Cons. Stato Sez. IV, Sent., 22-06-2011, n. 3781 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L’appellante, in qualità di erede dell’originaria ricorrente, chiede l’annullamento della sentenza del TAR Veneto con cui è stato respinto il ricorso diretto avverso il rigetto della domanda di concessione edilizia in sanatoria ed avverso il presupposto provvedimento n. 1894 del 6 ottobre 1986 del Magistrato alle Acque di Venezia, relativo ad un’autorimessa, "perché il manufatto si trova ad una distanza inferiore da quella di legge rispetto ad un torrente classificato opera idraulica di terza categoria".

Le amministrazioni intimate non si sono costituite in giudizio.

Con memoria per la discussione l’appellante ha ribadito le proprie tesi.

Chiamata all’udienza di discussione la causa è stata ritenuta in decisione dal Collegio.

L’appello va respinto.

– 1. In linea pregiudiziale si deve rilevare d’ufficio, quanto al profilo della giurisdizione del giudice amministrativo, che il parere negativo dell’ente preposto alla tutela del vincolo fluviale insistente sull’area interessata ai sensi dell’art. 96 lett. f), r.d. n. 523 del 1904, ha natura obbligatoria e vincolante.

Nel procedimento di condono tale provvedimento può assumere una propria peculiare lesività, rispetto all’interesse del soggetto che persegua la sanatoria. In quanto atto autonomo può, in conseguenza, essere impugnato innanzi al Tribunale Superiore, con censure specifiche inerenti al regime delle acque oppure può essere gravata la decisione conclusiva del procedimento di condono innanzi al Giudice amministrativo, ma non per censure concernenti i contenuti del provvedimento degli enti preposti alle acque.

In tale ultimo caso, il Tribunale superiore delle Acque, ha ritenuto inammissibile il gravame propostogli avverso il provvedimento di condono edilizio, in sede di legittimità, in unico grado (cfr. 20 dicembre 2007, n. 197).

– 2. Nel merito, con l’unico motivo d’appello, si denuncia l’eccesso di potere per difetto di motivazione ed errore sui presupposti di fatto, in quanto alla richiesta istruttoria del Tar Venezia il Magistrato delle acque si sarebbe limitato a produrre in giudizio una relazione che confermava l’inserimento del torrente "Valsorda" senza alcuna valutazione in concreto delle caratteristiche dei luoghi e delle opere in esame come richiesto dal Tar. Sorprendentemente quindi il Tar avrebbe dato valore di diniego a tale nota, senza che fosse previamente effettuato alcun accertamento del reale stato dei luoghi. L’appellante assume che l’inserimento di un corso d’acqua negli appositi elenchi non era condizione sufficiente per l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 96 n. 523/1904.

Nella specie il Magistrato alle acque ha emesso un parere contrario alla sanatoria "del tutto generico" e senza aver svolto alcuna indagine di fatto, poiché l’alveo a ridosso del quale la ricorrente ha realizzato il manufatto da sanare non avrebbe da tempo acqua e quindi avrebbe perso attitudine a soddisfare le esigenze di pubblico interesse che giustificano l’applicazione dell’art. 96 del T.U. 523/1904 che, dunque, è mancata la verifica in concreto delle condizioni in concreto dei luoghi. Del tutto immotivatamente quindi il TAR avrebbe ritenuto applicabili le norme sulla protezione delle acque pubbliche.

L’assunto va disatteso.

In linea generale il divieto di costruzione di opere dagli argini dei corsi d’acqua, previsto dall’art. 96 lett. f), t.u. 25 luglio 1904 n. 523, ha carattere legale ed è inderogabile, ed è diretto al fine di assicurare non solo la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche (e soprattutto) il libero deflusso delle acque scorrenti nei fiumi, torrenti, canali e scolatoi pubblici (cfr. Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2009, n. 17784).

Il divieto sancito dall’art. 96 lett. f), cit., e dalla successiva lett. g), estende – con carattere di assoluta inderogabilità — il divieto a qualunque manufatto o volume collocato a meno di dieci metri dalla sponda del fiume, per cui nessuna opera realizzata in violazione di tali norme può sanata.

Una volta che un corso d’acqua è stato costitutivamente inserito negli elenchi, la successiva comunicazione del Magistrato delle Acque è meramente ricognitiva della sussistenza di un preesistente vincolo all’edificazione, di carattere assoluto ed inderogabile, e comunque va autonomamente impugnato presso il competente Tribunale delle Acque.

In difetto, nell’ipotesi di costruzione abusiva realizzata in contrasto con il divieto di cui all’art. 96 lett. f), r.d. 25 luglio 1904 n. 523, trova infatti applicazione l’art. 33 l.28 febbraio 1985 n. 47 sul condono edilizio, il quale ricomprende, nei vincoli di inedificabilità, tutti i casi in cui le norme vietino in modo assoluto di edificare in determinate aree (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 26 marzo 2009, n. 1814; Consiglio Stato, sez. IV, 23 luglio 2009, n. 4663).

Nel caso di specie l’autorimessa era stata realizzato all’interno della c.d. fascia di servitù idraulica, per cui il diniego di rilascio di concessione edilizia in sanatoria è conseguentemente legittimo.

L’appello è dunque infondato e va respinto.

In ragione della mancata costituzione delle parti intimate non vi è luogo a pronuncia sulle spese.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)definitivamente pronunciando:

– 1. Respinge l’appello, come in epigrafe proposto.

– 2. Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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