Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-05-2011) 20-06-2011, n. 24598 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, con ordinanza in data 5.11.2010, confermava l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere nei confronti di B.A., emessa dal Gip del tribunale di quella città il 1-10-2010, con la contestazione provvisoria di estorsione continuata, aggravata tra l’altro dall’utilizzo del metodo mafioso, ai danni della dirigenza della Coop. New Labor, appaltatrice della manutenzione e pulizia dei convogli ferroviari presso la stazione di (OMISSIS).

Il fatto emergeva, nel corso dell’indagine relativa all’estorsione cui la New Labor era sottoposta da parte della ‘ndrangheta (cosca Tegano), da intercettazioni di telefonate e di messaggi che evidenziavano periodiche ed insistenti richieste di denaro da parte del B., sindacalista della UIL, ai fratelli D., e in particolare a D.A., presidente della cooperativa, sotto la minaccia di inviare alla procura della repubblica e all’ASL la segnalazione di alcune violazioni antinfortunistiche commesse dalla cooperativa.

Il versamento di circa Euro 1800 mensili all’indagato, risulta da appunti sequestrati presso la sede della cooperativa, in (OMISSIS), ed è stata ammessa da questi che lo ha attribuito a regali da parte di D. per consulenze da lui prestate alla società.

La sussistenza dell’aggravante è stata ritenuta sulla base del contesto ambientale (le dazioni in favore di B. erano in qualche modo parallele a quelle gestite dalla cosca Tegano, anche se non riferibili a questa, e l’indagato, approfittando del clima di intimidazione, faceva leva sulla sua qualità di sindacalista) e del riferimento, in un messaggio lasciato nella segreteria telefonica di D.A., a tale D. ("ti saluta D."), identificato in P.D., indagato a sua volta nel procedimento in quanto ritenuto affiliato alla cosca Condello.

Il ricorso proposto da B., per il tramite del difensore avv. Corrado Politi, si articola in tre motivi.

1) Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 273 c.p.p., art. 81 c.p., comma 2 e art. 629 c.p., comma 2 (gravità del quadro indiziario).

Dalle intercettazioni, dalle sit rese dalla moglie di D.A. e dalla documentazione prodotta dalle difesa in sede di riesame (le seconde e la terza ignorate nell’ordinanza impugnata), risulta che le dazioni di denaro non erano effetto di azione intimidatoria, ma effettuate per reciproca convenienza, con la finalità di prevenire ogni forma di agitazione da parte dei dipendenti della cooperativa, non diversamente da quanto avveniva per gli esponenti delle altre sigle sindacali, per un totale di Euro 20.000 al mese. Del resto B. non era preposto alla segnalazione di eventuali violazioni antinfortunistiche nè quelle da lui prospettate sarebbero state idonee a far perdere l’appalto alla New Labor. Il riferimento, in una intercettazione, a dieci esuberi invece di nove, ritenuto dal tribunale un modo per dissimulare il riferimento ai Euro Novemila, invece di Euro Diecimila, corrisposti, era indicato come reale e relativo ad un accordo sindacale raggiunto grazie all’intervento di B. (al quale si riferiva pure il suo sms, di contenuto non minaccioso, "Domani in regione ridiamo"). Si evidenziava infine come il pentito M., affiliato alla cosca Tegano, non avesse fatto alcun riferimento all’indagato nelle sue rivelazioni.

2) Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla contestazione delle aggravanti di cui all’art. 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3, art. 61 c.p., n. 7 e D.L. n. 203 del 1991, art. 7.

Illogicamente e contraddittoriamente il tribunale ha fondato la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso sul solo riferimento, in un messaggio, a tale D., individuato in P.D., indagato per associazione mafiosa nello stesso procedimento.

Infatti, da una parte, si è trascurato che dalla documentazione prodotta dalla difesa, risulta che questi era un dipendente iscritto alla UIL il quale da tempo rivendicava il riconoscimento del livello superiore, dall’altra non si è tenuto conto, ad escludere qualunque collegamento di B. con il sistema instaurato dalla cosca Tegano, che da una conversazione tra l’indagato e il dirigente New Labor, S., risulta che era pacifico che si trattasse di "cose distinte e separate".

Senza contare che nella stessa ordinanza si da conto che i due sistemi erano paralleli.

