T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 21-06-2011, n. 5497

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con il ricorso meglio indicato in epigrafe la Società A.I.E. ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 1524 del 9 dicembre 1994 del Dirigente superiore della XV Ripartizione del Comune di Roma con la quale si è rigettata l’istanza ed allegato progetto n. prot. 45159 del 5 luglio 1993 volta ad ottenere il rilascio della concessione edilizia per la realizzazione di una autorimessa ai sensi della legge n. 122 del 1989 in Via Casilina n. 713.

Sostiene la Società ricorrente che il Comune di Roma sarebbe incorso in un grossolano errore respingendo l’istanza proposta sulla scorta di un solo asserito contrasto tra il progetto presentato e gli artt. 3 e 4 del Regolamento edilizio e senza chiarire alcunché circa l’impedimento effettivo al rilascio del titolo abilitativo a costruire l’autorimessa e né indicare sotto quale profilo emergerebbe la contrarietà del progetto alle regole edilizie comunali. Peraltro la determina dirigenziale impugnata sarebbe illegittima anche perché attribuisce alla carenza di documentazione prodotta nell’istruttoria l’impossibilità di accogliere la richiesta presentata dalla odierna Società ricorrente. Da qui l’impugnazione proposta nei confronti del suddetto provvedimento con richiesta di giudiziale annullamento.

2. – Si è costituito in giudizio il Comune intimato contestando analiticamente le avverse prospettazioni e chiedendo, sul presupposto della legittimità del provvedimento impugnato e del corretto comportamento assunto dagli Uffici nella specie, la reiezione del gravame.

Trattenuta riservata la decisione all’udienza pubblica del 9 marzo 2011, essa è stata sciolta nel corso della Camera di consiglio dell’11 maggio 2011.

3. – Sostiene la Società ricorrente che la motivazione del provvedimento impugnato non può legittimamente assistere la decisione negativa assunta dal Comune con riferimento alla richiesta di rilascio del permesso per costruire una autorimessa avanzata dalla medesima Società, atteso che non è chiarito dal Comune, nel ridetto atto, per quale ragione il progetto presentato contrasti con gli artt. 3 e 4 del Regolamento edilizio né può ritenersi corretto fondare il diniego sulla scorta di una carenza documentale affiorata in sede istruttoria, quando quest’ultima spetta alla competenza degli Uffici comunali.

Controdeduce il Comune resistente affermando che il provvedimento impugnato deve considerarsi legittimo in quanto gli Uffici hanno correttamente fatto uso della motivazione ob relationem per come consentito dall’ordinamento vigente.

Il Collegio, tenuto conto del testo del provvedimento impugnato recante le ragioni che hanno dato luogo alla decisione di diniego opposta dal Comune alla richiesta di rilascio del permesso per costruire, è dell’avviso che la motivazione espressa sia fortemente carente dei presupposti di legittimità che sempre debbono assistere la manifestazione di volontà espressa da una Pubblica amministrazione, particolarmente quando essa si esprime in senso sfavorevole alla richiesta del cittadino.

4. – Osserva il Collegio che la motivazione della determinazione dirigenziale n. prot. 1524 del 9 dicembre 1994 reca i seguenti passaggi:

a) (alla sesta riga) "Visto che le progettate opere non possono essere autorizzate per contrasto con gli artt. 3 e 4 del R.E.carenza di documentazione e graficizzazione";

b) (alla nona riga) "Visto il parere contrario della Commissione Edilizia espresso nella seduta del 02.02. 1994";

c) (dopo il "dispone") "per i motivi di cui alle premesse, la reiezione….".

Orbene appare evidente che, in disparte il non chiaro contenuto motivazionale del solo indicato parere contrario della Commissione edilizia, il diniego è stato espresso a causa di una "carenza di documentazione e graficizzazione".

Non risulta dalla documentazione prodotta dal Comune che gli Uffici competenti abbiano mai invitato la Società richiedente il titolo abilitativo a costruire ad integrare ovvero a completare la documentazione prodotta all’atto della presentazione della istanza ed allegato progetto n. prot. 45159 del 5 luglio 1993 né risulta in atti che il parere della Commissione sia stato allegato al diniego e quindi reso disponibile alla Società destinataria di quel provvedimento di diniego.

5. – Vale la pena di rammentare che la giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato che, ai sensi dell’art. 3 comma 1, della legge 7 agosto 1990 n. 241, l’atto amministrativo deve recare l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che ne hanno determinato l’adozione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria, con la conseguenza che sussiste il difetto di motivazione quando non è possibile ricostruire il percorso logico giuridico seguito dall’Autorità emanante e sono indecifrabili le ragioni sottese alla determinazione assunta (cfr., di recente, T.A.R. Lazio, Sez. III, 1 marzo 2010 n. 3171).

