Cons. Stato Sez. V, Sent., 22-06-2011, n. 3773 Operazioni elettorali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

intioli, l’Avvocato dello Stato Dettori;
Svolgimento del processo

1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. IV, con la sentenza n. 6984 del 18 ottobre 2010 ha respinto il ricorso proposto dalla signora A. R., elettrice e candidata della "Lista Marco Pannella" nelle elezioni per il rinnovo del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale della Lombardia del 28 e 29 marzo 2010, per l’annullamento delle relative operazioni elettorali, della delibera dell’Ufficio Centrale Regionale del 28 febbraio 2010 di esclusione della "Lista Marco Pannella" dalla predetta competizione elettorale, delle deliberazioni adottate dagli Uffici Circoscrizionali Elettorali delle Province di Lodi, Pavia, Monza, Mantova, Cremona, Brescia, Bergamo, Varese, Sondrio e Lecco, tutte recanti l’esclusione della "Lista Marco Pannella" dalla competizione elettorale, nonché la deliberazione 1° marzo 2010 dell’Ufficio Centrale Circoscrizionale di Milano, pure recante l’esclusione della suddetta "Lista Marco Pannella" dalla competizione elettorale.

Secondo il predetto tribunale, erano infatti infondati i tre motivi di censura imperniati sulla: "Violazione dell’art. 3 della Costituzione per disparità di trattamento tra le forze politiche nella fase pre – elettorale di raccolta delle sottoscrizioni delle liste di candidate" (in relazione alla possibilità riconosciuta ai consiglieri comunali e provinciali, ex art. 4 della legge 23 febbraio 1995, n. 43, di autenticare le sottoscrizioni per la presentazione delle liste elettorali); "Violazione dell’art. 1, comma 4 della L. n. 43/1995 e dell’art. 8 del regolamento del 9 febbraio 2010 della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radio – televisivi. Inosservanza degli obblighi di informazione da parte del servizio pubblico televisivo" (in relazione alla circostanza che il servizio radio – televisivo avrebbe trasmesso messaggi informativi relativi agli adempimenti previsti per la sottoscrizione delle liste solo pochi giorni prima del termine di scadenza, impedendo alla "Lista Marco Pannella" di raccogliere le firme necessarie in tempo utile), "Violazione dell’art. 3 del primo protocollo annesso alla CEDU" (in quanto l’inadempimento da parte della RAI degli obblighi informativi relativi alla sottoscrizione delle liste elettorali nonché l’inadempimento dell’obbligo di apertura straordinaria degli uffici nel periodo pre – elettorale avrebbe violato il diritto individuale di voto e di elettorato passivo garantiti dalla Costituzione): in ragione di tale infondatezza il tribunale ha ritenuto di poter prescindere dall’esame delle plurime eccezioni di tardività ed inammissibilità del ricorso sollevate dalle parti costituite.

2. La sig. A. R. ha appellato tale sentenza, deducendone l’erroneità e chiedendone la riforma alla stregua di tre motivi di gravame, attraverso cui sono stati sostanzialmente riproposti i motivi di censura sollevati in primo grado, a suo avviso malamente apprezzati ed inopinatamente respinti con motivazione carente, lacunosa e superficiale.

3. Hanno resistito al gravame la Regione Lombardia, nonché i signori R. A., R. A., G. B., M. B., S. C., R. C., A. C., Giuseppe Angelo Giammario Romano Maria La Russa, C. M., S. M., N. M., F. N. C., M. P., V. P., M. P., M. P., G. P., G. P., M. R., G. R., D. R., G. R., C. S., M. S., Paolo V. Puccitelli, D. Z., S. Z. ed ancora i signori P. T., D. B., D. B., D. B., Cesare Bossetti, R. B., C. B., F. C., A. C., J. C., Giosué F., S. G., A. G., G. L., A. M., M. O., U. P., R. P., M. R. e L. R., l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame, chiedendone il rigetto.

Si sono altresì costituiti in giudizio, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, l’Ufficio Centrale Regionale e gli Uffici Circoscrizionali Elettorali Provinciali di Monza, Lodi, Pavia, Mantova, Cremona, Brescia, Milano, Bergamo, Varese, Sondrio e Lecco.

4. Nell’imminenza dell’udienza di discussione del merito del ricorso le parti hanno ulteriormente illustrato con apposite memorie le proprie rispettive tesi difensive.

All’udienza dell’8 marzo 2011, dopo la rituale discussione, la causa è stata introitata per la decisione.
Motivi della decisione

5. Anche nel presente grado di giudizio può prescindersi dall’esame delle eccezioni di irricevibilità ed inammissibilità dell’appello, sollevati sotto svariati profili dalle parti appellate, stante l’infondatezza dell’appello.

