T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 21-06-2011, n. 1129 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ale;
Svolgimento del processo

Con ricorso ritualmente notificato alle Amministrazioni resistenti ed alla controinteressata in epigrafe indicata e depositato il 15.6.2010, le E. s.n.c., premesso che in data 16.11.2009 aveva stipulato con l’Impresa edile e stradale M.C. s.r.l. di Misilmeri un contratto di fornitura inerti a nolo a freddo relativo ai lavori di costruzione di 20 alloggi popolari da realizzarsi nel Comune di Racalmuto; che con richiesta prot. 12176 del 25.11.2009 il Comune di Racalmuto, ufficio lavori pubblici aveva chiesto alla Prefettura di Agrigento il rilascio delle informazioni antimafia di cui all’art. 10 del D.P.R. 252/98 nei confronti della ricorrente; che in data 29.3.2010 la M.C. s.r.l. le aveva comunicato che, a seguito di nota del Comune di Racalmuto prot. n. 3622 del 18.3.2010, avrebbe provveduto a recedere dal contratto di fornitura in questione ed ad interrompere qualsiasi collaborazione con essa ricorrente in virtù dell’informativa antimafia trasmessa dalla Prefettura; che essa aveva pertanto fatto istanza di accesso agli atti posti alla base della predetta informativa; tutto quanto sopra premesso, ha impugnato gli atti in epigrafe indicati lamentandone l’illegittimità per 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/90; dell’art. 24 Cost.; eccesso di potere per carenza di motivazione ed ingiustizia manifesta; difetto d’istruttoria; violazione e falsa applicazione degli artt. 10, commi 2 e 7 del D.P.R. n. 252/98 e art. 4, commi 4 e 6 del D. Lg.vo 490/94 anche in relazione alla Circolare del Ministero Dipartimento Pubblica Sicurezza Direzione Centrale per gli Affari Generali n. 559/Leg/240.515.8 del 18.12.1998; violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del D.P.R. n. 252/1998, dell’art. 1 septies del D.L. 629/82 e della Circolare del Ministero dell’Interno 18 novembre 1998 n. 559; 2) violazione e falsa applicazione degli artt. 41 e 97 della Costituzione; eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza; violazione dell’art. 3 L. 241/90, eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di presupposto; violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del D. Lg.vo 490/1994 e dell’art. 10 del D.P.R. 252/1998; travisamento dei fatti.

All’adunanza camerale del 2.7.2010, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare della ricorrente, si è costituita l’Amministrazione resistente, senza depositare memoria scritta ed instando per il rigetto del ricorso avversario.

All’esito della predetta adunanza il T.A.R. adito, con ordinanza n. 587/2010, ha accolto l’istanza di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati.

All’udienza del 5.5.2011 il ricorso, su concorde richiesta dei procuratori delle parti, è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo dell’eccesso di potere per illogicità e difetto di motivazione.

Nell’informativa impugnata la Prefettura ha ritenuto sussistente il pericolo di infiltrazione mafiosa nella gestione della società ricorrente, sulla base della sola circostanza che G.S. ed A.S., fratelli dei soci, sono stati tratti in arresto per associazione di stampo mafioso.

A tale proposito è noto che la giurisprudenza è pacifica nel ritenere insufficiente, al fine di ravvisare il tentativo di condizionamento o infiltrazione mafiosa, il mero rapporto di parentela o di coniugio di amministratori o soci di un’impresa con elementi malavitosi (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 1 marzo 2010, n. 248).

Tale rapporto può essere un elemento indicativo di infiltrazione solo laddove sia accompagnato anche da altri elementi che, benché indiziari (Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 luglio 2006, n. 4574), possano essere tali, nel loro complesso, da fornire obiettivo fondamento al giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali od esserne, in qualche modo, condizionata per la presenza, nei centri decisionali, di soggetti legati ad organizzazioni malavitose (T.A.R. Calabria, n. 197/2007; Cons. Stato, Sez. V, 29 agosto 2005, n. 4408 e Sez. VI 2.5.2007, n. 1916; T.A.R. Sicilia Catania, Sez. I, 12 dicembre 2001, n. 2403).

Conclusivamente il mero rapporto di parentela di cui sopra non basta a fare fondatamente ritenere il pericolo di infiltrazione mafiosa nell’azienda del ricorrente.

Ne consegue che i provvedimenti impugnati devono essere annullati.

Le spese di lite possono essere compensate in ragione della tipologia di vizio riscontrato e della discrezionalità residua in capo alla P.A. nella riedizione del potere amministrativo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima,

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti con esso impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *