Corte di Cassazione, sez. III, Sentenza 5 Ottobre 2010 , n. 20665 La prova civile Presunzioni: il giudice di merito valuta precisione, gravità e concordanza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Corte di Cassazione, sez. III, sentenza 5 ottobre 2010, n. 20665
Svolgimento del processo
Con atto di citazione in data 12.2.2002, Ponzo Antonia conveniva innanzi al Tribunale di Milano la Banca Sella s.p.a., premettendo: nel corso dell’anno 1998 aveva aperto, congiuntamente a Lerda Vittoria, un conto corrente presso l’agenzia di Cuneo della s.p.a. Banca Sella; che nello stesso anno, aveva aperto, sempre presso detta agenzia, un ulteriore conto cointestato al proprio marito Mancardi Giovanni; che nel corso del mese di settembre 2001, era stata informata del fatto che tutti i titoli depositati sui conti erano stati venduti dalla Banca Sella s.p.a. con accredito del relativo ricavo sul conto corrente cointestato a Giovanni Mancardi e Vittoria Lerda; che richiesti gli opportuni chiarimenti alla Banca Sella s.p.a., la stessa aveva affermato di aver agito in forza di due distinti mandati in data 26.4.2001 che esibiva in copia; che, presa visione della propria firma che compariva su detti mandati, la Ponzo aveva dato incarico ad un perito di esaminare tale sottoscrizione; che con parere pro veritate in data 11.12.2001, era stata accertata l’apocrifia della sottoscrizione apposta sui mandati in questione; che la Ponzo aveva contestato immediatamente alla banca tale accaduto, senza ottenere alcun chiarimento da parte di quest’ultima; tutto ciò premesso, chiedeva che il Tribunale di Cuneo, dichiarata l’illegittimità degli atti di disposizione compiuti dalla Banca Sella s.p.a. in virtù di mandati 26.4.2001, volesse ordinare alla convenuta la ricostituzione del 50% del patrimonio-titoli esistente sui conti.
Si costituiva la Banca Sella s.p.a., rilevando come i due depositi in contestazione prevedessero il regime di firma disgiunta, attribuendo la facoltà contrattuale a ciascun contitolare di poter disporre autonomamente dell’intero deposito.
Con sentenza in data 27.5.2004, il Tribunale di Cuneo respingeva la domanda proposta dalla Ponzo nonché le domande proposte da Mancardi Giovanni e Lerda Vittoria.
A seguito degli appelli, poi riuniti, della Ponzo, del Mancardi e della Lerda, costituitasi la Banca Sella, la Corte d’Appello di Torino, con la decisione in esame depositata in data 20.1.2006, così decideva: “rigetta, salvo quanto infra, l’appello proposto da Ponzo Antonia, Lerda Vittoria, Mancardi Giovanni avverso la sentenza pronunciata tra le parti dal Tribunale di Cuneo il 7.6.2004 n. 289/2004; in parziale accoglimento dell’appello subordinato proposto da Lerda Vittoria in punto spese, pone in via definitiva le spese della Ctu, quali già liquidate dal Gi in primo grado, a carico, per un terzo ciascuno, di Ponzo Antonia, Mancardi Giovanni e Banca Sella s.p.a.”.
Affermava, in particolare, la Corte territoriale che “per quanto attiene agli argomenti di presunzione semplici proposti per confutare l’attendibilità delle conclusioni della Ctu, gli stessi, identici per i due suddetti appellanti, si presentano inadeguati e non convincenti, in quanto fondati su considerazioni prive di carattere di univocità. Ed infatti dalla constatazione che un funzionario di banca avrebbe attestato l’apposizione delle sottoscrizioni in sua presenza (“v firmare”, leggibile in calce agli ordini in oggetto) consegue inequivocamente che, così come è falsa la sottoscrizione Lerda, debba verosimilmente essere falsa la sottoscrizione Ponzo o Mancardi”.
Inoltre che “per quanto riguarda il conto a deposito n. … 333 cointestato Lerda, Ponzo, la ritenuta genuinità della sola sottoscrizione Ponza è di per sé sufficiente a rendere l’atto valido poiché, come già rilevato dal Tribunale con accertamento non oggetto di specifiche censure, la gestione del detto conto era con firme disgiunte sicché ogni contestatario poteva legittimamente operare senza necessità di concorrente sottoscrizione dell’altro. L’unico motivo di impugnazione svolto al riguardo dalla appellante Lerda è di ordine processuale e mira a sostenere la non considerabilità di tale profilo da parte del giudice, in assenza di tempestiva e rituale eccezione di parte. In realtà la valutazione di tale circostanza attiene al controllo sulla completezza e prova della fattispecie invocata dalla banca (mandato a vendere), e dunque non concreta una eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa su circostanze rilevabili anche d’ufficio”.
Ricorrono per cassazione, il Mancardi, la Lerda e la Ponzo; resiste con controricorso la Sella Holding Banca s.p.a.. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si deduce difetto di motivazione “laddove il giudice a quo ha liquidato come inadeguati e non convincenti gli argomenti di presunzione semplice proposti dagli odierni ricorrenti per confutare le conclusioni raggiunte dalla ctu grafica”.
Con il secondo motivo si deduce “violazione di norme di diritto” in relazione al punto della decisione in cui si afferma che “la sola firma Ponzo fosse sufficiente a ritenere l’atto valido e vincolante per la Lerda”.
Il ricorso non merita accoglimento in relazione a entrambe le suesposte censure.
Quanto al primo motivo si osserva: a parte la sufficienza e logicità della motivazione (sopra testualmente riportata), tale da consentire un’agevole identificazione della ratio decidendi della decisione in esame, deve rilevarsi che con tale censura, sotto il profilo del difetto di motivazione, si tende a un non consentito riesame delle risultanze di causa ed ad una altrettanto non consentita valutazione dei poteri discrezionali del giudice del merito in relazione all’esame di dette circostanze, con specifico riferimento all’adozione di criteri presuntivi.
In proposito, già questa Corte ha affermato (tra le altre, Cass. n. 9225/2005) che, in materia di presunzioni, è riservata al giudice di merito la valutazione discrezionale della sussistenza sia dei presupposti per il ricorso a tale mezzo di prova, sia dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, ovverosia come circostanze idonee a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit; per cui, l’unico sindacato riservato in proposito al giudice di legittimità è quello sulla congruenza della relativa motivazione.
Inammissibile è, poi, il secondo motivo in quanto avente ad oggetto il riesame di circostanze ed elementi di fatto, quali le firme apposte ai mandati in questione ed il contenuto contrattuale di questi ultimi.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali ed accessorie come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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