De T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 21-06-2011, n. 5535

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la deliberazione C.C. n. 8 del 22.3.1999 il Comune di Amaseno ha autorizzato la cooperativa ricorrente a realizzare nel parco pubblico "Fontana Grande" una struttura in legno, la cd. Dacia Russa, della superficie complessiva di mq. 150,00 da destinare a pub ricreativo.

Quindi è stata stipulata tra le pari la convenzione rep. n. 529 del 12.7.1999, avente ad oggetto la gestione del parco e la realizzazione e gestione della cd. Dacia Russa, il cui progetto è stato, quindi, approvato con la successiva deliberazione C.C. n. 125 del 3.8.1999.

Con la deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Amaseno n.13 del 20.6.2005 è stata disposta la revoca della deliberazione C.C. n. 8 del 22.3.1999 e della convenzione rep. n. 529 del 12.7.1999.

La ricorrente, con il ricorso in trattazione, ha impugnato la predetta ultima deliberazione, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di censura:

1. Violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, ed eccesso di potere per violazione dei principi del giusto procedimento.

2. Violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 21 quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, ed eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, carenza di idonea motivazione, travisamento dei fatti, difetto dei presupposti e per violazione degli articoli 2 e 3 della convenzione di cui al rep. n. 529 del 12.7.1999.

In particolare ha dedotto che:

– sarebbe stata omessa la fase della partecipazione procedimentale;

– non sarebbe stata effettuata la comunicazione di cui all’articolo 10 bis della legge n. 241 del 1990;

– vi sarebbe stata una carenza di istruttoria, essendo il provvedimento impugnato fondato esclusivamente sulle risultanze del sopralluogo del 27.5.2005;

– al sopralluogo del 27.5.2005 sarebbe mancata la presenza del legale rappresentante della società;

– sarebbe, altresì, mancata la notifica del verbale redatto in sede di sopralluogo;

– nel verbale di sopralluogo vi sarebbero alcune contraddittorietà, atteso che gli uffici comunali avrebbero dovuto verificare esclusivamente lo stato di manutenzione del il parco, mentre, in realtà, sono entrati all’interno della dacia, verbalizzando che non vi erano lavori in corso ma che si stava solo procedendo alla sostituzione dei mobili della cucina e, comunque, il riscontrato stato del parco sarebbe conseguente ai lamentati danni vandalici e non invece all’incuria dei ricorrenti;

– il comune avrebbe deliberato l’apertura del viale alla circolazione delle auto a decorrere dal 2004 in violazione delle prescrizioni di cui alla richiamata convenzione;

– gli atti vandalici sarebbero, comunque, stati subito denunciati da parte della società ricorrente;

– la sorveglianza pubblica del parco dovrebbe rimanere a carico del comune e non potrebbe essere derogato dalla disposizione di cui all’articolo 2 della convenzione del 1999.

Il Comune di Amaseno si è costituito in giudizio in data 29.12.2005 con memoria difensiva con la quale ha argomentatamente dedotto, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice adito e, nel merito, la sua infondatezza, chiedendone il rigetto.

Con l’ordinanza n. 719/2006 del 31.1.2006 è stata respinta l’istanza di sospensione dell’esecutività dei provvedimenti impugnati.

Con la memoria del 30.11.2006 la società ricorrente ha controdedotto alla memoria avversaria, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

Con il ricorso per motivi aggiunti la società ricorrente ha impugnato l’ordinanza del Comune di Amaseno n. 5/2006, con la quale l’autorizzazione per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande rilasciata alla ricorrente è stata revocata per decadenza.

Ne ha dedotto l’illegittimità per i seguenti motivi di censura:

1. Violazione e falsa applicazione degli articoli 1, 4, 5 e 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, ed eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, contraddittorietà.

2. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ed eccesso di potere per carenza di una idonea motivazione, illogicità, contraddittorietà, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti.

3. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 21 quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, ed eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti.

4. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 37 septies della legge 11 febbraio 1994, n. 109.

Il Comune di Amaseno, con la memoria del 25.5.2006, ha più approfonditamente argomentato l’infondatezza nel merito del ricorso introduttivo e si è costituito in giudizio sul ricorso per motivi aggiunti, depositando la memoria difensiva in data 19.7.2006, con la quale, dopo avere ribadito l’eccezione preliminare d’inammissibilità, ha insistito per il rigetto anche del detto ricorso.

