Cons. Stato Sez. IV, Sent., 22-06-2011, n. 3785 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il presente gravame la società ricorrente impugna la sentenza del TAR Friuli Venezia Giulia, con cui previa la loro riunione sono stati definiti i ricorsi n. 700/96, n. 911/96 n. 392/88 n. 175/99; n. 767/2000, tutti afferenti all’unica vicenda conseguente all’occupazione concernente di alcuni terreni della società ricorrente da parte del Comune di Lignano Sabbiadoro.

In particolare il TAR ha respinto tutti i predetti ricorsi, con l’eccezione della richiesta di risarcimento dei soli ricorsi n. 175/99 e 767/2000.

Essendo state, solo parzialmente, accolte le sue istanze, l’appellante assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui:

– ha affermato che gli atti di proroga della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibili d’urgenza adottati dalla regione, così come il successivo decreto di esproprio, dovevano considerarsi inutiliter dati, in quanto l’area originariamente della ricorrente sarebbe entrata a far parte del patrimonio del comune di Legnano per effetto dell’irreversibile trasformazione del suolo operato all’amministrazione conseguente alla mancata adozione del provvedimento di esproprio entro il termine di efficacia del decreto di occupazione;

– ha ritenuto che l’occupazione appropriativa dovesse essere datata al 14 ottobre 1994, giorno in cui ha perso efficacia il decreto di occupazione d’urgenza del 19 ottobre 1992, non potendosi tenersi conto della sospensione dell’efficacia del decreto di occupazione d’urgenza disposto al Consiglio di Stato con ordinanza 25 maggio 1993 n. 760, dato che tale provvedimento interinale è stato poi travolto dalla decisione di merito reiettiva del ricorso, in primo e secondo grado;

– ha fissato il risarcimento del danno alla società ricorrente in base ai criteri indicati all’articolo 5 -bis, comma 7bis della legge 8 agosto 1992 359, come modificato dall’articolo comma 65 della legge 23 dicembre 1996 n.662;

– ha condannato il Comune di Liegnano Sabbiadoro al risarcimento del danno nell’importo dominicale rivalutato, di cui agli articoli 24 e seguenti del T.U. delle imposte sui redditi di cui al d.p.r. 22 dicembre 1986 917, aumentato del 10%

Si è costituito in giudizio il Comune appellato che, con le proprie memorie e con deposito di documenti:

– ha eccepito, in via preliminare, contro la la giurisdizione del giudice amministrativo;

– ha confutato analiticamente nel merito le tesi, della ricorrente, ricordando le successive vicende concernenti l’ottemperanza della decisione impugnata da parte dell’appellante;

– ha concluso per il rigetto integrale dell’appello.

La ricorrente, a sua volta, ha sottolineato le argomentazioni a sostegno delle proprie tesi ed ha insistito per l’accoglimento dell’appello.

Chiamata all’udienza pubblica,uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

– 1.Par.. Nell’ordine logico delle questioni deve essere preliminarmente respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dal Comune di Lignano Sabbiadoro, per cui le pretese risarcitorie collegate ad un’occupazione d’urgenza non seguita nei termini dal decreto espropriativo, con irreversibile trasformazione del bene, non rientrerebbero più nella giurisdizione di amministrativo in conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 34 del d. lgs. n. 80/1998.

Per contro si osserva che, mentre rientra, invece, nella giurisdizione del giudice ordinario la domanda relativa alla richiesta dell’indennità di occupazione legittima, resta nella giurisdizione del giudice amministrativo l’azione con la quale i proprietari di un’area hanno abbiano chiesto il risarcimento dei danni, deducendo la sopravvenuta illegittimità degli atti di occupazione, ancorché originariamente avvenuti a seguito di una corretta dichiarazione di pubblica utilità; (cfr. da ultimo Consiglio Stato, sez. IV, 04 febbraio 2011, n. 804).

– 2.Par.. Nel merito i tre profili di gravame devono essere partitamente esaminati.

