Cons. Stato Sez. VI, Sent., 22-06-2011, n. 3764 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso proposto innanzi al T.A.R. del Lazio e recante il n. 8355/2009, la soc. S. E. C. s.p.a. agiva per ottenere l’accesso agli atti contenuti nel fascicolo del procedimento di illecito amministrativo concluso con verbale in data 29 giugno 2009 e con la condanna dell’odierna appellante al pagamento di una somma liquidata in euro 18.710 ai sensi del d.lgs. 23 aprile 2004, n. 124.

Il ricorso veniva notificato all’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) e all’INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro).

L’accesso agli atti in questione era stato in precedenza richiesto alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competente la quale aveva opposto atto di diniego in data 31 agosto 2009. Il provvedimento in questione è stato impugnato con autonomo ricorso al T.A.R. del Lazio, attualmente pendente (n. 6594/09).

Con la pronuncia oggetto del presente gravame, il Tribunale adito dichiarava il ricorso per l’accesso inammissibile per carenza di legittimazione passiva degli Istituti nei cui confronti era stata rivolta l’istanza di accesso.

Al riguardo, il T.A.R. riteneva determinante il fatto che il documento in relazione al quale era stata formulata la domanda di accesso era stato formato (ed era stabilmente detenuto) dalla competente Direzione Provinciale del Lavoro e non dall’INPS o dall’INAIL.

Ad ogni modo, il Tribunale riteneva che l’istanza di accesso non avrebbe comunque potuto trovare accoglimento alla luce dell’orientamento secondo cui è tendenzialmente sottratta al diritto di accesso la documentazione acquisita dagli ispettori del lavoro nell’ambito dell’attività di controllo e repressiva loro affidata.

La pronuncia in questione è stata gravata in sede di appello dalla soc. S. E., la quale ne ha chiesto l’integrale riforma articolando plurimi motivi di doglianza.

I motivi di appello possono essere così sintetizzati:

– in primo luogo, non sussisterebbe la carenza di legittimazione passiva in capo agli Istituti appellati, dal momento che il verbale conclusivo degli accertamenti ispettivi sarebbe riferibile tanto al Ministero del Lavoro, quanto all’INPS e all’INAIL (peraltro, espressamente indicati nell’intestazione dello stesso provvedimento). Non a caso, sulla scorta degli accertamenti di cui all’atto in questione, l’INPS ha autonomamente condannato l’appellante al pagamento di una sanzione pecuniaria;

– in secondo luogo (e in relazione alla questione in se dell’ostensibilità degli atti richiesti in primo grado) non risulterebbe condivisibile ovvero pertinente la giurisprudenza richiamata dal T.A.R., atteso che la S. E. non è qualificabile come datore di lavoro nei confronti dei soggetti che avevano reso dichiarazioni nel corso del procedimento ispettivo (in tal modo rendendo inoperanti le cautele tipicamente opposte all’ostensibilità di tali dichiarazioni, alla luce del principio del favor praestatoris).

Si è costituito in giudizio l’INAIL il quale ha concluso nel senso della reiezione in gravame.

Alla camera di consiglio del 12 aprile 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da una società attiva nel settore delle spedizioni avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio con cui è stato dichiarato inammissibile (per carenza di legittimazione passiva degli Istituti intimati) il ricorso volto ad ottenere dall’INPS e dall’INAIL l’accesso gli atti prodromici alla redazione di un verbale conclusivo di accertamenti recante la condanna dell’odierna appellante (in solido con altri operatori) al pagamento di una sanzione pecuniaria ai sensi del d.lgs. 23 aprile 2004, n. 124.

2. Il ricorso in appello è infondato.

Il fulcro del thema decidendum consiste nello stabilire se la domanda di accesso agli atti prodromici alla stesura del "verbale conclusivo degli accertamenti in materia di lavoro, assistenza e previdenza socialè in data 29 giugno 2009 (così come la proposizione del ricorso per l’accesso per l’ipotesi di diniego espresso o tacito sull’istanza) dovesse essere necessariamente rivolta al Ministero del lavoro, ovvero all’INPS e all’INAIL (come nel caso di specie è avvenuto).

