Corte di Cassazione, sez. II, Sentenza 25 Ottobre 2010 , n. 21829 Successioni e donazioni Condividente contumace, necessaria la comunicazione del progetto divisionale dell’immobile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Corte di Cassazione, sez. II, sentenza 25 ottobre 2010, n. 21829
Svolgimento del processo
1. – La signora M. R. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Como il fratello D. per ottenere sentenza dichiarativa dello scioglimento della comunione ereditaria creatasi a seguito della morte della madre, con conseguente divisione tra gli eredi dell’immobile costituito da un appartamento con annessa area pertinenziale-giardino nel Comune di omissis.
Nella contumacia del convenuto, il giudice adito, con sentenza depositata il 27 aprile 2000, pronunciò lo scioglimento della comunione, assegnando il bene all’attrice, che lo aveva richiesto, con l’obbligo di corrispondere al fratello la somma di lire 50.623.204, pari alla quota di sua competenza, e compensando interamente tra le parti le spese del giudizio.
E. R. e R. B., eredi legittime di D. R. (nel frattempo deceduto), impugnarono la sentenza sostenendo la violazione di una serie di norme processuali. Anzitutto, dedussero che il Tribunale avrebbe dovuto procedere alla interruzione del giudizio a seguito del decesso del R., intervenuto il omissis.
Inoltre, nel difetto di contestazioni del convenuto contumace sul progetto divisionale, il Tribunale avrebbe dovuto dichiararne la esecutività ai sensi dell’art. 789, secondo comma, cod. proc. civ., previa notifica del decreto di deposito dello stesso progetto e di fissazione della udienza di discussione anche al R..
Ancora, sarebbe stata erronea per difetto la stima dell’immobile de quo effettuata dal c.t.u., con conseguente necessità di nuove indagini peritali.
Infine, il regolamento delle spese del giudizio non avrebbe rispettato la proporzione delle quote assegnate.
M. R. resistette al gravame, chiedendo la condanna delle appellanti al risarcimento dei danni dalla stessa subiti per effetto del loro rifiuto a rilasciare l’immobile in questione, nonché a ricevere la somma costituente la quota di spettanza del loro dante causa.
2. – Con sentenza depositata il 2 dicembre 2003, la Corte d’appello di Milano confermò la sentenza impugnata. Rilevò anzitutto il giudice di secondo grado che la stima dell’immobile di cui si tratta, contenuta nella relazione del c.t.u., si era fondata sullo stato di fatto e di diritto in cui esso si trovava, e si era attenuta a valutazioni prudenziali, in considerazione degli ostacoli frapposti dal R. alla visita da parte del consulente del piano seminterrato.
Osservò poi la Corte ambrosiana che il disposto dell’art. 292, primo comma, cod. proc. civ. – contenente la elencazione tassativa degli atti che devono essere comunicati al contumace – non contempla il progetto divisionale, né l’ordinanza di fissazione dell’udienza di discussione dello stesso.
Né il decesso del R., secondo la Corte di merito, avrebbe dovuto portare alla interruzione del giudizio, poiché tale evento intanto ha efficacia interruttiva ex art. 300 cod. proc. civ. in quanto risulti ufficialmente dalla relata di notifica di uno degli atti previsti dal citato art. 292 cod. proc. civ.
Ancora, rilevò la Corte territoriale, le appellanti non avevano interesse a dolersi della compensazione delle spese del giudizio, che le avvantaggiava.
Infine, il giudice di secondo grado ritenne inammissibile la richiesta dell’appellata di ristoro del danno conseguente al mancato rilascio dell’immobile in questione, non costituendo tale domanda lo sviluppo logico e cronologico di quella divisoria proposta in primo grado.
La Corte ambrosiana compensò tra le parti le spese del giudizio, avuto riguardo alla natura della vertenza ed ai legami di sangue tra le parti.
3. – Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso R. B. e E. R., sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso M. R., che ha altresì proposto ricorso incidentale.
Motivi della decisione
1. – Deve, preliminarmente, disporsi, a norma dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, in quanto proposti nei confronti della medesima sentenza.
2. – Deve, quindi, essere esaminata la eccezione, sollevata nel controricorso, relativa alla nullità della procura rilasciata dalle ricorrenti in considerazione della lamentata genericità ed indeterminatezza della stessa e dell’assenza dello specifico riferimento al giudizio di legittimità cui avrebbe dovuto riferirsi.
3.1. – La eccezione non è meritevole di accoglimento.
3.2. – Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la genericità della formula adottata per il conferimento della procura di cui all’art. 365 cod. proc. civ. e la mancanza di un espresso riferimento al giudizio di cassazione non comportano l’esclusione della specialità della procura medesima, quando questa sia desumibile con certezza dal rilascio in calce o a margine dell’atto contenente il ricorso così da implicare, in maniera precisa e sicura, lo specifico riferimento della procura al ricorso al quale essa inerisce e con il quale forma materialmente corpo (v., ex plurimis, Cass., sentt. n. 29785 del 2008, 16907 e n. 15607 del 2006, n.5722 del 2002).
4. – Con il primo motivo del ricorso principale, si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Avrebbe errato la Corte di merito nel non dichiarare la nullità della sentenza di primo grado perché, in difetto di contestazioni sul progetto divisionale del cespite immobiliare oggetto di comunione ereditaria tra M. e D. R., contumace, il giudice di primo grado, in applicazione dell’art. 789 cod. proc. civ., avrebbe dovuto con ordinanza dichiarare esecutivo lo stesso progetto previa notifica del deposito dello stesso progetto e della fissazione della relativa udienza di discussione anche al R.. Questi era deceduto successivamente a detto deposito, ma in corso di causa, e precisamente il omissis, data coincidente con quella fissata per la precisazione delle conclusioni nel primo grado del giudizio: donde la ritenuta violazione altresì dell’art. 300 cod. proc. civ. per la mancata interruzione del processo.
5.1. – La censura è fondata nei termini che seguono.
5.2. – Nel procedimento di scioglimento della comunione, la comunicazione – e non notificazione – del deposito del progetto divisionale e della udienza fissata per la relativa discussione deve essere effettuata, a norma dell’art. 789, secondo comma, cod. proc. civ., nei confronti di tutti i condividenti, anche se contumaci. Il difetto di tale adempimento priva il giudice istruttore del potere di dichiarare esecutivo il progetto per mancanza di contestazioni (v., sul punto, Cass., sentt. n. 1018 del 2004, 8441 del 1997, n. 1818 del 1996), ed invalida la relativa ordinanza (v. Cass., sentt. n. 1018 del 2004, cit., n. 1818 del 1996, cit., n. 9305 del 1993) ed i successivi atti del procedimento (Cass., sent. n. 5014 del 1991).
Con particolare riferimento alla fattispecie di progetto di divisione in cui siano stati inclusi altri beni rispetto a quelli indicati nella domanda giudiziale, e che sia dichiarato esecutivo ai sensi dell’art. 789, terzo comma, cod. proc. civ., mentre i condividenti sono rimasti contumaci, la giurisprudenza di legittimità ha poi chiarito che in tale ipotesi l’accordo sul progetto non si è formato e perciò tale ordinanza non è idonea ad accertare, con efficacia di giudicato, i diritti spettanti ai predetti condividenti, e questi possono impugnarla, come un negozio giuridico, con l’actio nullitatis o con altri mezzi di tutela, in un ordinario giudizio di cognizione (Cass., sent. n. 2913 del 1997).
5.3. – Né alla sussistenza dell’obbligo di comunicazione ai contumaci del progetto divisionale può ritenersi di ostacolo – come erroneamente affermato dalla Corte ambrosiana – la tassativa elencazione degli atti che devono essere comunicati al contumace contenuta nell’art. 292, primo comma, cod. proc. civ., tra i quali non sono ricompresi né il progetto divisionale, né l’ordinanza di fissazione della relativa udienza di discussione. Infatti, la citata disposizione del codice di rito è norma generale che riguarda esclusivamente il giudizio contenzioso (Cass., sent. n. 9305 del 1993, cit.), mentre la disciplina di cui all’art. 789 cod. proc. civ. aggiunge nuovi obblighi di comunicazione al contumace, con specifico riferimento al procedimento di scioglimento della comunione.
Nella specie, dunque, il mancato adempimento di cui al citato art. 789 cod. proc. civ. ha, alla stregua dei principi sin qui esposti, invalidato l’intero giudizio di primo grado, che si è svolto in
modo irregolare, senza che rilevi in alcun modo in contrario, per un verso, la circostanza che sia mancata una ordinanza che dichiarasse la esecutività del progetto di divisione, essendo stata in realtà la divisione pronunciata dal Collegio con la sentenza di scioglimento della comunione, né, per l’altro, l’argomentazione sostenuta dalla difesa della controricorrente, secondo la quale tale adempimento sarebbe stato adeguatamente sostituito dal deposito in cancelleria dell’elaborato peritale redatto dal c.t.u. che avrebbe dato atto della impossibilità di dividere il compendio ereditario. Al contrario, in presenza della specifica disposizione dell’art. 789 cod. proc. civ., deve escludersi, ai fini della corretta osservanza delle prescrizioni in materia, la sufficienza del mero deposito in cancelleria di detto elaborato. E ciò a prescindere dalla considerazione che la ricostruzione della vicenda processuale operata dalla stessa difesa della controricorrente, che nega la esistenza di alcun progetto divisionale, risulta smentita dalla sentenza impugnata, là dove fa riferimento all’onere del convenuto di contestare, ove lo avesse ritenuto opportuno, il progetto medesimo, nonché alla mancata ricomprensione, ad opera dell’art. 292 cod. proc. civ., tra gli atti da comunicare al contumace, del progetto divisionale (pag. 3), come alla ragione della omissione di tale adempimento nel giudizio di primo grado.
5.4. – Del pari, deve convenirsi con le ricorrenti che la richiesta notifica avrebbe anche consentito, ove intervenuta in un momento successivo al decesso del R., di conseguire una comunicazione ufficiale di tale evento e, conseguentemente, disporre la interruzione del processo ai sensi dell’art. 300 cod. proc. civ.: ciò per effetto della estensione, già affermata sub 5.3., degli obblighi di comunicazione al contumace oltre i limiti degli atti espressamente contemplati dall’art. 292 cod. proc. civ., che comporta altresì la estensione degli atti dalla cui relata di notifica è desumibile la notizia del decesso idonea a dar luogo alla interruzione del processo.
6. – Restano assorbiti dall’accoglimento del primo motivo del ricorso l’esame del secondo motivo, con il quale si denuncia la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata con riferimento ai punti della omessa notifica del progetto divisionale e della mancata interruzione del processo, nonché del ricorso incidentale, incentrato sulla statuizione relativa alla compensazione integrale delle spese del giudizio.
7. – Conclusivamente, va accolto il primo motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo ed il ricorso incidentale. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, e, conseguentemente, in accoglimento dell’appello, deve essere dichiarata la nullità del giudizio di primo grado, e gli atti devono essere rimessi al primo giudice. Avuto riguardo alla natura della controversia ed alle vicende del giudizio, si ritiene equo disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di merito e di quello di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti il secondo e il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, in accoglimento dell’appello, dichiara la nullità del giudizio di primo grado. Rimette gli atti al giudice di primo grado. Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di merito e di quello di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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