– 2.1. Con il primo motivo si lamenta l’errore in giudicando dell’affermazione per cui il fatto illecito, estintivo – acquisitivo avrebbe coinciso con l’originaria scadenza del decreto di occupazione d’urgenza vale a dire il 19 ottobre 1994, mentre avrebbe dovuto essere considerato il successivo 10 ottobre 1998. Il TAR non avrebbe cioè dovuto tener conto del periodo di sospensione cautelare del decreto di occupazione d’urgenza da parte del Consiglio di Stato con ord. n.760 del 25 maggio 1993, durante il quale il parco divertimenti realizzato dal Comune con il finanziamento regionale era statoa concretamente utilizzato dall’odierno appellante.

Per la società appellante, il rigetto del ricorso nel merito del Tar Friuli avrebbe restituito al provvedimento impugnato in primo grado l’efficacia di cui era stato provvisoriamente privato, ma con efficacia ex nunc dal momento in cui era stata pubblicata la sentenza n. 1113/96.

Il decreto di occupazione non avrebbe materialmente prodotti i suoi effetti dato che i beni, in quel periodo, erano stati restituiti al proprietario per effetto della sospensiva essendo l’apprensione del bene strettamente connesso all’occupazione, come dimostrerebbe l’articolo 20, primo comma della legge 22 ottobre 1971 n. 865.

Ciò comporterebbe per l’appellante due conseguenze:

– il risarcimento del danno dovuto alla ricorrente non potrebbe essere liquidato, ratzione temporis, in base ai criteri indicati nell’articolo cinque bis della L. n.359/1999 e s. m.i.;

– il risarcimento del danno dovuto per l’illegittima occupazione acquisitiva, nella specie verificatesi successivamente alla data del 30 settembre 1996, avrebbe dovuto essere corrispondente all’intero valore venale dell’area e non a quello corrispondente alla quantificazione di cui sopra.

L’assunto va disatteso.

In tema di risarcimento del danno per occupazione espropriativa, il criterio riduttivo di liquidazione stabilito dall’art. 3, comma 65, legge n. 662 del 1996 (che ha introdotto il comma 7 bis all’art. 5 bis d. legge n. 333 del 1992, conv. con. modif., in legge n. 359 del 1992) si applica esclusivamente alle occupazioni illegittime di suoli per causa di pubblica utilità intervenute anteriormente al 30 settembre 1996, atteso il tenore testuale della norma ed il carattere temporaneo della stessa.

Ciò premesso si deve poi rilevare nello specifico, come l’ordinanza cautelare, per sua natura ha una rilevanza provvisoria in attesa che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia legittimo (cfr. Consiglio Stato, sez. III, 13 maggio 2011, n. 2907) per cui in ogni caso la conclusione del giudizio con la sentenza di merito, assorbe la pronuncia cautelare (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 05 novembre 2009, n. 6871).

In tale prospettiva quindi, la sospensione delle more del giudizio dell’atto impugnato non incide in via definitiva sull’assetto dei rapporti in essere, ma mira esclusivamente a salvaguardare medio tempore la posizione dell’attore.

Pertanto l’ottemperanza di un’ordinanza di sospensione cautelare di un suo atto, da parte dell’Amministrazione, in quanto nonspontanea, non ha alcuna implicazione sul piano sostanziale: in conseguenza se la sentenza che definisce il giudizio rigetta il ricorso introduttivo, l’ordinanza cautelare di accoglimento e gli atti ad essa collegati, perdono ab initio il loro fondamento giuridico e vengono meno con effetto retroattivo.

Inoltre la sentenza inizialmente sospesa, n. 1113/1996, di reiezione dei due ricorsi dell’appellante avverso l’autorizzazione all’occupazione d’urgenza e all’approvazione del progetto esecutivo, è stata poi confermata da questa Quarta Sezione con sentenza n. 3586 del 14 aprile 2000.

Nel caso in esame, alla luce della sentenza di rigetto del ricorso, la circostanza che il Comune avesse riconsegnato l’area ove, con il contributo regionale, aveva realizzato il parco divertimenti, è quindi giuridicamente irrilevante in quanto non si trattava di un comportamento autonomamente adottato, ma di un’attività di esecuzione della pronuncia cautelare d’appello, per sua natura di carattere vincolato.

