Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-05-2011) 20-06-2011, n. 24597

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Giovanni, che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile.
Svolgimento del processo

Il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza in data 14-10-2010, confermava l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere nei confronti di G.G., emessa dal Gip del tribunale di quella città il 16-9-2010, con la contestazione provvisoria di estorsione aggravata dalla L. n. 203 del 1991, art. 7, ai danni dei titolari di pubblici esercizi del casertano costretti ad acquistare caffè da S.G., capo della frazione del clan dei casalesi facente capo alla famiglia Bidognetti.

Il tribunale, premessi gli esiti dell’indagine, rappresentati da dichiarazioni di collaboratori di giustizia, riscontrate sia vicendevolmente che da informazioni testimoniali e da accertamenti di PG, in ordine all’esistenza di un capillare sistema estorsivo, instaurato da S. sulla base della ripartizione territoriale degli esercizi pubblici, ravvisava la gravità del quadro indiziario a carico di G. nelle chiamate di tre collaboranti, due, D. C. e Sp., di già sperimentata credibilità, l’altro, B., più recente, convergenti sia quanto al ruolo svolto dall’indagato (quello di raccolta degli scontrini fiscali degli esercizi presi di mira, di imposizione dell’acquisto del caffè, di comunicazione a S. dei nominativi di coloro che avevano rifiutato), sia circa la sua zona di competenza, (OMISSIS) e dintorni.

Con il ricorso proposto per il tramite del difensore, avv. Maurizio Chinili, G. deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla gravità del quadro indiziario, rappresentato dalle chiamate in correità ed in reità. Infatti si assume che le prime, quelle di D.C.E. e Sp.Or., attengono alla fase preliminare dell’organizzazione, da parte di S., del gruppo di uomini vicini al clan che avrebbero dovuto i imporre il caffè agli esercizi commerciali, e quindi nulla dicono in ordine alla partecipazione dell’indagato all’attività estorsiva.

M.G., poi, autoaccusatosi di essere il referente di tale attività per la zona di (OMISSIS) e paesi limitrofi, quindi della zona in ipotesi accusatoria comune a G., non ha fatto il nome di questi.

Le chiamate in reità, poi, non sono accompagnate dalla verifica della credibilità del dichiarante de relato e del confidente, nè sono accompagnate da riscontri individualizzanti. Si chiede quindi l’annullamento dell’ordinanza impugnata con o senza rinvio.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

L’ordinanza gravata si sottrae alla censura di violazione di legge e vizio di motivazione, avendo il tribunale congruamente ancorato la ritenuta gravità del quadro indiziario alle chiamate di correo provenienti da tre collaboratori di giustizia, D.C., Sp. e B., convergenti sul ruolo attribuito a G. nel sistema estorsivo – basato sull’imposizione ai pubblici esercenti dell’acquisto periodico di caffè di scadente qualità – instaurato nel casertano da S.G., le prime due, provenienti da diretti referenti del S., di già sperimentata credibilità, convergenti anche sul punto della zona di competenza territoriale dell’indagato, non precisata dal terzo.

Smentito dal contenuto delle chiamate è quindi il rilievo del ricorrente secondo cui le propalazioni dei predetti sarebbero non decisive in quanto attinenti alla fase preliminare, non esecutiva, delle estorsioni. Infatti dalle dichiarazioni di Sp., testualmente riportate nell’ordinanza, risulta che G. si era recato, su incarico di S., in tutti i bar di (OMISSIS) e dintorni, P., T. e località limitrofe per imporre l’acquisto del caffè, con dettagliata specificazione del tipo, peso e modalità di confezionamento del caffè, nonchè dei nomi dei distributori della bevanda e degli addetti al giro di consegne nella varie aree territoriali, segno di profonda conoscenza del sistema estorsivo instaurato, e quindi di attendibilità delle informazioni fornite. Anche D.C. ha del resto indicato G. come uno degli emissari di S. per l’imposizione del caffè, individuando la zona di sua competenza territoriale in (OMISSIS), in sostanziale sintonia con Sp.. A definitivamente smentire l’assunto del ricorrente, il tribunale ha ricordato poi le dichiarazioni del pentito B., indicanti l’indagato tra gli "addetti a fare il giro" dei pubblici esercizi, risultandone quindi univocamente individuato il ruolo dell’indagato, collocato ben oltre la fase meramente organizzativa dell’illecita attività.

Correttamente, poi, il tribunale ha tratto conferma dell’attendibilità di B. dal suo riconoscimento da parte di una delle vittime di estorsione, C.A..

A fronte di ciò, valenza del tutto recessiva, e comunque inidonea ad influire sul requisito della gravità indiziaria, assume la circostanza, evidenziata dal ricorrente, che un ulteriore pentito, M.G., non avrebbe fatto il nome dell’indagato: M. ha infatti confermato il coinvolgimento nel sistema estorsivo di B., la cui credibilità ne risulta quindi ulteriormente rafforzata.

Generica, e pertanto inammissibile, è infine la censura relativa alla mancata verifica della credibilità dei chiamanti in reità – neppure indicati nominativamente – e all’assenza di riscontri individualizzanti alle dichiarazioni di costoro. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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