Con l’ordinanza n. 4449/2006 del 28.7.2006 è stata respinta l’istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato con il ricorso per motivi aggiunti.

Con la memoria del 22.4.2011 il comune ha insistito per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Alla pubblica udienza del 18.5.2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

In via preliminare deve essere affrontata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito formulata da parte della difesa del comune fin dalla memoria di costituzione in giudizio nel ricorso introduttivo e successivamente sempre ribadita, essendosi ritenuto che la controversia in atti, in quanto avente ad oggetto l’esercizio di un diritto di revoca contrattualmente riconosciuto, riguardi esclusivamente la fase esecutiva di un rapporto contrattuale.

La revoca della deliberazione C.C. n. 8 del 22.3.1999, con al quale il comune ha autorizzato la cooperativa ricorrente a realizzare nel parco pubblico "Fontana Grande" una struttura in legno, la cd. Dacia Russa, della superficie complessiva di mq. 150,00 da destinare a pub ricreativo nonché della successiva convenzione di cui al rep. n. 529 del 12.7.1999, avente ad oggetto la gestione del parco e la realizzazione e gestione della cd. Dacia Russa, è stata adottata, ai sensi dell’articolo 10 della citata convenzione, per le riscontrate gravi inadempienze agli obblighi assunti dalla ricorrente ai fini della gestione del parco in questione, di cui all’articolo 2 della medesima convenzione.

Al riguardo si osserva che i beni patrimoniali indisponibili, al pari di quelli demaniali, attesa la comune destinazione alla soddisfazione di interessi pubblici, possono essere attribuiti in godimento a privati soltanto nella forma della concessione amministrativa, la quale, anche quando si configuri come concessionecontratto – vale a dire come combinazione di un negozio unilaterale autoritativo (atto deliberativo) della p.a. e di una convenzione attuativa (contratto) -, implica sempre l’attribuzione al privato di un diritto condizionato, che può essere unilateralmente soppresso dall’amministrazione stessa con la revoca dell’atto di concessione, in caso di contrasto con il prevalente interesse pubblico, con la conseguenza che, emesso il relativo provvedimento amministrativo, con l’intimazione della restituzione del bene, la posizione del privato stesso degrada ad interesse legittimo ed è suscettibile di tutela davanti al giudice amministrativo e non in sede di giurisdizione ordinaria (Cassazione civile, sez. un., 22 novembre 1993, n. 11491).

Nel caso di specie, si tratta di un parco pubblico (parco giochi comunale), la cui gestione è stata attribuita, da parte del comune, alla società ricorrente ai fini della valorizzazione dell’area, autorizzando contestualmente la realizzazione di una struttura in legno che avrebbe dovuto consentire il rilancio del parco stesso.

Ne consegue che la giurisdizione sul provvedimento con il quale il comune revoca l’autorizzazione alla realizzazione della struttura da collocare all’interno del parco pubblico ai fini della sua valorizzazione nonché la convenzione avente ad oggetto l’attribuzione della gestione del parco stesso, non può se non rientrare nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo adito, indipendentemente dalle motivazioni sulla base delle quali la revoca stessa sia stata disposta (sopravvenuti motivi di interesse pubblico o puntuali inadempienze contrattuali).

Alcun dubbio, poi, sussiste in ordine alla giurisdizione del giudice amministrativo adito relativamente al provvedimento impugnato con il ricorso per motivi aggiunti, con il quale è stata disposta la revoca per decadenza per inattività dell’autorizzazione alla somministrazione al pubblico di alimenti e bevande che sarebbe dovuta essere esercitata all’interno della cd. Dacia Russa.

Nel merito sia il ricorso introduttivo del giudizio che il successivo ricorso per motivi aggiunti sono infondati per le considerazioni che seguono e vanno, pertanto, respinti.

Con un primo profilo di censura viene dedotto la mancata partecipazione della società ricorrente al procedimento che ha portato all’adozione dell’impugnato provvedimento.