5.1. Con il primo motivo, riproponendo l’identica censura sollevata in primo grado, l’appellante ha lamentato che i primi giudici non avrebbero adeguatamente apprezzato la prospettata questione di legittimità costituzionale dell’articolo 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53, respingendola con motivazione superficiale ed approssimativa, senza rendersi conto, invece, che tale disposizione, nella parte in cui prevede che anche i consiglieri comunali e provinciali possono rendersi disponibili per autenticare le sottoscrizioni per la presentazione delle liste elettorali, determina un’intrinseca discriminazione tra le liste collegate a partiti rappresentati nei consigli comunali e provinciali e quelle prive di tale collegamento, violando macroscopicamente il principio della par condicio delle liste nella delicata fase di raccolta delle sottoscrizioni per la loro presentazione; sarebbero pertanto del tutto apodittiche ed ultronee, oltre che giuridicamente errate, le argomentazioni poste dai primi giudici a fondamento del loro convincimento, palesemente contrastanti con i principi di cui agli articoli 48 e 49 della Costituzione, non potendo minimamente dubitarsi neppure della rilevanza della prospettata questione di legittimità costituzionale

L’assunto non merita favorevole considerazione alla luce della esatta ricostruzione della ratio della norma in questione (art. 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53).

Invero essa, nel testo derivante dalle modifiche introdotte dall’articolo 4 della legge 30 aprile 1999, n. 120, stabilendo al primo comma che "Sono competenti ad eseguire le autenticazioni che non siano attribuite esclusivamente ai notai e che siano previste dalla legge 6 febbraio 1948, n. 29, dalla legge 8 marzo 1951, n. 122, dal testo unico delle leggi recanti norme per la elezione alla Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, dal testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, e successive modificazioni, dalla legge 17 febbraio 1968, n. 108, dal decretolegge 3 maggio 1976, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 1976, n. 240, dalla legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni, e dalla legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni, i notai, i giudici di pace, i cancellieri e i collaboratori delle cancellerie delle Corti di appello, dei tribunali e delle preture, i segretari delle procure della Repubblica, i presidenti delle province, i sindaci, gli assessori comunali e provinciali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti e i vice presidenti dei consigli circoscrizionali, i segretari comunali e provinciali e i funzionari incaricati dal sindaco e dal presidente della provincia. Sono altresì competenti ad eseguire le autenticazioni di cui al presente comma i consiglieri provinciali e i consiglieri comunali che comunichino la propria disponibilità, rispettivamente, al presidente della provincia e al sindaco", ha inteso agevolare lo svolgimento del procedimento elettorale, ampliando notevolmente il novero dei soggetti abilitati all’autenticazione delle firme dei sottoscrittori di liste (C.d.S., sez. 18 settembre 2008, n. 4451).

E’ del tutto ragionevole ritenere infatti che l’aver consentito anche ai consiglieri provinciali e quelli comunali di poter, comunicando la propria disponibilità, rispettivamente, al presidente della provincia ed al sindaco, eseguire le autenticazioni delle firme dei presentatori di lista, lungi dal costituire una misura di favore per le liste che sono collegate a partiti già presenti nei consigli provinciali e comunali e conseguentemente discriminatoria per le liste che non possono contare su tale collegamento, ha l’obiettivo di realizzare una maggiore disponibilità allo svolgimento del compito di autenticazione per quelle altre categorie di soggetti, già normalmente investiti di tale funzione, quali i notai, i giudici di pace, i cancellieri e i collaboratori delle cancellerie delle Corti di appello, dei tribunali e delle preture, i segretari delle procure della Repubblica, i presidente delle province, i sindaci, gli assessori comunali e provinciali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti e i vice presidenti dei consigli circoscrizionali, i segretari comunali e provinciali e i funzionari incaricati dal sindaco o dal presidente della provincia: l’articolo 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53, non può essere infatti interpretato nel senso che i funzionari, già in precedenza abilitati a tali compiti, abbiano perduto le relative attribuzioni (C.d.S., sez. V, 11 aprile 1996, n. 402).

Pertanto, anche a voler ammettere, così come in qualche modo prospettato dalla parte appellante, che il particolare clima della competizione elettorale, travisandone lo spirito e le stesse finalità, possa dar luogo ad episodi e comportamenti incresciosi, faziosi ed eticamente inconcepibili proprio nel momento in cui si esercita il più significativo diritto/dovere che connota una società democratica (quale potrebbe essere, per esempio, la dichiarata ed ingiustificata indisponibilità di un consigliere comunale o provinciale di procedere all’autenticazione delle sottoscrizioni dei presentatori di una lista avversaria della propria), deve escludersi in radice che la norma in questione possa di per sé determinare una violazione della par condicio dei concorrenti e tanto meno dei fondamentali precetti costituzionali di uguaglianza (art. 3) e di rappresentanza politica (art. 48 e 49).

