Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-04-2011) 20-06-2011, n. 24565 Intercettazioni telefoniche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

G. Dott. GERACI Vincenzo che chiede rigettarsi il ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.C. ricorre personalmente in cassazione avverso l’ordinanza, in data 22.11.2010, del Tribunale di Catania – sezione del riesame – con la quale è stata annullata l’ordinanza custodiale in carcere, emessa dal GIP presso il Tribunale dello stesso capoluogo, limitatamente al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 di cessione di sostanza stupefacente, ascritto al capo G) della rubrica e confermata relativamente ad altro delitto di acquisto ed importazione dall’Olanda, nell’agosto del 2006, di sostanza stupefacente del tipo cocaina, per un peso di circa 1 Kg, ascritto al capo H). Si denuncia violazione di legge:

a) inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche disposte con dec. n. 63/06 RIT del 14.04.2006 perchè gli indizi posti a base della richiesta di disporre le intercettazioni sono stati acquisiti sulla base di un provvedimento autorizzatorio non valido. Il Tribunale, cui è stata sottoposta l’eccezione, ne ha ritenuta l’infondatezza rilevando che gli indizi posti a base del provvedimento di autorizzazione alle intercettazioni sarebbero stati acquisiti nell’ambito di indagini di altro procedimento nei confronti di tale G.G. oggetto di captazione ambientali su di un’autovettura in suo possesso e poi ceduta ad altri. Il Tribunale ha ritenuto che tali intercettazioni, sebbene disposte in altro procedimento, siano comunque legittimamente disposte ed assunte nel presente procedimento in quanto la circostanza che la vettura su cui erano eseguite le captazioni sia stata trasferita dal G. a tale A., soggetto indagato nel presente procedimento, non ha comportato alcun mutamento delle finalità investigative nè ha trasformato le operazioni di intercettazione in un’attività finalizzata a captare terzi estranei. Si era evidenziato che nessun collegamento vi era fra l’iniziale indagato – G. – e l’ A. per cui il Tribunale ha omesso di spiegare perchè non siano rinvenibili mutamenti nelle finalità investigative posti in essere dagli inquirenti con captazione di conversazioni di soggetti estranei alla vicenda processuale diversa da quella per cui è causa.

Il Tribunale non ha indicato gli elementi che accomunano nelle indagini avviate nei confronti del G. i soggetti destinatari dei provvedimenti captativi nel presente procedimento. Il Tribunale ha ritenuto che si è trattata di una captazione occasionale – quella intervenuta nell’aprile del 2006 all’interno dell’autovettura precedentemente utilizzata dal G. -, ma tale occasionalità è meramente affermata, non se ne spiegano le ragioni per cui è stata ritenuta tale. L’occasionalità non sussiste in quanto nei primi giorni dell’aprile del 2006 il G. cede l’autovettura ad un rivenditore autorizzato e ne perde la disponibilità, circostanza questa nota agli inquirenti che omettono di interrompere tempestivamente le intercettazioni ambientali lasciando attivo il servizio per diversi giorni, per cui la captazione delle conversazioni, in base alla quale è stato richiesto il provvedimento di autorizzazione alle intercettazioni n. 63/06 a carico del ricorrente, non sono affatto occasionali. b) inutilizzabilità delle intercettazioni di cui al decreto 63/06 per carenza di giurisdizione su utenza italiana all’estero.

Si eccepisce l’inutilizzabilità delle conversazioni captate sull’utenza (OMISSIS) in quanto detta utenza tra il 6.08.2006 ed il 26.08.2006 si trovava in Olanda sicchè sarebbe stata necessaria apposita autorizzazione di rogatoria delle autorità olandesi. E ciò vale anche, a maggior ragione, per le intercettazioni riconducibili all’IMEI di cui ai decreti n. 63/06 RIT sub H e sub N in quanto l’utenza in uso all’IMEI intercettata risulta essere straniera. Il Tribunale ha ritenuto l’eccezione infondata affermando che nessun difetto di giurisdizione è ravvisabile avendo i provvedimenti ad oggetto utenze ricollegabili a gestori di telefonia italiana.

Il Tribunale cade nell’errore che nasce dalla circostanza che inizialmente – il 20.07.2006 – quando viene riattivata la captazione su l’utenza (OMISSIS) con il dec. 63/06 sub N, l’utenza era di chiara appartenenza ad un gestore italiano, successivamente è stata sostituita nel corso dell’attività captativa con una serie di numerazioni IMEI. Pertanto le conversazioni registrate fra il 16.08 ed il 28-29.08 2006 non intervengono su l’utenza (OMISSIS) ma su numeri IMEI che hanno sostituito l’utenza stessa e, quindi non possono essere ritenute appartenere ad un gestore italiano. c) vizio di motivazione relativamente alla inutilizzabilità delle intercettazioni per violazione nell’esecuzione della cd. remotizzazione relativamente a tutti i decreti.