In realtà il detto provvedimento costituisce l’atto conclusivo di un lungo iter procedimentale che ha visto coinvolta, fin dall’inizio, la società ricorrente; ed infatti risulta in atti che il comune ha reiteratamente richiesto spiegazioni alla ricorrente relativamente allo stato di conservazione del parco ed alla sua gestione, almeno a decorrere dall’anno 2001.

Da ultimo, con la nota di cui al prot. n. 495 del 2.2.2005, dopo avere dato atto che la struttura pubblica era in totale stato di abbandono e che l’attività commerciale era da tempo sospesa, ha comunicato alla società l’avvio procedimentale ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 241 del 1990, cui ha fatto riscontro la nota di osservazioni della società del 13.4.2005, a seguito della quale è stata decisa l’effettuazione di un nuovo sopralluogo in contradditorio con il legale rappresentante della società, invitato a prendervi parte: sulla base delle risultanze di tale sopralluogo, realizzato in data 27.5.2005, è stato adottato il provvedimento impugnato.

Parimenti infondata è l’ulteriore censura, con la quale è stata dedotta la violazione dell’articolo 10 bis della legge n. 241 del 1990, dettato in materia di procedimenti ad istanza di parte, attesa la inconferenza nel caso di specie, in cui è in contestazione il provvedimento di revoca adottato da parte dell’amministrazione comunale su propria iniziativa ed avendo, invece, correttamente il comune provveduto, come in precedenza rilevato, alla comunicazione del relativo avvio procedimentale.

Con un ulteriore profilo di censura è stato rilevato il mancato svolgimento, da parte dell’amministrazione comunale, di una idonea istruttoria, in quanto l’unico atto istruttorio richiamato sarebbe il verbale del sopralluogo del 27.5.2005, al quale, comunque, non avrebbe presenziato il legale rappresentante della società e non essendo stato successivamente notificato il verbale alla parte interessata.

Anche il predetto profilo non merita tuttavia condivisione; come già in precedenza rilevato il contraddittorio in ordine alle modalità di gestione del bene pubblico tra le parti interessate va avanti almeno a decorrere dall’anno 2001 e, pertanto, le parti ne hanno diffusamente discusso per oltre 4 anni prima che l’amministrazione comunale si decidesse ad adottare l’impugnato provvedimento di revoca. Peraltro l’effettuazione, nel richiesto contraddittorio delle parti, del sopralluogo del 27.5.2005 (ultimo di una lunga e documentata serie di sopralluoghi), sulla base delle cui risultanze l’amministrazione si è infine determinata, è stata decisa proprio a seguito del riscontro all’avvio procedimentale da parte della ricorrente.

Ne consegue la lamentata mancata partecipazione del legale rappresentante della società al sopralluogo di cui trattasi è imputabile esclusivamente alla società stessa.

Va comunque aggiunto che, in esito al sopralluogo, l’amministrazione ha avuto, conclusivamente, modo di rilevare le seguenti circostanze in ordine allo stato di conservazione della strutture e degli arredi del parco in questione:

– le giostre erano inutilizzabili;

– le reti metalliche delle voliere erano rotte e rattoppate con filo di ferro;

– in una delle voliere non vi erano più animali e nell’altra vi era rimasto solo un cigno;

– la siepe piantata era oramai del tutto seccata;

– la recinzione era danneggiata e rattoppata in più punti;

– i pozzetti erano privi di chiusino e pertanto pericolosi per i fruitori del parco;

– i cipressi piantati sul confine del parco non erano mai stati potati al fine di realizzare una siepe e erano oramai tutti pendenti verso la proprietà confinante.

Con un ulteriore profilo di censura la ricorrente deduce che l’amministrazione avrebbe effettuato il sopralluogo anche all’interno della struttura in legno, arbitrariamente non essendovi legittimata, e ne avrebbe tratto delle erronee considerazioni in ordine allo stato di conservazione della stessa.

Al riguardo, per il momento, non può se non rilevarsi che, ai fini della revoca della convenzione, la predetta circostanza non ha assunto valore dirimente, costituendo, al più un’argomentazione ad abundantiam, e meramente rafforzativa, atteso che la contestazione in oggetto attiene essenzialmente alla violazione degli obblighi di cui all’articolo 2 della convenzione; e la predetta disposizione pone a carico della ricorrente la manutenzione ordinaria e le piccole riparazioni, il taglio dell’erba, la cura delle piante, la potatura delle siepi e la conservazione e funzionalità dell’impianto (del parco pubblico) nel suo complesso.

