Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-04-2011) 20-06-2011, n. 24561

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L.L. ricorre in cassazione avverso l’ordinanza, in data 3.02.2010, del Tribunale di Potenza con cui è stata rigettata l’opposizione avverso il decreto di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Si denuncia violazione di legge nella specie delle norme di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 e vizio di motivazione. Premesso che il diritto all’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è stato negato sul solo assunto che l’attività delittuosa posta in essere concorra a formare il reddito "lecito", superando i limiti imposti dalla legge, si evidenzia che il Tribunale non ha nè indagato nè individuato l’effettivo ammontare del reddito derivante dall’attività illecita e senza accertare il reale tenore di vita dell’istante, come prescritto dall’art. 96 D.P.R. richiamato; non risulta, pertanto, nè motivato il diniego di concessione del beneficio in parola, nè provato l’effettivo ammontare di reddito derivante dalla attività illecita. Si adduce che nei procedimenti penali che hanno visto coinvolto il L. si è sempre escluso che lo stesso facesse parte di una organizzazione o che fosse anche solo partecipe della stessa, configurandosi, al contrario singole ed isolate ipotesi di detenzione di sostanze stupefacenti, tipiche della condotta di un assuntore di sostanza stupefacente che per procurarsi la dose talvolta cede ad altri la stessa. Con richiesta scritta il procuratore Generale, nella persona del dott. Mario Fraticelli, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

I motivi esposti sono infondati sicchè il ricorso va rigettato. A dimostrarne la infondatezza è il contrario orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, la quale afferma che, ai fini del diniego dell’ammissione al gratuito patrocinio e della revoca del beneficio già riconosciuto, rilevano anche i redditi da attività illecite, che possono essere accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici di cui all’art. 2729 cod. civ.. Ne consegue che va ritenuta la legittimità del provvedimento con il quale il Tribunale ha motivato il rigetto dell’impugnazione avverso il decreto di rigetto all’ammissione al gratuito patrocinio, avendo evidenziato che il L., già condannato con sentenze definitive per delitti di detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente, è dedito abitualmente a tale attività con le quali "oltre a garantirsi il danaro per l’uso personale di sostanze stupefanti" ricava "altresì somme congrue costituenti un non irrilevante profitto economico".

La cospicua valenza economica delle attività illecite cui si è fatto riferimento è dimostrativa della circostanza che l’interessato aveva disponibilità reddituali superiori ai limiti stabiliti dalla legge per la fruizione del beneficio. Nè possono avere ingresso in questa sede le rivalutazioni che il ricorrente propone a suo beneficio a proposito degli elementi presi in considerazione dai giudici di merito, posto che esse si risolverebbero in un sostanziale nuovo giudizio sul fatto, sottratto, per costante giurisprudenza di questa Corte, come tutte le valutazioni di merito, al sindacato di legittimità della Cassazione.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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