Cass. civ. Sez. I, Sent., 28-10-2011, n. 22515

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corso.
Svolgimento del processo

Gli odierni ricorrenti proponevano opposizione alla sentenza dichiarativa del fallimento della società fra loro costituita, dichiarato dal Tribunale di Verona con sentenza d. 100 del 4 settembre 2001, deducendone l’illegittimità. Successivamente, con sentenza depositata in data 10 giugno 2003, lo stesso tribunale dichiarava l’estinzione del giudizio, per omessa integrazione del contraddittorio, entro il termine perentorio assegnato in corso di causa, nei confronti di tutti i creditori istanti. La Corte di appello di Venezia, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello, confermando la decisione di primo grado.

Per la cassazione di tale decisione ricorrono i soggetti indicati in epigrafe, sulla base di due motivi.

Si è costituito con controricorso il curatore del fallimento, a tanto debitamente autorizzato.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.
Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

In primo luogo, va rilevato, come a fronte di una decisione depositata in cancelleria in data 19 ottobre 2007, il ricorso risulta notificato in data 29 novembre 2007, cioè successivamente alla cadenza del termine di cui all’art. 327 c.p.c., nei cui confronti, trattandosi di giudizio di opposizione a dichiarazione di fallimento, non opera nel caso di specie il periodo di sospensione feriale, per effetto del richiamo al R.D. n. 12 del 1941, art. 92, effettuato dalla L. n. 742 del 1969, art. 3 (Cass., Sez. Un., 8 febbraio 2006, n. 2636; Cass., 18 settembre 2009, n. 20127; Cass., 2 marzo 2010, n. 4942).

Deve per altro rilevarsi, per completezza di esposizione, come al ricorso in esame, avente ad oggetto un provvedimento emesso nel mese di ottobre dell’anno 2006, debbano applicarsi le disposizioni del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 (in vigore dal 2.3.2006 sino al 4.7.2009), e in particolare l’art. 6 che ha introdotto l’art. 366 bis cod. proc. civ.. Alla stregua di tali disposizioni – la cui peculiarità rispetto alla già esistente prescrizione della indicazione nei motivi di ricorso della violazione denunciata consiste nella imposizione di una sìntesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto al fine del miglior esercizio della funzione nomofilattica – l’illustrazione dei motivi di ricorso, nei casi di cui all’art. 360, comma 1, nn. 1, 2, 3, 4, deve concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto che, riassunti gli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito e indicata sinteticamente la regola di diritto applicata da quel giudice, enunci la diversa regola di diritto che ad avviso del ricorrente si sarebbe dovuta applicare nel caso di specie, in termini tali che dalla risposta che ad esso si dia discenda in modo univoco l’accoglimento o il rigetto del gravame.

Analogamente, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere (cfr. ex multis: Cass. S.U. n. 20603/2007; Sez. 3 n. 16002/2007; n. 8897/2008) un momento di sintesi – omologo del quesito di diritto – che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. l ricorso in esame non è conforme a tali disposizioni, atteso che il motivo dedotto non contiene alcuna delle sintetiche indicazioni riassuntive prescritte dalle disposizioni stesse.

La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna dei ricorrenti alle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla refusione in favore del fallimento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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