Né, ancora, è comprovato in atti che lo stato di manutenzione del parco sia imputabile esclusivamente agli atti vandalici posti in essere da ignoti nella struttura; e, comunque, le puntuali contestazioni dell’amministrazione comunale, di cui al verbale dell’ultimo sopralluogo del 27.5.2005, riguardano nel complesso tutta la struttura del parco e, soprattutto, attengono al mancato rispetto degli obblighi assunti dalla ricorrente relativamente alla conservazione ed al mantenimento del verde pubblico, rispetto al quale la rilevanza degli atti vandalici appare evidentemente destituita di ogni fondamento (si fa, in particolare, riferimento alla mancata potatura delle alberature ed alla cura delle siepi).

Ed ancora non può fondatamente concordarsi con la difesa della ricorrente nella parte in cui, relativamente alle ulteriori contestazioni, concernenti lo stato di manutenzione delle diverse strutture del parco, deduce la non riconducibilità degli interventi non eseguiti all’ambito della manutenzione ordinaria che, a norma del richiamato articolo 2 della convenzione del 1999, sarebbe stata a carico della società. Ed infatti la manutenzione delle panchine installate all’interno del parco, la cura dei giochi ivi insistenti nonché il controllo e l’aggiustamento della rete metallica di protezione delle strutture destinate ad accogliere gli animali, indubbiamente, rientrano nel dedotto concetto di manutenzione ordinaria di un parco pubblico che è stato consegnato da parte dell’amministrazione comunale, ai fini della sua custodia e gestione, con le dette strutture già installate e pienamente operative.

E non può ritenersi, altresì, che nonostante il tenore puntuale dell’articolo 2 della convenzione, competa, comunque, al comune l’attività di manutenzione e gestione del parco; l’unica attività di carattere generale che residua, a seguito del trasferimento delle attività di cui in precedenza, infatti, è soltanto quella generale di vigilanza e sorveglianza ai fini della sicurezza del territorio comunale.

N, in senso contrario alla dedotta prospettazione, rileva la circostanza che, a decorrere dall’anno 2004, l’amministrazione comunale abbia deciso di aprire alla circolazione veicolare la strada interna al parco; ed infatti, come correttamente rilevato in sede di memoria difensiva da parte dell’amministrazione comunale, con l’ordinanza del Responsabile del servizio di Polizia Municipale n. 24 del 16.6.2004 – provvedimento che, se ritenuto lesivo delle prerogative della ricorrente, avrebbe dovuto essere impugnato dall’interessata nei termini di legge -, è stata regolamentata la circolazione veicolare di una strada esterna al parco di cui trattasi, delimitata da un’apposita cancellata, da sempre aperta al traffico veicolare, salvi brevi periodi necessari per il rifacimento e la manutenzione della rete idrica cittadina.

Con un ultimo profilo di censura è stata dedotta la violazione dell’articolo 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, in quanto l’amministrazione non avrebbe effettuato una ampia e corretta valutazione degli interessi coinvolti nella vicenda nonché una comparazione degli interessi pubblici e privati contrapposti.

Anche il detto ultimo profilo è destituito di fondamento, atteso che, dall’esame di tutta la documentazione in atti e soprattutto dalla verifica dell’attività istruttoria posta in essere da parte dell’amministrazione, è evidente come, prima di procedere all’adozione dell’impugnata revoca, l’amministrazione abbia adeguatamente valutato le conseguenze delle proprie decisioni sugli interessi di cui è portatrice la società ricorrente.

In particolare, dall’istruttoria condotta, emerge proprio come l’interesse pubblico, che ha determinato l’amministrazione comunale a concedere in via esclusiva ad un soggetto privato la gestione di un bene pubblico, consentendogli altresì di trarne il relativo profitto, sia, in realtà, stato tradito dal comportamento inadempiente tenuto nella vicenda di cui trattasi dal concessionario, con il conseguente riemergere dell’interesse ad una gestione diretta del bene (o eventualmente all’affidamento della detta gestione ad un diverso e auspicabilmente più affidabile soggetto).