Il T.A.R. ha ritenuto che legittimato in senso passivo nell’ambito del giudizio di cui all’art. 25, l. 241 del 1990 (in seguito: art. 116 c.p.a.) sia esclusivamente il Ministero del lavoro, in quanto esso soltanto è qualificabile, ai sensi del comma 2 dell’art. 25, l. 241 del 1990, quale amministrazione "che ha formato il documento e che lo detiene stabilmente".

La società appellante contesta sotto svariati profili tale prospettazione, ammettendo – tuttavia – di avere proposto un distinto ricorso al T.A.R. (tuttora pendente) nei confronti del Ministero del lavoro al fine di ottenere l’accesso ai medesimi atti che hanno costituito oggetto della proposizione del primo giudizio (ricorso n. 6594/2009).

2.1. Le tesi dell’appellante risultano infondate, se solo si consideri:

– che, effettivamente, solo il Ministero del lavoro (e, per esso, le sue articolazioni territoriali) può essere qualificato, in relazione agli atti oggetto della domanda ostensiva, come l’amministrazione "che ha formato il documento e che lo detiene stabilmente";

– che, dall’esame del verbale in data 29 giugno 2009, emerge che tutte le attività ispettive poste in essere, così come le conclusive attività di verbalizzazione e di irrogazione delle sanzioni, sono interamente riferibili ai soli funzionari della direzione provinciale del lavoro, senza che sia in alcun modo individuabile l’intervento di funzionari dell’INPS o dell’INAIL;

– che la circostanza per cui il verbale in questione rechi nell’epigrafe anche il logo/intestazione degli Istituti intimati in primo grado non può deporre ex se (in assenza di qualunque elemento concreto in senso opposto) nel senso di un diretto coinvolgimento di quelle amministrazioni nell’ambito delle attività ispettive oggetto di verbalizzazione, laddove la richiamata intestazione discende verosimilmente dall’indifferenziato utilizzo di modulistica predisposta per le ipotesi in cui i funzionari delle tre amministrazioni operino in modo congiunto;

– che la pronuncia in epigrafe risulta condivisibile laddove afferma che, ai fini della individuazione dell’amministrazione obbligata all’esibizione dei documenti richiesti ai sensi dell’art. 25, l. 241 del 1990, il criterio della formazione del documento assume un carattere di generalità, mentre quello della detenzione dello stesso assume un rilievo secondario e sussidiario. Conseguentemente, in assenza di indicazioni in senso contrario deve ritenersi (e presumersi) passivamente legittimata l’amministrazione che ha predisposto l’atto e, solo nell’ipotesi di successiva trasmissione della detenzione dello stesso a quella che lo detiene stabilmente, l’istanza di accesso può essere legittimamente rivolta a quest’ultima.

Il punto è che nel caso di specie non è stato allegato alcun elemento il quale deponga nel senso che, dopo la sua formazione ad opera dei funzionari della D.P.L., il più volte richiamato verbale sia stato trasmesso all’INPS o all’INAIL i quali avrebbero dovuto provvedere (per ragioni che, allo stato, non emergono) a detenerlo in modo stabile;

D’altra parte, la circostanza per cui l’INPS abbia proceduto ad accertare in danno dell’appellante talune violazioni in materia previdenziale sulla scorta del contenuto del richiamato verbale, non risulta di per sé sufficiente a qualificare detto Istituto quale amministrazione passivamente legittimata ai sensi del comma 2 dell’art. 25, l. 241 del 1990.

3. La rilevata inammissibilità del ricorso in primo grado, nonché la circostanza per cui pende dinanzi al T.A.R. un ulteriore giudizio per l’accesso (questa volta, intentato contro l’amministrazione effettivamente legittimata dal lato passivo) esimono il Collegio dall’esaminare in modo puntuale le ulteriori deduzioni svolte dai primi Giudici circa la corretta interpretazione da fornire alle disposizioni in tema di sottrazione al diritto di accesso della documentazione acquisita dagli ispettori del lavoro nell’ambito dell’attività di controllo loro affidata.

4. Per le ragioni dinanzi esaminate il ricorso in epigrafe deve essere respinto.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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