 2006 la Polizia municipale accertava nuovamente che "previa violazione reiterata dei sigilli le opere interne del piano terra erano state completate e che lo stesso era occupato ad uso abitativo". (relazione n. 7878 del febbraio 2006).

Poiché in occasione del predetto ultimo accertamento la Polizia Municipale si procurava anche la domanda di condono, aveva modo di accertare ciò che risulta anche in atti dalla produzione documentale offerta da parte ricorrente e che cioè l’interessato, in particolare, "ha chiesto di sanare un manufatto, adibito ad uso residenziale, avente una superficie utile pari a mq. 54,00, ma senza fornire alcuna informazione circa l’epoca di ultimazione delle opere ed accludere apparato fotografico in ordine allo stato dei luoghi". I verbalizzanti della Polizia Municipale rilevavano pure che era stata realizzata la maggiore superficie di mq. 72,25 per ogni piano laddove era stato chiesto il condono per mq. 54,00. (relazione del C.P.M. n. 7878 del febbraio 2006 citata).

Rilevandosi quindi sia la difformità delle opere realizzate e colpite dalla determinazione a demolire rispetto a quelle per le quali è stato chiesto il condono, sia soprattutto la circostanza che non risulta dimostrata da parte ricorrente la loro ultimazione del manufatto costituente l’abitazione dei ricorrenti neppure al rustico nella ridetta data del 31 marzo 2003 ai sensi dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003, atteso che neppure l’apposita annotazione è stata apposta nella domanda di condono, per esse non si può invocare la sospensione dei procedimenti sanzionatori cui la norma ora citata fa riferimento, con conseguente reiezione della censura principalmente proposta.

3.2 Ma non può essere condivisa neanche la censura con la quale gli interessati fanno valere che il Consorzio immobiliare del quale il terreno fa parte starebbe già predisponendo una rete fognaria per l’area, sicché il provvedimento in esame apparirebbe anche del tutto carente di istruttoria sotto tale profilo, laddove pone in evidenza l’esistenza di un vicolo ex L. n. 431 del 1985 cd. Legge Galasso.

L’urbanizzazione del terreno, infatti, non esonera mai gli interessati dal richiedere un idoneo titolo abilitativo per la realizzazione di qualsivoglia manufatto, ancorché il terreno sul quale esso debba sorgere faccia parte di un Consorzio immobiliare, circostanza questa peraltro soltanto enunciata e non dimostrata da parte ricorrente, in ordine alla fattispecie in esame.

3.3. Quanto al difetto di motivazione rilevabile, secondo le tesi degli interessati nel provvedimento gravato è da osservare che per giurisprudenza costante l’ingiunzione a demolire si qualifica come provvedimento vincolato che non abbisogna di una particolare motivazione in ordine all’interesse pubblico alla sua adozione, (TAR Campania, Napoli, sezione VI, 26 agosto 2010, n. 17238), quando, come è avvenuto nel caso in specie, le opere risultano interamente abusive e si aggiunga pure difformi rispetto alla domanda di condono inoltrata.

3.4. Il difetto nella comunicazione di avvio del provvedimento è smentito dai fatti, poiché come riferito dalla più volte menzionata relazione redatta dal Corpo di Polizia Municipale il 27 febbraio 2006 i ricorrenti erano edotti del procedimento che li interessava, in quanto ognuno degli interventi di quest’ultima (in data 18 ottobre 2005, 23 novembre 2005 ed il 6 febbraio 2006) si svolgeva alla presenza dell’interessato o addirittura di entrambi, con la conseguenza che, in base al principio del raggiungimento dello scopo, essi erano avvertiti di quale procedimento si stava muovendo nei loro confronti.

Come rilevato dall’Amministrazione comunale essi hanno comunque ricevuto al ridetta comunicazione con la determinazione di sospensione dei lavori n. 2102 del 2005 nella quale essa era incorporata ed anche se si volesse discutere di una presunta irritualità della stessa, proprio a causa della sua incorporazione in un provvedimento sospensivo, tuttavia, al riguardo è da rilevare che poiché l’ordinanza di demolizione è un provvedimento vincolato, non sono predicabili apporti degli interessati al procedimento (cfr. da ultimo anche della sezione TAR Lazio, sezione I quater, 10 dicembre 2010, n. 36046 con la giurisprudenza ivi citata tra cui TAR Umbria, Perugia, 28 ottobre 2010, n. 499).

3.5. Ma anche la prospettazione per cui data l’inerzia serbata dall’Amministrazione comunale si sarebbe formato l’affidamento dei ricorrenti sul giusto titolo non può essere condiviso, dal momento che tale posizione, che come noto non comporta uno sgravio di responsabilità in ordine all’abuso commesso, ma onera l’Amministrazione ad una motivazione maggiormente perspicua dell’interesse pubblico alla rimozione del manufatto quando tale ordine venga impartito a notevole distanza di tempo, nel caso in esame non sussiste, in quanto, come dimostra la presentazione della domanda di condono del 31 marzo 2004 il lasso temporale intercorso tra la realizzazione del manufatto, i vari accertamenti effettuati (in data 18 ottobre 2005, 23 novembre 2005 ed il 6 febbraio 2006) e la determinazione a demolire (4 aprile 2006) è stato brevissimo, sicchè nessun legittimo affidamento può essersi formato in capo ai ricorrenti, nei termini sopra descritti.

4. Per le superiori considerazioni il provvedimento va trovato scevro dalle dedotte censure ed il ricorso va respinto.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna i ricorrenti Volpi Tommaso e Innocenzi Michelina al pagamento di Euro 1.000,00 per spese di giudizio ed onorari a favore di Roma Capitale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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