Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 27-05-2011) 20-06-2011, n. 24579 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 19.10.2010 il G.I.P. del Tribunale di Bari applicava la misura cautelare della custodia in carcere a S. G. in ordine al reato di cui all’art. 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

S.G. era accusato del delitto di cui agli artt. 110 e 81 cpv. c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, art. 74, commi 1, 2, 3 e 4, per avere fatto parte unitamente a molti altri indagati di un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti operante in Bari e nell’hinterland barese. Con l’ordinanza di cui sopra il G.I.P aveva rigettato la richiesta di misura cautelare nei confronti di S.G. quanto alla sua partecipazione alla compagine associativa ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e gli aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere esclusivamente in relazione al delitto continuato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 che, alla luce delle effettuate intercettazioni, riteneva corredato da gravi indizi di colpevolezza.

Avverso l’ordinanza cautelare del G.I.P. del Tribunale di Bari S.G., a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso diretto per Cassazione chiedendone l’annullamento e censurava il sopra indicato provvedimento per il seguente motivo:

1) difetto assoluto di motivazione, motivazione apparente; violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3. Secondo la difesa del ricorrente la motivazione dell’ordinanza impugnata per quanto attiene alla posizione di S.G. sarebbe priva dei requisiti minimi che possano consentire di ritenerla davvero tale sul piano dei gravi indizi di colpevolezza. Il G.I.P., infatti, nell’ordinanza impugnata, avrebbe soltanto trasfuso il riassunto di una serie di telefonate intercettate, alcune delle quali neppure relative a conversazioni in cui sia intervenuto lo S., senza svolgere un esame critico delle stesse idoneo a motivare sulla attinenza tra quelle telefonate ed anche un solo episodio di spaccio. Le conversazioni telefoniche riportate nell’ordinanza, pertanto, non sarebbero state valutate criticamente in quanto il G.I.P. avrebbe dato per scontato che esse documentassero un’attività di spaccio che, invece, con riferimento alla persona dello S., sarebbe solo una mera ipotesi degli inquirenti.
Motivi della decisione

Osserva la Corte di Cassazione che il proposto motivo è palesemente infondato, in quanto non può ritenersi, come sostiene la difesa,che la motivazione del provvedimento impugnato sia assolutamente carente.

Il G.I.P. del Tribunale di Bari infatti spiega le ragioni per cui sussistono in capo al ricorrente S.G. gravi, precisi e concordanti indizi in ordine al reato a lui contestato di cui all’art. 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Il giudice evidenzia che gli stessi risultano dal tenore delle conversazioni telefoniche intercettate (in particolare da quelle del 5, 9, 10, 12, 14, 19 e 21 dicembre 2007, seguite poi da quelle in data 14 e 18 febbraio 2008), dalle quali si poteva desumere l’esistenza di stretti collegamenti tra lo S. e S. G., nonchè tra lo stesso e i componenti della famiglia di D. T.A. (i figli L. e Le. e la moglie B. R.) finalizzati a cessioni di sostanze stupefacenti, che venivano materialmente effettuate in un luogo tenuto segreto che, nelle conversazioni telefoniche veniva indicato come "il locale".

Tanto premesso si osserva che il ricorso immediato per cassazione avverso una misura cautelare è consentito unicamente per violazione di legge, sicchè può essere dedotta con tale mezzo di gravame solo la totale mancanza di motivazione e non anche la sua insufficienza, incompletezza o illogicità, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e); ciò in quanto i difetti attinenti alla motivazione sono rimediabili dal riesame nell’ambito dei poteri di integrazione e rettifica attribuiti al competente giudice. Il ricorso "per saltum" pertanto non è esperibile quando con esso ci si intenda dolere dell’inosservanza dei canoni contenutistici cui deve conformarsi l’ordinanza cautelare, dal momento che si tratta di regole della cui osservanza il giudice è tenuto a dar conto proprio nell’ambito della motivazione. Tali principi sono stati condivisibilmente affermati da questa Corte nella sentenza n. 41123 del 28.10.2008, Rv.241363 pronunciata dalla sesta sezione penale.

Il ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle ammende.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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