In conseguenza, il fatto illecito estintivo – acquisitivo sarebbe coinciso proprio con l’originaria scadenza del decreto di occupazione d’urgenza, per cui esattamente il TAR ha dunque concluso che, — avendo il Comune realizzato le opere pubbliche nell’area de quo entro il termine di scadenza dell’autorizzazione all’occupazione d’urgenza del 19.10.1994 — doveva farsi applicazione della normativa in vigore all’epoca degli atti de quo.

Il motivo va dunque respinto.

– 2.2. Con il secondo motivo si assume che, anche volendo ritenere che l’occupazione appropriativa si fosse verificata al 19 ottobre 1994, forse a cagione di un lapsus calami, il Tar avrebbe limitato il calcolo al solo reddito dominicale rivalutato senza fare alcun riferimento al ben più congruo importo risultante dalla semi- somma del valore venale dell’area e del reddito dominicale netto aumentato del 10%, ai sensi dell’articolo 5bis, comma 7bis della legge 359/1992 e s.m.i..

Al riguardo, con la memoria per la discussione, l’appellante ha in realtà rettificato la portata sostanziale di tale doglianza assumendo che questa sarebbe stata diretta a stabilire quale sarebbe il criterio esatto per la quantificazione del risarcimento per equivalente, per cui il sopravvenire della decisione della Corte Costituzionale n.349/2007, essendo il giudizio ancora pendente, avrebbe inciso anche sul procedimento de quo.

L’assunto va complessivamente respinto.

La nuova prospettazione della censura operata nella memoria, come esattamente argomentato dalla difesa del Comune appellato, va ben oltre la portata sostanziale del motivo così come era stato dedotto nell’atto di appello, ed è, dunque, inammissibile in quanto avrebbe dovuto essere introdottao con un apposito atto di motivi aggiunti.

Non essendo mai stata tempestivamente contestata dall’appellante l’incostituzionalità della norma in via principale, sul punto deve ritenersi formato un giudicato implicito, per cui il rapporto doveva ritenersi esaurito antecedentemente alla dichiarazione di incostituzionalità da parte della Consulta dell’articolo 5bis, comma 7bis della legge 359/1992 e s.m.i..

In definitiva, la censura, per come è stata introdotta, sia originariamente, che con l’appello, è diretta alla richiesta di ristabilire l’originario disposto dell’articolo 5bis nella sua integralità, ma non a contestarne la sua costituzionalità. Il che era conseguentemente ostativo alla retroattività della relativa pronuncia.

Nel merito la censura comunque è infondata.

Non vi sono infatti dubbi che il Tar abbia voluto far riferimento alla norma nella sua complessiva portata, come dimostra l’inequivoca espressione della sentenza impugnata per cui:

"…il Collegio ritiene che la quantificazione del danno, come sostenuto dal resistente Comune in via subordinata, debba avvenire con i criteri indicati dall’art. 5 bis, comma 7 bis del d.l. 11.7.1992 n. 333 convertito in legge con modificazione dalla legge 8.8.1992, n. 359, come modificato dall’art. 3 comma 65 della l. 23.12.1996, n. 662."

Pertanto non pare rilevante che la stessa non sia stata integralmente riportata nel passo successivo.

Ciò è confermato anche direttamente dal fatto che l’appellante ha attivato il 26 gennaio 2006 davanti al Tar Friuli Venezia Giulia un apposito giudizio di esecuzione della sentenza di primo grado -nell’ambito della quale il predetto giudice:

– con sentenza n. 56/2006 ha ordinato una verificazione al direttore dell’agenzia del territorio relativa "all’applicazione dei criteri di cui all’articolo 5bis comma 7 bis della L. n. 359/1992 e successive modificazioni";

– con sentenza n.109/2011 ha approvato le conclusioni della predetta verificazione ed ordinatoa l’adempimento di una somma complessiva pari ai loro 469.695,91 comprensiva di rivalutazione e di interessi sulla base delle risultanze della stima effettuata dall’Agenzia del Territorio (cfr. pagina 8 al deposito in data 8 febbraio 2011) fatta con riferimento al "valore venale certo" dei contratti di cessione bonaria relativa di immobili vicini mediante con riferimento alil reddito dominicale delle particelle interessate.

