Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-03-2011) 20-06-2011, n. 24582 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ni Giovanni.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 15 aprile 2010 la Corte d’Appello di Ancona ha dichiarato la nullità della sentenza con la quale il giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Pesaro, in esito al giudizio abbreviato, aveva condannato F.F. quale responsabile dei reati di cui alla L. Fall., artt. 216 e 223, anche in rapporto all’art. 2621 c.c. Ha ritenuto quel collegio che il giudice di primo grado fosse incorso nell’inosservanza del principio di correlazione fra contestazione e condanna, per essersi pronunciato – in senso affermativo della colpevolezza – sull’imputazione originariamente elevata nei confronti del F., sebbene l’accusa fosse stata modificata dal pubblico ministero nel corso del dibattimento.

Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Ancona, affidandolo a un solo motivo. Con esso contesta, in via principale, che il vizio rilevato dal giudice di secondo grado abbia comportato nullità della sentenza di condanna, non essendosi realizzato alcun pregiudizio per il diritto di difesa dell’imputato; in via subordinata rileva che, quand’anche sussistente, la nullità della sentenza nella parte riguardante il delitto di bancarotta societaria di cui al capo b) non dovrebbe ritenersi estesa alla pronuncia riguardante l’imputazione di cui al capo a): la quale, riferendosi alla bancarotta fraudolenta patrimoniale, in nessun modo è interessata dalla discrasia della sentenza rispetto alla modifica dei temi di accusa.

Il ricorso è fondato nella prospettazione avanzata in via principale, con conseguente assorbimento della subordinata.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (v. da ultimo Cass. 12 novembre 2009 n. 9916/10), la difformità tra il fatto contestato e quello ritenuto in sentenza comporta il vizio di inosservanza del principio di correlazione fra accusa e condanna solo nel caso in cui si sia concretato un effettivo pregiudizio dei diritti della difesa.

Alla stregua del suesposto principio il giudice di appello, per poter affermare che la sentenza di primo grado era affetta dal vizio denunciato, avrebbe dovuto indicare su quali, tra i fatti ritenuti accertati dal Tribunale e posti a fondamento della condanna, fosse mancata alla difesa dell’imputato la possibilità di interloquire a motivo della loro estraneità al tema d’accusa, così come modificato ad iniziativa del pubblico ministero nel corso del dibattimento.

La motivazione della sentenza di appello, limitandosi a riscontrare una difformità fra i capi d’imputazione riformulati dal P.M. e l’articolazione del tema accusatorio contemplata nella sentenza di primo grado, ha fondato il giudizio di nullità della pronuncia portata al suo esame su tale dato meramente formale, cui ha attribuito carattere essenziale in base alla considerazione per cui "se, a giudizio del titolare dell’azione penale, la anzidetta modifica del tema di accusa andava operata (come in effetti è stata operata), essa non era di certo superflua": senza tuttavia chiedersi se e in quali modi la rilevata difformità potesse avere pregiudicato la difesa dell’imputato, inducendo il giudice alla valorizzazione, a carico del F., di fatti rimasti esclusi dall’imputazione modificata, sui quali l’imputato non avesse avuto la possibilità di difendersi.

Siffatta lacuna comporta una carenza motivazionale che rende necessario l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte d’Appello di Perugia.
P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’Appello di Perugia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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