Si eccepisce la inutilizzabilità delle conversazioni relative a tutti i decreti di intercettazione siccome eseguite presso la sala ascolto della Procura ed ascoltate presso la Questura di Catania ove risultano per altro redatti i brogliacci delle stesse intercettazioni. Si opera un distinguo tra il sistema di instradamento del suono, che legittimerebbe la sola attività di "ascolto", ed il luogo ove debbano comunque avvenire le operazioni di registrazione e redazione del verbale. Nel caso di specie i brogliacci sono stati redatti in questura. Si censura il provvedimento del Tribunale in quanto accomuna la verbalizzazione postuma delle conversazioni con quella che è l’attività contestuale di annotazione rappresentata dalla redazione dei cd. brogliacci che attestano invece la più o meno contestuale verbalizzaizone sintetica del servizio captativi. d) mancanza di motivazione in merito alla eccepita assenza di un provvedimento allegato ed esaminato dal GIP per la concessione del provvedimento captativo 63/06 con violazione del diritto di difesa.

Si adduce che in tale decreto l’attività captativa è stata richiesta e disposta esclusivamente attraverso il richiamo ed il riferimento alla nota prot. 527 del giugno 2006 della squadra mobile di Catania, ma tale documento non è presente agli atti. e) omessa motivazione sulle doglianze prospettate e/o manifesta illogicità-contraddittorietà della motivazione sulla responsabilità del ricorrente circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in merito alla contestazione di cui al capo H della rubrica ed in merito alla sua individuazione e identificazione. Il Tribunale ha riconosciuto la carenza degli indizi in merito all’individuazione dell’indagato relativamente al capo G), mentre ha ritenuto sussistenti gli elementi in merito all’individuazione del M. per l’episodio di cui al capo H). Il Collegio ha omesso di specificare quali sono stati gli elementi desunti dalle intercettazioni telefoniche che hanno consentito l’identificazione del ricorrente. f) motivazione apparente in merito alla scelta della misura cautelare.

I motivi esposti, alcuni dei quali inammissibili in quanto non consentiti in questa sede, sono comunque infondati sicchè il ricorso va rigettato.

In ordine al primo motivo si condivide pienamente la motivazione sul punto dell’impugnata ordinanza essendo essa aderente al dato normativo ed alla giurisprudenza di questa Corte.

Il motivo si appalesa inammissibile per un verso ed infondato per altro verso.

Quanto al primo aspetto osserva la Corte che la censura appena illustrata è stata proposta in violazione del principio di autosufficienza ed è comunque generico nella indicazione dei profili di incidenza probatoria delle intercettazioni ambientali eventualmente inutilizzabili sulle motivazioni di accusa.

Quanto al secondo profilo, richiama la Corte la propria costante lezione interpretativa in forza della quale, in tema di intercettazioni, il decreto autorizzativo di cui all’art. 267 c.p.p. può trovare il suo presupposto in qualsiasi notizia di reato, anche desunta da precedenti intercettazioni inutilizzabili (Cass., sez. 6A, 22.11.2007, n. 47109).

Coerentemente con tale principio è stato altresì affermato che la inutilizzabilità degli esiti di intercettazioni telefoniche non preclude affatto la possibilità di condurre indagini per l’accertamento dei fatti reato eventualmente emersi dalle stesse, non operando, in materia di inutilizzabilità, il principio, stabilito per le nullità dall’art. 185 c.p.p., della trasmissibilità del vizio agli atti consecutivi a quello dichiarato nullo (Cass., Sez. 1A, 06/03/2008, n. 12685; Cass., Sez. 2A, 4/3/2008, n. 12105).

Parimenti condivisibile in diritto è la risposta fornita dal Tribunale in ordine alla questione posta con il secondo motivo.

Ciò che rileva è che l’utenza telefonica mobile utilizzata all’estero, in riferimento alla quale era stata concessa legittima autorizzazione alle intercettazioni, sia ricollegabile a gestore italiano. La circostanza di fatto che la stessa, per operare all’estero abbia necessitato di una identificabilità numerica diversa attraverso il cd. IMEI (acronimo di: International Mobile Equipment Identity), vale a dire un codice numerico che identifica univocamente un terminale mobile quando viene utilizzato non nel territorio dello Stato ove agisce il gestore di telefonia, non può assumere alcuna rilevanza in ordine alla legittimità delle operazioni di intercettazione. La circostanza attiene ad un fatto meramente tecnico essendo indubitabile che le intercettazioni telefoniche captate risalgono a quell’utenza mobile in riferimento alla quale è stata rilasciata l’autorizzazione. La tecnica per la identificazione dell’utenza nazionale utilizzata all’estero, come già rilevato dal Tribunale, è quella del cd. "instradamento" che comporta il convogliamento attraverso un gestore nazionale delle telefonate provenienti dall’estero e dirette ad un’utenza italiana ovvero in partenza da quest’ultima e diretta verso utenze straniere, senza che sia necessario promuovere un’apposita rogatoria internazionale, posto che l’intera attività di captazione si svolge sul territorio dello stato (in tal senso V. Sez. 1, Sentenza n. 13972 del 04/03/2009 Ud., Rv. 243138).

