Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 27-05-2011) 20-06-2011, n. 24575 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Dott. D’Ambrosio Vito, che ha chiesto l’annullamento con rinvio.
Svolgimento del processo

Il Tribunale del Riesame di Bari, con ordinanza del 29.11.2010, rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di P. T. avverso l’ordinanza del 25 ottobre 2010 del Giudice per le Indagini preliminari presso il Tribunale di Bari con la quale gli era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv. e 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Avverso la sopraindicata ordinanza del Tribunale del Riesame di Bari presentava ricorso per Cassazione P.T., a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento e la censurava per i seguenti motivi:

1) Inosservanza o erronea applicazione della legge processuale penale in relazione agli artt. 267 e 271 c.p.p.. Osservava sul punto il ricorrente che il procedimento penale pendente nei suoi confronti prendeva le mosse da una serie di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni disposte con decreto richiesto dal P.M. ed emesso dal G.I.P.. Tanto premesso, eccepiva, con specifico riguardo al decreto n. 72/08 RIT relativo all’utenza (OMISSIS), 1’inutilizzabilità delle intercettazioni, in quanto tale decreto sarebbe in sostanza privo di motivazione, in quanto il GIP avrebbe trascritto in maniera integrale il provvedimento del PM, non dando conto delle ragioni per cui aveva ritenuto di aderire al ragionamento di quest’ultimo e non essendo possibile dedurre l’iter cognitivo e valutativo seguito dal giudice attraverso la lettura.

2) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione all’art. 274 c.p.p., lett. c), art. 275 c.p.p., art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), art. 546 c.p.p., lett. e). Rilevava infatti il ricorrente che la motivazione del provvedimento impugnato era contraddittoria perchè dal testo dello stesso risultava che il Tribunale aveva inteso accordare la misura gradata degli arresti domiciliari, mentre nel dispositivo confermava la misura della custodia cautelare in carcere applicata con l’ordinanza genetica. Sosteneva invece la difesa del P. che la misura cautelare gradata era imposta dalla risalenza nel tempo delle condotte a lui contestate e dalla circostanza che l’unico suo precedente penale riguardava un reato commesso successivamente al fatto di cui è processo.
Motivi della decisione

Osserva la Corte di Cassazione che il ricorso è fondato nei limiti di cui in motivazione. Per quanto attiene al primo motivo, il ricorrente si è limitato a sostenere che nel decreto autorizzativo delle intercettazioni indicato il G.I.P. aveva trascritto in maniera integrale il provvedimento di richiesta del P.M., ma non l’ha prodotto onde consentirne l’esame a questa Corte. Sul punto la giurisprudenza della Corte di Cassazione è concorde nell’affermare che (cfr., tra le altre, Cass., Sez.4, Sent. n.37982 del 26 giugno 2008),quando la doglianza abbia riguardo a specifici atti processuali, la cui compiuta valutazione si assume essere stata omessa o travisata, deve applicarsi, anche in sede penale, il principio della cosiddetta "autosufficienza del ricorso", elaborato dalla giurisprudenza civile di legittimità sulla base della formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, onde è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi in modo da rendere possibile l’apprezzamento del vizio dedotto.

Conseguentemente non è possibile dare ingresso a tale vizio in sede di legittimità allorchè il ricorrente, come nel caso in esame, si limiti ad enunciare la pretesa carenza di motivazione del sopra indicato decreto.

Comunque, anche se si ritenesse che quanto affermato dalla difesa del ricorrente corrisponda al vero, si osserva che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr, tra le altre, Cass. Sez. 4, Sent. n. 16886 del 20.1.2004, Rv. 227942), al giudice è consentito motivare "per relationem" purchè egli si attenga al rispetto di criteri specifici in ossequio ai quali:1) ogni riferimento risulti ad un atto legittimo del procedimento la cui motivazione sia congrua per rapporto alla propria "giustificazione" verso il provvedimento finale; 2) il decidente sia pienamente a conoscenza delle ragioni del provvedimento di riferimento e risulti che le ritenga coerenti alla propria decisione e le condivida; 3) risulti che l’atto di riferimento sia conosciuto dall’interessato o almeno a lui ostensibile. Anche sotto tale profilo, quindi, il motivo proposto è infondato.

Il secondo motivo di ricorso è invece fondato.

Nella motivazione dell’ordinanza impugnata, a pagina 2, si legge infatti testualmente: "orbene, ritiene il Collegio che, nel caso di specie, vi siano indizi di rilevante gravità riguardo agli episodi di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti al medesimo attribuiti dal g.i.p., e che, pertanto, in presenza delle esigenze cautelari che – come meglio si dirà in seguito – si ritengono allo stato sussistenti, possa applicarsi la misura degli arresti domiciliari, da ritenersi adeguata ad impedire il ripetersi di condotte delittuose della stessa specie di quelle in contestazione".

L’ordinanza impugnata, peraltro, conclude poi con l’affermare che la misura della custodia in carcere è l’unica da ritenersi idonea, "in quanto proporzionata alla gravità della condotta monitorata ed all’entità della pena irrogabile ed adeguata ad arginare le ravvisate esigenze cautelari" e rigetta l’istanza di riesame proposta dall’odierno ricorrente, confermando conseguentemente l’impugnato titolo custodiale. Ci troviamo quindi in presenza di un contrasto tra motivazione e dispositivo.

Sul punto si è pronunciata la giurisprudenza di questa Corte (cfr.

Cass., sez.4, sent. n. 40796 del 18.09.2008, Rv.241472), che ha condivisibilmente ritenuto che l’eventuale divergenza tra dispositivo e motivazione della sentenza non può essere sempre risolta ricorrendo al criterio della prevalenza del primo sulla seconda, atteso che la motivazione conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni per cui il giudice è pervenuto alla decisione e pertanto ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso. In relazione a tale materia è intervenuta recentemente altra sentenza di questa Corte (cfr., Cass., Sez. 1, Sent. n.8071 dell’11.02.2010, Rv.246570) che, nella materia che ci occupa, e cioè in materia di procedimenti camerali, ha ritenuto che il contrasto tra motivazione e dispositivo si risolve dando la prevalenza alla motivazione, in quanto il contenuto della decisione è racchiuso nell’intero contesto del provvedimento. L’ordinanza impugnata deve essere pertanto annullata con rinvio limitatamente al punto concernente l’adeguatezza della misura imposta.

Nel resto il ricorso deve essere invece rigettato.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al punto concernente la adeguatezza della misura imposta.

Rigetta nel resto il ricorso.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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