Ai fini della scrutinio di non manifesta infondatezza dell’articolo in esame non può poi sottacersi che il terzo comma stabilisce che "Le sottoscrizioni e le relative autenticazioni sono nulle se anteriori al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature", individuando un arco temporale sufficientemente congruo e ragionevole per la sottoscrizione e l’autenticazione delle di presentazione, rispetto al quale l’ampio novero dei soggetti autorizzati alla funzione di autenticazione rende effettiva e concreta la possibilità della più ampia partecipazione possibile alla competizione elettorale (escludendo, per converso, che singoli, limitati e deprecabili situazioni di fatto possano effettivamente impedire l’esercizio del ricordato fondamento diritto di partecipazione alle elezioni).

Ciò senza contare che, in ogni caso, come correttamente rilevato dai primi giudici, senza che sul punto l’appellante abbia svolto puntuali ed adeguate controdeduzioni, non è stata fornita alcuna prova, né è stato indicato qualche plausibile elemento indiziario, da cui evincere che l’esclusione della "Lista Marco Pannella" sia stata determinata esclusivamente dall’applicazione della norma in esame (il che esclude anche la rilevanza della prospettata questione di costituzionalità); né a tal fine è da considerarsi sufficiente ed adeguata la documentazione versata in atti, consistente in generiche denunce ed esposti.

5.2. Anche il secondo mezzo di gravame, con il quale l’appellante ha riproposto la censura sollevata con il secondo motivo del ricorso introduttivo di giudizio circa l’inadempimento da parte della RAI degli obblighi di corretta informazione in ordine alle modalità di raccolta delle sottoscrizioni per la presentazione delle liste, non è suscettibile di favorevole considerazione.

Indipendentemente da ogni questione circa la riconducibilità alla categoria di "atti del procedimento elettorale", impugnabili innanzi al giudice amministrativo, dell’asserito omesso o intempestivo adempimento degli obblighi di informazione imposti agli organi di proprietà pubblica, di cui all’articolo 1, comma 4, della legge 23 febbraio 1995, n. 43, ed anche a voler prescindere dalla pur decisiva considerazione che la violazione degli obblighi di informazione risulta essere disciplinata in modo peculiare dall’articolo 10 della legge 22 febbraio 2000, n. 28 (recante "Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica"), è sufficiente osservare che non solo anche in questo caso non è stata fornita alcuna prova della presunta violazione (sub specie della omissione o della intempestività) degli obblighi di informazione in questione, per quanto non è stato fornita alcuna prova neppure della necessaria consequenzialità tra dette presunte violazioni e la esclusione della lista (ovvero della insufficiente raccolta delle firme di presentatori).

Del resto, pur non potendo negarsi l’importanza dell’informazione degli organi di proprietà pubblica ai fini del corretto svolgimento della competizione elettorale, anche con riferimento alla piena ed integrale attuazione dei principi costituzionali di cui agli articoli 48 e 49, deve anche ammettersi che non necessariamente qualsiasi violazione delle disposizioni che regolano il procedimento elettorale ne determina automaticamente la nullità ovvero incida in modo determinante sullo stesso, essendo onere della parte che invoca tali effetti distorsivi fornire prova o elementi indiziari plausibili degli effetti che tali violazioni hanno avuto sul corretto svolgimento del procedimento elettorale (ciò tanto più se si tiene conto, come si è avuto modo di evidenziare, del contenuto del terzo comma dell’art. 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53, indicato nel paragrafo precedente ed alle cui osservazioni si rinvia).

E’ appena il caso di rilevare per completezza che i pur ampi poteri istruttori di cui è titolare il giudice amministrativo nell’ambito del giudizio elettorale non possono in alcun modo esercitati in modo da sollevare la parte interessata dall’onere minimo di fornire quanto meno un inizio di prova o quanto meno plausibili indizi probatori, onere minimo che, con riferimento al caso di specie, non può considerarsi soddisfatto con il deposito di esposti e denunce generiche, di natura "politica", non potendo il giudice amministrativo apprezzarne neppure la eventuale rilevanza penale che spetta al giudice ordinario: il che rende inammissibile le richieste istruttorie formulate dall’appellante.

5.3. Quanto alla censura formulata con il terzo mezzo di gravame, le conclusioni cui sono pervenuti i primi giudici sono assolutamente condivisibili e non meritano censura.

Infatti dalla corretta interpretazione della ratio dell’articolo 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53, così come sopra accennata, e dalle considerazioni svolte in relazione al secondo mezzo di gravame (sub 5.2.), discende l’infondatezza anche della sollevata censura dell’articolo 3, del primo protocollo annesso alla CEDU, non essendo rinvenibile alcuna violazione dei diritti civili e politici garantiti anche dalle norme internazionali.

In ogni caso, come puntualmente rilevato dai primi giudici, è mancata qualsiasi prova della pur grave affermazione circa l’insufficiente apertura al pubblico degli uffici comunali per l’effettivo e corretto svolgimento delle operazioni di autentificazione delle firme dei presentatori delle liste (ciò senza contare che, come pure rilevato i funzionari non erano i soli autorizzati a svolgere tale funzione).

6. In conclusione l’appello deve essere respinto.

La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla signora A. R. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. IV, n. 6984 del 18 ottobre 2010, lo respinge.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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