Né può fondatamente ritenersi che, in senso contrario, rilevi l’affidamento ingenerato nella ricorrente in ordine alla gestione venticinquennale, come concordato, del parco in questione; ed infatti l’adozione dell’impugnato provvedimento di revoca è, evidentemente, imputabile al comportamento inadempiente gli obblighi assunti dalla stessa ricorrente, come già in precedenza ripetutamente rilevato.

Con il successivo ricorso per motivi aggiunti la società ricorrente ha impugnato la deliberazione della G.M. del Comune di Amaseno n. 14 del 16.3.2006, con la quale è stata disposta la revoca della deliberazione di G.M. n. 125 del 3.8.1999, la successiva ordinanza n. 4 del 17.3.2006, con la quale è stata disposta la demolizione delle strutture in muratura nonché del manufatto in legno, la cd. Dacia Russa nonché l’ordinanza del Comune di Amaseno n. 5/2006, con la quale è stata revocata per decadenza l’autorizzazione per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande rilasciata alla ricorrente relativamente alla struttura in legno.

I primi due provvedimenti impugnati, ossia la revoca della deliberazione di G.M. n. 125 del 3.8.1999, concernente l’autorizzazione alla realizzazione della struttura in legno di cui trattasi, nonché la successiva ordinanza di demolizione delle strutture in muratura e del detto manufatto in legno, sono stati adottati sulla base del presupposto proprio dell’intervenuta revoca della deliberazione C.C. n. 8 del 22.3.1999 e della convenzione rep. n. 529 del 12.7.1999 e ne è stata dedotta, pertanto, l’illegittimità essenzialmente in via derivata.

Atteso, tuttavia, quanto in precedenza rilevato in ordine all’infondatezza nel merito del ricorso introduttivo, entrambi i detti provvedimenti appaiono scevri dalle censure di illegittimità dedotte con il ricorso per motivi aggiunti; è evidente, infatti, che essendo venuto legittimamente meno il titolo sulla base del quale sono state assunte le dette determinazioni, le stesse possano conseguentemente a loro volta essere legittimamente revocate.

Appare, inoltre, destituita di fondamento l’ulteriore censura, autonoma, di incompetenza del dirigente all’adozione dell’ordinanza di demolizione impugnata, rientrando la stessa, asseritamente, nelle competenze esclusive del Consiglio comunale.

Al riguardo è sufficiente rilevare che, a partire dalla legge n. 142 del 1990, rientrano nella competenza del dirigente comunale, e non del Sindaco o del Consiglio municipale, in quanto atti di gestione, i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia e di tutela del territorio, tra i quali l’ordinanza di demolizione di opere abusive (T.A.R. Lazio- Roma, sez. II, 8 aprile 2010, n. 5889).

Con l’ultimo dei provvedimenti impugnati, invece, è stata revocata per decadenza l’autorizzazione alla somministrazione al pubblico insistente sulla cd. Dacia Russa; la detta revoca è stata adottata ai sensi del richiamato articolo 11 del vigente regolamento comunale dei "Parametri pubblici esercizi" per il riscontrato protrarsi dell’inattività per un periodo superiore ai 12 mesi a decorrere dal 3.2.2005, data dalla quale risulta che la predetta attività è stata sospesa da parte della società ricorrente.

Tuttavia, avverso il detto ultimo provvedimento – pure formalmente impugnato – non è stata articolata, nel corpo del ricorso, alcuna specifica censura. Dall’esame della documentazione in atti si rileva in ogni caso come il titolare della società ricorrente abbia provveduto, con la nota del 3.2.2005, a comunicare all’amministrazione la sospensione dell’attività di somministrazione che si svolgeva all’interno della cd. Dacia Russa per la necessaria effettuazione di alcuni lavori di ristrutturazione della struttura e risulta, altresì, che la predetta attività non sia più stata riattivata nell’indicato termine annuale.

Per le considerazioni tutte che precedono i due ricorso devono pertanto essere respinti, siccome infondati nel merito.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo che segue.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo del giudizio nonché sul successivo ricorso per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore del comune delle spese del giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.000,00, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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