Corte di Cassazione, sez. III,, Sentenza 28 Ottobre 2010 , n. 22022 Il danno non patrimoniale Risarcimento danni: anche le leggi di mercato determinano il quantum

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
1. – La corte d’appello di Roma ha rigettato – nella parte che ancora interessa – l’appello della Presidenza del consiglio dei ministri e del C.I.P.E. avverso la sentenza del tribunale di Roma che aveva complessivamente determinato in oltre ventuno miliardi di lire alla data del 30.9.1999, oltre alla rivalutazione ed agli interessi sulle somme progressivamente rivalutate, il danno da risarcire dagli appellanti alla s.p.a. Laboratori Guidotti per avere, omettendo di pubblicare nella Gazzetta Ufficiale l’aumento di prezzo proposto dalla produttrice Guidotti per il farmaco per diabetici Glibomet 40 cpr., precluso alla stessa, per il periodo compreso tra il 10.6.1992 ed il 20.8.1994, la commercializzazione della specialità medicinale al prezzo di lire 19.000 (poi ridotto a lire 14.150) per confezione, in luogo di quello di lire 8.700 al quale il farmaco era stato venduto.
2. – Del rigetto del motivo d’appello col quale era stata domandata la riduzione della somma liquidata a titolo di risarcimento i soccombenti si dolgono con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui resiste con controricorso la società Laboratori Guidotti.
Motivi della decisione
1. – Sono denunciate violazione di norme di diritto e motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria per avere la corte d’appello liquidato il danno in base ad un semplice calcolo aritmetico, senza considerare:
– che i ricavi si sarebbero certamente ridotti se il farmaco fosse stato effettivamente posto in commercio al prezzo maggiorato, anche in considerazione della circostanza che esso era inserito nel prontuario terapeutico a carico del Servizio sanitario nazionale ed era dunque distribuito gratuitamente; che non lo sarebbe stato ad un prezzo aumentato del 118% (di gran lunga superiore a quello medio europeo di lire 8.700 nel 1994, addirittura diminuito a lire 8.403 alla data del ricorso), posto che il prontuario terapeutico deve uniformarsi anche al principio “dell’economicità del prodotto”;
– che tanto avrebbe certamente provocato un’elevatissima contrazione delle vendite, essendo notorio che un farmaco vede moltiplicare il proprio consumo allorché viene distribuito gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale; a meno che – continuano i ricorrenti – il prezzo non fosse stato repentinamente ridotto per rientrare nella classe di rimborsabilità a carico del servizio sanitario: ma anche in tal caso l’entità economica del danno non si sarebbe potuta determinare in base a criteri solo matematici, ricorrendo invece i presupposti per una liquidazione equitativa dello stesso.
2. – La corte d’appello ha respinto il relativo motivo di gravame con il quale, per le ragioni esposte, era stata domandata una liquidazione equitativa, sulla base delle seguenti considerazioni:
“Dette critiche non possono condividersi, basandosi su considerazioni di fatto aleatorie e prive di riscontri obiettivi, non potendosi stabilire a priori se ed in quale misura sarebbe diminuito il consumo di un farmaco, ritenuto indispensabile per salute dei pazienti, tanto da essere dispensato gratuitamente. Fino a prova contraria l’intensità dell’uso del prodotto farmaceutico dipendeva dall’efficacia terapeutica e non già dall’economicità della specialità medicinale, sicché, attesa la non contestata correttezza dei calcoli effettuati dal CTU, la relativa censura va disattesa, non sussistendo i presupposti per una liquidazione equitativa del danno lamentato dalla soc. Laboratori Guidotti”.
2.1. – La motivazione è carente.
Che, a fronte di un aumento del prezzo, il consumo di un prodotto tenda, a parità di condizioni, a diminuire costituisce massima d’esperienza. E delle massime d’esperienza, intese come proposizioni di ordine generale tratte dalla reiterata osservazione dei fenomeni naturali o socioeconomici, il giudice – com’è stato correttamente chiarito dalla dottrina – è tenuto ad avvalersi
come regola di giudizio destinata a governare sia la valutazione delle prove che l’argomentazione di tipo presuntivo.
I precedenti sono solo apparentemente contrari, avendo avuto in realtà riguardo a fatti che si assumevano come notori (così Cass., nn. 2145/73, 1126/2000, 5826/01, 1613/03): dunque a fatti specifici conosciuti dalla generalità e non ad una regola di giudizio.
Il mancato ricorso da parte del giudice del merito a nozioni di comune esperienza, in quanto interferente sulla valutazione del fatto, è suscettibile di essere apprezzato sotto il profilo del vizio della motivazione (ex art. 360, n. 5, c.p.c.).
Nel caso di specie, è contrario alla menzionata massima d’esperienza l’avere escluso che il consumo del farmaco (e, con esso, il danno) sarebbe potuto essere inferiore se il prodotto fosse stato commercializzato ad un prezzo più alto. E l’averlo fatto nell’assunto che esso era indispensabile per la salvaguardia della salute dei pazienti è del tutto irrilevante, in difetto dell’affermazione che quel determinato farmaco era anche l’unico sul mercato. La situazione di monopolio produttivo è stata, a ben vedere, implicitamente presupposta laddove è detto che “fino a prova contraria, l’intensità dell’uso del prodotto farmaceutico dipendeva dall’efficacia terapeutica e non già dall’economicità della specialità medicinale”. Ma essa troverebbe supporto logico solo nell’accertata assenza sul mercato di prodotti alternativi di analoga efficacia terapeutica, mentre non ne avrebbe alcuno in presenza di farmaci ugualmente efficaci ma più economici.
Ora, che quel determinato prodotto farmaceutico fosse unico o, se non unico, che il nuovo prezzo non fosse superiore a quelli medi di altri farmaci analoghi (sicché non potesse ragionevolmente prevedersi una contrazione della distribuzione se l’amministrazione avesse provveduto alla pubblicazione del nuovo prezzo in Gazzetta ufficiale), era prova che doveva esser data dal creditore, in quanto attinente alle conseguenze patrimoniali da lucro cessante dal medesimo lamentate per fatto imputabile al debitore.
In difetto di quella prova, non risulta giustificata la mancata applicazione della massima d’esperienza sopra indicata e delle presunzioni e delle valutazioni che, in relazione al caso di specie, essa era idonea ad autorizzare.
3. – Il ricorso è accolto nei sensi sopra chiariti.
Il giudice del rinvio, che si designa nella stessa corte d’appello in diversa composizione, liquiderà anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa e rinvia, anche per le spese, alla corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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