In definitiva sul punto esattamente il TAR ha dunque concluso che, avendo il Comune completamente realizzato le opere pubbliche nell’area de quao entro il termine di scadenza dell’autorizzazione all’occupazione d’urgenza del 19.10.1994, doveva farsi applicazione della normativa in vigore all’epoca degli atti de quibuso.

– 2.3. Con il terzo motivo si chiede il risarcimento del danno corrispondente alla perdita di valore dell’area residua e si lamenta, ai sensi dell’articolo 112 del c.p.c., la mancata motivazione del rigetto della domanda sul punto.

Il vasto appezzamento di forma regolare di proprietà della società appellante, ottimamente inserita nel tessuto urbanistico, a seguito dall’apprensione dell’area da parte dell’amministrazione avrebbe assunto una forma irregolare che ne avrebbe compromesso il suo utilizzo edificatorio.

Della perizia depositata davanti al giudice di prime cure, il perito di parte avrebbe evidenziato una perdita di valore dei due lotti residuali pari a Euro 876.000,00 per i mappali destinati a parco dei divertimenti, Euro 463.000 per la porzione di terreno destinato ad attrezzature turisticosportive con parcheggi.

L’assunto non ha pregio.

In primo luogo, la norma di cui all’art. 40 della L. 25 giugno 1865 n. 2359, che prevede il riconoscimento di un’indennità commisurata alla differenza tra il valore dell’area ablata parzialmente, rispettivamente prima e dopo l’espropriazione, è inapplicabile qualora non sia provata un’effettiva diminuzione patrimoniale del valore della superficie residua (cfr. Cassazione civile, sez. I, 25 novembre 2005, n. 25017.

L’illegittima occupazione di un fondo non può, "ipso facto", comportare una diminuzione di valore dell’intero fondo, occorrendo a tal fine dimostrare se, ed in quali limiti, tale perdita di valore si sia in concreto realizzata, con riferimento al fondo nella sua complessiva consistenza economica ed all’effettiva incidenza della diminuzione patrimoniale(arg. ex Cassazione civile, sez. I, 10 gennaio 2003, n. 141).

In tale prospettiva il ristoro deve essere riconosciuto e determinato solo se il richiedente dimostra che:

– l’illegittima occupazione ha comportato l’inedificabilità totale o parziale dell’ area residua;

– vi sia stata l’effettiva compressione, "in parte qua" del diritto dominicale

– la diminuzione di valore dell’ area residua sia intimamente collegata con quella espropriata da un vincolo strumentale ed obiettivo (cfr. Cassazione civile, sez. I, 05 giugno 2001, n. 7590).

Al riguardo, posto che nel caso si deve escludere che i terreni in questione avessero una destinazione propriamente edificatoria, essendo le destinazione del piano regolatore limitatae all’attrezzatura di parco pubblico con servizi annessi.

Né è dimostrato che la società ricorrente non possa realizzare sull’area le destinazioni di PRG completando il verde, le attrezzature, i parcheggi ed i servizi.

La perizia di parte appellante di cui all’all. 6, con lea richiestee di 877 mila euro e di 463 mila, appare fondata su elementi del tutto generici ed indeterminati, in quanto la stima è stata dichiaratamente fatta "… in base a conteggi fatti e per brevità omessi…" (cfr. allegato n. 6 al deposito dell’appellante per l’udienza di merito).

Pertanto deve negarsi sia stata dimostrata una reale diminuzione di valore delle due parti residue che possa dirsi funzionalmente collegata all’occupazione illegittima.

Il motivo va dunque respinto.

– 3.Par.. In definitiva l’appello è infondato e deve essere respinto.

Le spese possono tuttavia essere compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

– 1. respinge l’appello, come in epigrafe proposto;

– 2. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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