Quanto, poi, alla eccepita inutilizzabilità delle intercettazioni per violazione nell’esecuzione della cd. remotizzazione relativamente a tutti i decreti (punto "C" della parte narrativa), conferente è il richiamo da parte del Tribunale alla giurisprudenza di questa Corte fissata con la sentenza a S.U. n. 36359 del 26.06.2008 (Rv. 240395) posta a base del rigetto della medesima eccezione già sollevata in sede di riesame.

La pronuncia a S.U. rileva che la "registrazione" dei dati captati nella centrale dell’operatore telefonico, e da lì trasmessi all’impianto esistente nei locali della Procura della Repubblica, si realizza con l’immissione di quei dati nel server di detto impianto.

Ed è a tale specifico segmento della complessiva attività di intercettazione che l’art. 268 c.p.p. si riferisce laddove dispone che le operazioni possono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica. Per qualsiasi altra operazione, in quanto estranea alla nozione di registrazione così definita, non assume alcun rilievo, ai fini della utilizzabilità delle intercettazioni, il luogo dove la stessa è avvenuta: discorso che vale, dunque, anche per quell’operazione che consiste nello scaricamento dei dati su supporti informatici quali CD- ROM o DVD, e che, pertanto, ben può essere compiuta eventualmente presso uffici di P.G. nel caso di ascolto remotizzato, previa utilizzazione della registrazione derivata da quella (che deve essere necessariamente) eseguita in Procura.

Con specifico riferimento alla verbalizzazione delle operazioni (oggetto di doglianza da parte del ricorrente nella concreta fattispecie), ha precisato che alla redazione del verbale con contestuale sommaria trascrizione del contenuto delle conversazioni intercettate può procedersi presso gli uffici dove si è svolto l’ascolto remoto, dando rilievo all’indirizzo già espresso dalla Corte, decisamente maggioritario (consolidatosi nel tempo) favorevole alla irrilevanza del luogo di verbalizzazione ai fini della utilizzabilità delle intercettazioni, opzione interpretativa che le Sezioni Unite hanno ritenuto di dover privilegiare condividendo pienamente le argomentazioni che la sorreggono.

D’altra parte, rilevano le S.U., il legislatore ha previsto specifici mezzi di tutela, per le ipotesi in cui possano sorgere dubbi circa la regolarità della "registrazione" o sospetti di manipolazione: ed invero, in forza dell’art. 268 c.p.p., comma 6, "ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine fissato a norma dei commi 4 e 5, hanno facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche". La censura oggetto del motivo sotto la lettera d) (V. parte narrativa) è stata proposta in violazione del principio di autosufficienza ed è comunque generica nella indicazione dei profili di incidenza probatoria delle intercettazioni ambientali eventualmente inutilizzabili sulle motivazioni di accusa.

E’ stato affermato che il ricorso deve essere autosufficiente cioè contenere la specifica indicazione del materiale probatorio richiamato, dare prova della veridicità di detto dato o della sua insussistenza, indicare l’elemento fattuale, il dato probatorio o l’atto processuale da cui discende l’incompatibilità con la ricostruzione adottata, esporre le ragioni per cui detto atto inficia o compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’interna coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità (cfr. Cass. sez. 1^ 14 giugno 2006 n. 20370 rv.

233778 e rv. 234115, Cass. sez. 6^ 7 luglio 2006 n. 23781 rv. 234152 e Cass. sez. 6^ 6 luglio 2006 n. 23524 rv. 234153).

La mancata allegazione del provvedimento autorizzativo n. 63/06 RRIT sub. H, in riferimento al quale si deduce l’omessa trasmissione al Tribunale del Riesame della nota della Squadra Mobile di Catania in base alla quale è stata disposta l’attività captativa, impedisce a questa Corte l’esame della rilevanza del motivo di legittimità esposto.