3) Si deducono gli stessi vizi in relazione alle esigenze cautelari, che si assumono insussistenti sia sotto il profilo del pericolo di reiterazione, perchè, come riconosciuto nell’ordinanza, B. non è intraneo alla cosca, e si è dimesso, prima dell’arresto, dalla carica di sindacalista, sia sotto quello del pericolo di inquinamento della prova, da escludere essendo gli elementi a carico rappresentati da intercettazioni. Con la conseguenza del superamento della presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3.

Si chiede quindi l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

Il primo motivo è infondato, mentre appaiono fondati il secondo ed il terzo.

1) Non è seriamente contestabile, alla stregua della motivazione dell’ordinanza gravata, il raggiungimento della soglia della gravità indiziaria degli elementi a carico del ricorrente in ordine alla ipotizzata estorsione ai danni della dirigenza della New Labor.

Il tribunale ha invero correttamente evidenziato come, contrariamente alla tesi difensiva che vorrebbe B. a libro paga dell’azienda per ragioni di "reciproca convenienza", le costanti dazioni di denaro a costui fossero, con tutta probabilità, motivate non già dall’opera di prevenzione di possibili agitazioni da parte dei dipendenti, da lui svolta quale rappresentante sindacale, bensì dalla sua minaccia di segnalare alle autorità competenti le violazioni alla normativa antinfortunistica poste in essere da New Labor. Minaccia che il tribunale ravvisa negli esiti delle intercettazioni telefoniche da cui emerge come l’indagato avesse prospettato a D.A., presidente della società, l’inoltro alla procura della repubblica e all’ASL, delle prove di tali violazioni, collegando il suo silenzio alla soddisfazione delle sue richieste di denaro. Poco conta, a questo punto, approfondire se B. fosse o meno legittimato a tali segnalazioni e quali ne sarebbero state le conseguenze, posto che, comunque, la loro prospettazione è comunque idonea ad intimorire qualunque imprenditore, tra l’altro appaltatore di un servizio pubblico. Del resto gli sforzi di D. per sottrarsi ai continui tentativi dell’indagato di contattarlo pure risultanti dalle intercettazioni ed evidenziati dal tribunale del riesame la dicono assai lunga sulla sua pretesa condiscendenza alle insistenti richieste di denaro da parte di B., che, se destinatario di volontarie elargizioni, non avrebbe avuto bisogno di sollecitarle con tanta frequenza. Nè tali conclusioni sono intaccate dalle dichiarazioni evocate nel ricorso, della moglie di D.A., inidonee a superare gli esiti obiettivi delle intercettazioni.

2) E’ invece fondata la censura in punto di vizio di motivazione della gravità indiziaria circa la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso. Invero lo stesso tribunale da sostanzialmente conto dell’estraneità dell’indagato alla cosca Tegano, delle cui estorsioni i D. sarebbero stati vittime, e del mero parallelismo – quindi della reciproca autonomia – dei due sistemi estorsivi, solo ipotizzando che B., nel convogliare le proprie richieste di denaro nel clima di intimidazione già creato intorno alla New Labor lo avesse in qualche modo sfruttato. Sennonchè tale ricostruzione è in sostanza ancorata solo, al riferimento, in un messaggio – tra i tanti contatti – lasciato da B., nella segreteria telefonica di D.A., a tale D. ("ti saluta D."), ritenuto P.D., indagato a sua volta nel procedimento quale affiliato alla cosca Condello. Elemento peraltro inidoneo, essendo il predetto P. un dipendente della società in contenzioso con essa, al raggiungimento della soglia della gravità indiziaria circa l’aggravante del metodo mafioso.

3) Il vizio di cui al precedente punto non manca di riverberare i suoi effetti sulla motivazione della ricorrenza delle esigenze cautelari, ancorata dal tribunale alla presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, con il solo ulteriore richiamo, circa il pericolo di reiterazione del reato, alla ripetitività della condotta e all’intransigenza nel pretendere la dazione periodica di somme di denaro, peraltro insufficiente alla luce delle intervenute dimissioni dell’indagato dall’organo sindacale.

L’ordinanza va pertanto annullata nei limiti precisati, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.

La Corte annulla la impugnata ordinanza limitatamente all’aggravante e alle esigenze cautelari, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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