Peraltro la Sezione (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 24 ottobre 2007 n. 10478) ha avuto modo di chiarire che, sebbene non sia desumibile, né dai principi del nostro ordinamento né da norme specifiche, l’esistenza di un inderogabile obbligo per la Pubblica amministrazione, nell’ambito del procedimento amministrativo, di procedere alla integrazione delle carenze documentali riscontrate nel corso dell’istruttoria, tuttavia deve riconoscersi che sussiste un potere discrezionale dell’Amministrazione di attivarsi, per una leale collaborazione con il privato (e altresì al fine della maggiore economicità ed efficienza dell’azione amministrativa), perché l’istruttoria che precede l’adozione dell’atto sia quanto più possibile completa e rappresentativa della realtà; tanto si desume sia dal principio di buon andamento della P.A. di cui all’art. 97 della Costituzione italiana, sia dall’art. 2 e dall’art. 6, I c., lett. b), della legge n. 241 del 1990 (cfr. anche T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 22 settembre 2005 n. 1431).

Va poi ricordato che è certamente da non sottovalutare la portata dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 nella parte in cui consente che l’onere di motivazione venga assolto facendo riferimento ad elementi centrali e decisivi dell’istruttoria, quali possono considerarsi i pareri che debbono essere resi dagli organi collegiali del Comune in materia di rilascio del permesso per costruire, tuttavia il richiamo per relationem ad un atto dell’istruttoria deve consentire all’interessato di conoscere subito la ragione del diniego dell’istanza, anche attraverso l’allegazione dell’atto istruttorio ovvero una – seppur sintetica – indicazione del nucleo centrale dell’avviso assunto dall’organo che si è pronunciato in sede istruttoria. Infatti, l’obbligo di motivazione dei dei provvedimenti amministrativi, positivizzato dall’art. 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990, può essere assolto anche mediante rinvio ad altri atti del procedimento, purché di tali atti siano indicati gli estremi nel provvedimento finale ed essi siano resi disponibili per l’interessato, fermo restando che la concreta disponibilità è poi rimessa all’attivazione dell’interessato stesso, a mezzo del diritto d’accesso ed eventualmente dei poteri di acquisizione istruttoria propri del giudice in sede giurisdizionale (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 20 dicembre 2004 n. 16615).

6. – Nel caso che occupa, però, accanto alla scelta di riferire le ragioni del diniego ad un richiamo per relationem alla valutazione effettuata dalla Commissione edilizia nella riunione del 2 febbraio 1994, si è ritenuto sufficiente, ai fini della esternazione delle ragioni che hanno indotto il Comune a non accogliere l’istanza presentata dalla Società oggi ricorrente ed a bocciarne il progetto edilizio, registrare una carenza di documentazione in sede istruttoria.

Da ciò emerge, con nettezza, che i competenti Uffici comunali, nel caso di specie, non hanno esercitato quel potere discrezionale istruttorio che l’art. 6 comma 2 lett. b) della legge n. 241 del 1990 rimette in capo al responsabile del procedimento. Tale potere discrezionale dunque non risulta essere stato esercitato, con illegittimità della motivazione che adduce a ragione della adozione del negativo provvedimento finale, la carenza di documentazione, che avrebbe ben potuto e dovuto essere acquisita dall’Amministrazione prima della emanazione di esso, dandone conto alla Società interessata e chiedendo ad essa di integrarla.

In altri termini, seppure il procedimento volto al rilascio di un permesso per costruire ha carattere vincolato e si fondi sulle allegazioni documentali del richiedente, il principio di leale collaborazione che – quale precipitato del principio di correttezza ed imparzialità dell’azione amministrativa che discende dall’art, 97 Cost. – deve sempre informare e conformare l’esercizio di poteri autoritativi impone all’Amministrazione procedente di verificare la completezza ed adeguatezza dell’istruttoria al fine di poter valutare adeguatamente la percorribilità della pretesa dell’interessato, soprattutto quando si accorga l’Amministrazione della incompletezza della documentazione presentata. Ciò comporta che deve ritenersi sempre illegittimo un provvedimento amministrativo sfavorevole a colui che ha proposto una istanza al fine di ottenere un vantaggio e motivato in base alla carenza di documentazione o di istruttoria, in quanto l’obbligo di sollecitare la completezza del quadro documentale necessario alla valutazione della posizione del richiedente spetta innegabilmente all’Amministrazione.

7. – In ragione delle suesposte considerazioni il ricorso va accolto con annullamento dell’atto impugnato.

Le spese seguono la soccombenza ai sensi dell’art. 91 c.p.c. come richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., di talché esse vanno poste a carico della parte resistente e liquidate nella misura di complessivi Euro 3.000,00 (euro tremila/00), come da dispositivo.
P.Q.M.

pronunciando in via definitiva sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna il Comune di Roma, in persona del Sindaco pro tempore, a rifondere le spese del presente giudizio in favore della Società B.A.I.E. a r.l., in persona del rappresentante legale pro tempore, nella misura complessiva di Euro 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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