Inammissibile è l’eccepito vizio di motivazione posto a base del motivo indicato con la lettera d) (V. parte narrativa), in quanto si risolve in una censura sulla valutazione del quadro indiziario posto a fondamento del provvedimento de liberiate che esula dai poteri di sindacato del giudice di legittimità, non palesandosi il relativo apprezzamento motivazionale nè manifestamente illogico, nè viziato dalla non corretta applicazione della normativa di settore.

E’ del tutto generico, per altro, il rilievo posto a base del motivo secondo cui il Collegio del riesame ha omesso di specificare quali sono stati gli elementi desunti dalle intercettazioni telefoniche che hanno consentito l’identificazione del M.. Innanzitutto, il Tribunale evidenza la certezza dell’utilizzazione, nel corso del mese di giugno del 2006, da parte del ricorrente dell’utenza telefonica (OMISSIS), unitamente al coindagato T.M., con il quale si era recato in Olanda per l’approvvigionamento della sostanza stupefacente del tipo cocaina per conto di P.B. che li contattava più volte durante detta trasferta, evidenziando tre conversazioni telefoniche. E sul punto specifico della identificazione del ricorrente, rileva il Tribunale che, nel corso della prima delle tre telefonate, viene fatto un preciso riferimento al padre della compagna del M. ( A.D. il cui nome di battesimo viene citato dal ricorrente) nei cui confronti deve essere indirizzata una minaccia ed effettivamente il padre della compagna del M. si identifica in A.A.F., il proprietario di un locale denominato "K 2" ubicato in (OMISSIS).

Il Tribunale riporta, inoltre, altro elemento ritenuto determinante ai fini della individuazione del ricorrente nel soggetto che si trovava insieme al T.M. nel corso del viaggio dall’Olanda alla Sicilia è l’annotazione degli agenti della Squadra Mobile di Catania che, alle h. 03,45 circa del 28.08.2006, in servizio di osservazione presso lo scalo marittimo della "(OMISSIS)" in (OMISSIS), hanno visto l’autovettura BMW tg. (OMISSIS) con a bordo il T. e come passeggero il M..

Da ultimo non miglior sorte può avere la doglianza articolata in punto di adeguatezza della misura cautelare, avendo il tribunale ampiamente motivato sulla pericolosità sociale dell’indagato (apprezzando la gravità della condotta realizzata in concorso con altri soggetti pregiudicati nell’acquisto e detenzione di 1 Kg. di cocaina), in tal modo giustificando in modo adeguato la scelta della misura cautelare degli arresti in carcere. Anche con questa doglianza, il ricorrente vorrebbe, inammissibilmente, che questa Corte esercitasse un controllo di merito, attraverso una non consentita rilettura della vicenda e una parimenti non consentita rinnovazione del giudizio di adeguatezza e proporzionalità, effettuato dal giudicante in modo rispettoso del disposto normativo ( art. 275 c.p.p., commi 2 e 3).

Parimenti in modo corretto ed adeguato il Tribunale ha motivato sulla ritenuta sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di recidiva. Come è noto, in tema di esigenza cautelare costituita dal pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, prevista dall’art. 274 c.p.p., lett. c), la pericolosità sociale dell’indagato deve risultare congiuntamente dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla sua pericolosità.

Peraltro, nulla impedisce di attribuire alle medesime modalità e circostanze di fatto una duplice valenza, sia sotto il profilo della valutazione della gravità del fatto, sia sotto il profilo dell’apprezzamento della capacità a delinquere: in vero, le specifiche modalità e circostanze del fatto ben possono essere prese in considerazione anche per il giudizio sulla pericolosità dell’indagato, costituendo la condotta tenuta in occasione del reato un elemento specifico assai significativo per valutare la personalità dell’agente (ex pluribus, Cass., Sez. 1^, 14 maggio 2003, Franchi; più di recente, Cass., Sez. 2^, 22 giugno 2005, Pezzano).

E’ quanto risulta essere stato fatto nella vicenda de qua, per le ragioni suindicate.

Ciò che basta a ritenere incensurabile la relativa valutazione, anche perchè il giudicante non ha trascurato neppure di considerare il profilo della formale incensuratezza del prevenuto, rilevando che la pericolosità sociale dimostrata dal M. con la condotta esaminata risulta di grado talmente elevato da poter essere fronteggiata soltanto con la misura cautelare della custodia in carcere.

Del resto, come è noto, in tema di esigenza cautelare costituita dal pericolo di reiterazione di reati della stessa indole ( art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c), non può ritenersi che tale pericolo sia escluso in modo automatico dallo stato di incensuratezza, giacchè la pericolosità sociale dell’indagato (o dell’imputato) può essere desunta oltre che dai precedenti penali, anche dai comportamenti o dagli atti concreti posti in essere dall’agente (ex pluribus, Cass., Sez. 4^; 10 giugno 2003, Ndreu).

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’Istituto penitenziario perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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