T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, Sent., 21-06-2011, n. 173 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Al sig. M.F. è stato vietato, con provvedimento DASPO n. 20/2011 emesso dal Questore della Provincia di Terni in data 21 febbraio 2011, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 401/1989 (divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive), per la durata di due anni, di accedere a tutti gli impianti sportivi siti su tutto il territorio nazionale e all’estero in cui si svolgono tutte le manifestazioni sportive calcistiche (…) nonché ai luoghi antistanti gli stadi in occasione di partite (…) alle stazioni ferroviarie interessate agli arrivi e alle partenze dei convogli delle tifoserie, in occasione dei citati incontri, ai piazzali adibiti alla partenza, arrivo e sosta degli autoveicoli che trasportino le tifoserie medesime, caselli autostradali, scali aerei, autogrill ed in tutti gli altri luoghi interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni medesime (…).

1.1. L’episodio dal quale è scaturito il provvedimento risale al giorno 9 febbraio 2011 alle ore 15.45 prima della partita Sporting Terni – Perugia presso lo stadio Libero Liberati prevista per le ore 16.00. Nel parcheggio destinato alla sosta dei veicoli e pullman riservato alla tifoseria del Perugia, un giovane aveva gettato un petardo. Il personale della Polizia di Stato, pur avendo individuato l’autore del lancio, non era riuscita a fermarlo a causa dell’intervento di un gruppo di tifosi fra i quali il sig. F. che in due occasioni si era frapposto tra il personale operante e gesto in modo da favorirne la fuga.

2. Nel ricorso articolato, su sei motivi si prospetta l’assenza di alcun riferimento al comportamento oggettivo in base al quale la condotta del ricorrente possa avere posto in pericolo la sicurezza pubblica e la diversità del fatto contestato dal paradigma normativo (primo motivo). Si afferma inoltre il difetto di motivazione circa la contrarietà del comportamento con l’ordine e la sicurezza pubblica in quanto l’azione del ricorrente non è consistita nel lancio del petardo. Il procedimento penale per lesioni personali istaurato nei confronti del ricorrente si è chiuso con una sentenza di non doversi procedere e in ogni caso non aveva a che fare con accadimenti verificati nel corso di competizioni calcistiche (secondo motivo). Il provvedimento è inoltre contraddittorio in quanto da atto dell’estraneità del sig. F. al lancio del petardo e non considera che il ricorrente non è stato immediatamente identificato ed è stato fatto regolarmente entrare e uscire dallo stadio (terzo motivo). Il provvedimento del questore è poi irrazionale per quanto attiene alla durata della sanzione rispetto all’entità del fatto commesso (quarto motivo) ed è estremamente generico per quanto attiene all’indicazione dello stato dei luoghi (quinto motivo). L’urgenza addotta a giustificazione dell’omesso preventivo avviso di avvio del procedimento non sussiste in quanto al ricorrente è stata data la possibilità di assistere ad altre partite della propria squadra prima di essere colpito dal divieto (sesto motivo).

2.1. L’Avvocatura Distrettuale dello Stato ha depositato l’annotazione di servizio della DIGOS dalla quale il provvedimento trae origine.

2.2. Nell’annotazione della DIGOS, pur convenendosi su quando affermato nel ricorso circa l’estraneità del F. al lancio del petardo, si specifica che l’autore del lancio, immediatamente individuato, aveva rifiutato di fornire le proprie generalità all’operatore di polizia che era stato circondato da alcuni soggetti. Di costoro l’operatore di polizia aveva riconosciuto il sig. F. che "con fare insistente si frapponeva chiedendo che cosa avesse fatto il giovane…il F. nonostante mi avesse riconosciuto come agente della Polizia di Stato si frapponeva in modi più insistente tra me e il giovane e permetteva a quest’ultimo di dileguarsi fra i tifosi".

3. Comune ai primi tre motivi è la mancanza degli elementi oggettivi dai quali desumere l’esistenza del presupposto per l’applicazione del provvedimento, descritto nell’art. 6 della legge n. 401/1989 nell’ "aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza".

3.1. Secondo quanto risulta dall’esposizione in fatto, il sig. F. non avrebbe avuto alcuna parte nel lancio del petardo effettuato da altro individuo identificato nel corso della partita. Nella relazione di servizio è chiaramente specificato che il ricorrente "si frapponeva chiedendo cosa avesse fatto il ragazzo". Nella memoria di discussione presentata dal ricorrente è rimasto incontestato che, l’essersi frapposto il F. fra l’operatore della Polizia di Stato e l’autore del lancio del petardo, "permetteva a quest’ultimo di dileguarsi fra i tifosi".

3.2. Secondo l’art. 6bis della legge n. 401/1989 è punito con la reclusione da uno a quattro anni chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito, o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime…. e a condizione che i fatti avvengano in relazione alla manifestazione sportiva stessa, lancia…. razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi…".

3.3. Anche se allo svolgimento dei fatti, così come descritti appare estranea la fattispecie del reato di favoreggiamento personale sia per la mancanza dell’elemento oggettivo, identificato nell’essere la condotta di aiuto di chi sia sottoposto alle investigazioni od alle ricerche dell’autorità (Cass. pen., sez. VI, 07/05/2009, n. 29429) sia per la diversità del bene giuridico oggetto di tutela, essendo il favoreggiamento personale è delitto contro l’amministrazione della giustizia (Cass. pen., sez. I, 14/12/1993), appare indubbio il concorso, ancorché esterno, dell’azione del ricorrente con quella penalmente sanzionata, avendo il comportamento del F. ostacolato o comunque impedito l’immediata identificazione dell’autore del fatto criminoso (T.A.R. Emilia Romagna Parma, sez. I, 05/02/2008, n. 87).

3.4. Non risponde infatti a logica regola comportamentale che un privato cittadino chieda spiegazioni all’autorità di pubblica sicurezza circa la ragioni del suo agire: la richiesta rivolta dal F. all’operatore della Polizia di Stato si palesa di per sé del tutto singolare e priva di senso logico specie perché riguardante un soggetto apparentemente a lui estraneo.

3.5. La domanda di "cosa avesse fatto il ragazzo" trova logica spiegazione nell’intento di ostacolare il riconoscimento dell’autore del lancio del petardo: spiegazione corroborata dal frapporsi del F. fra lo stesso e l’operatore della Polizia di Stato che stava procedendo all’identificazione dell’autore del lancio del petardo onde agevolare il sottrarsi dello stesso all’identificazione e dileguarsi fra i tifosi, come si legge nella relazione depositata in atti.

3.6. Anche se la condotta del ricorrente non integra un fatto sanzionabile da una norma incriminatrice, è inevitabile, per le stesse modalità in cui si è estrinsecata, il giudizio di pericolosità sotto il profilo della potenzialità di compromettere il raggiungimento degli obiettivi che la legge si propone, di arginare la violenza negli stadi tramite l’allontanamento di quegli individui che si rendono responsabili di episodi di violenza.

3.7. E’ costante giurisprudenza dell’adito tribunale che la pericolosità che giustifica l’applicazione del provvedimento ex art. 6 co. 1, L. n. 401/1989 si identifica non solo in conseguenza di denunce per reati particolarmente significativi, ma anche in esito all’accertamento di un coinvolgimento attivo in episodi di violenza, non richiedendo la norma che detti comportamenti risultino idonei ad integrare la fattispecie sanzionatoria penale (T.A.R. Umbria Perugia, sez. I, 15 dicembre 2009, n. 767; 14 giugno 2001, n. 335 e n. 336; 31 agosto 2004, n. 488 e n. 489; 11 novembre 2008, n. 723).

Nel senso di una speciale nozione di pericolosità è orientata la seconda parte della disposizione in esame, nel testo sostituito dall’art. 1 del D.L. 336/2001 e successivamente dall’art. 1 del D.L. n. 162/2005 e dall’art. 2, del D.L. n. 8/2007 che considera qualificante ai fini del divieto la condotta finalizzata, sulla base di elementi oggettivi, alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse.

4. Risulta l’infondatezza dei primi tre motivi basati sull’assenza di pericolosità del comportamento de ricorrente siccome desumibile dai fatti occorsi: affinché sia qualificata pericolosa non occorre che l’azione dell’individuo sfoci in manifestazioni violente ben potendo la stessa anche essere desunta da comportamenti concretamente idonei ad agevolare la commissione di fatti sanzionabili da parte di terzi ostacolandone la repressione.

4.1. Legittimo appare, inoltre, il richiamo al deferimento del ricorrente all’autorità giudiziaria per lesioni personali in concorso e violazione sulle riunioni in luogo aperto al pubblico: è ininfluente che il procedimento penale nei confronti dello stesso si sia chiuso con una sentenza di non doversi procedere in quanto secondo l’art. 6 co. 1, L. n. 401/1989, per l’applicazione dell’allontanamento dagli stadi è rilevante la semplice denuncia.

4.2. Corretto appare inoltre l’impianto motivazionale del provvedimento sotto il profilo dell’istruttoria, non essendo necessario alcun ulteriore accertamento sulla vicenda i cui tratti salienti sono, nel loro insieme, incontestati.

5. Degli ulteriori tre motivi, che in parte ripetono i precedenti sotto l’aspetto della mancanza di specificità dei fatti contestati, va, in particolare, respinta l’autonoma censura di sproporzione della misura irrogata rispetto all’entità del fatto.

5.1. Secondo l’art. 6, co. 5, L. n. 401/19895 il divieto non può avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque: l’applicazione del divieto per due anni (uno oltre il minimo) appare proporzionato all’entità dei fatti secondo l’apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa la cui valutazione rimane estranea al sindacato del giudice.

5.2. Il provvedimento non appare infine contradditorio in relazione all’urgenza addotta per giustificare la mancata comunicazione di avvio del procedimento: per costante giurisprudenza, il provvedimento che inibisce l’accesso ai luoghi delle manifestazioni sportive, mirando alla più efficace tutela dell’ordine pubblico e ad evitare la reiterazione dei comportamenti vietati, non va necessariamente preceduto dall’avviso di avvio del procedimento, atteso che, per evitare che tali comportamenti siano reiterati in una successiva competizione sportiva, è del tutto ragionevole che il questore disponga misure volte alla tutela dell’ordine pubblico (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 02/12/2009, n. 8303; Consiglio Stato, sez. VI, 08/06/2009, n. 3468).

6. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto perché infondato.

6.1. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Amministrazione resistente della somma di euro 2.000,00 (duemila/00) per spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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